L’Ufficio centrale per il referendum della Corte di Cassazione ha deciso sui quesiti proposti per la legge Calderoli (86/2024). Come avevo anticipato su queste pagine, dopo la sentenza 192/2024 della Consulta rimane in campo il quesito abrogativo totale. Tre i motivi addotti sul quesito totale. Il primo, la legge nel complesso sopravvive; il secondo, sopravvive in specie per la lettura costituzionalmente conforme data dalla Corte; il terzo, il rinvio al legislatore futuro conferma che il regionalismo differenziato è tuttora in pista. Le ragioni del referendum permangono, anche volendo ritenere la legge di fatto al momento inattuabile. Si vota.
Invece, il quesito abrogativo parziale verte su norme la cui portata effettiva è già oggi, per l’intervento della Consulta, quella stessa che il buon esito del referendum apporterebbe. Il risultato è già raggiunto e non serve quindi votare. Le operazioni referendarie cessano. È giusto. Di più, è bene che scompaia il quesito parziale, introdotto per i tentennamenti delle Regioni sull’autonomia differenziata, e palesemente contraddittorio rispetto al quesito totale. Era solo un elemento di disturbo. Si va ora con maggiore chiarezza al giudizio di ammissibilità in Consulta, entro il 20 gennaio 2025.
Un assemblaggio di associazioni venatorie, forse per il timore di un futuro referendum sulla caccia, ha sollevato una eccezione di incostituzionalità contro la raccolta di firme online. Viene prospettata una distorsione dell’originario disegno costituzionale in una chiave sostanzialmente plebiscitaria. L’ordinanza respinge l’eccezione perché manifestamente infondata. In fondo, è la critica alle firme prese “dal divano” già avanzata da Calderoli. L’ordinanza argomenta in contrario che la raccolta online è conforme alla lettera e allo spirito della Costituzione. Nel caso, bisognerebbe cambiare la Carta. Non lo faremo certo doppiette alla mano. L’Ufficio ha tenuto il prescritto confronto con il comitato referendario, che ha presentato una memoria. Confronto e memoria di cui peraltro componenti del comitato – tra cui io stesso – nulla hanno saputo. Un difetto di comunicazione. Per il futuro bisognerà fare di più e meglio, perché la partita non è conclusa. È già partita la evasione/elusione della sentenza 192/2024.
Il comunicato 107 del Consiglio dei ministri ci informa in oltre venti pagine delle decisioni assunte nella riunione del 9 dicembre. Tra l’altro, si assegna al Dipartimento di Calderoli fino al 31 dicembre 2025 “l’attività istruttoria per la determinazione dei Lep e dei relativi costi e fabbisogni standard”. Si cerca così di trarre le scatole cinesi e il Clep di Calderoli/Cassese dal sarcofago in cui li ha racchiusi la sentenza 192. Un nuovo tormentone si avvia. Lo stesso vale per l’informativa resa da Calderoli sulla sentenza 192. Leggiamo nel comunicato che “udita l’informativa, il Consiglio dei ministri ha concordato che la stessa sia trasmessa a tutti i ministri per consentirne un esame approfondito in una prossima riunione”. La riunione del 9 dicembre ha inizio alle 17.38 e termina alle 18.15. Tanta roba in 37 minuti. È vero che in Consiglio si arriva dopo un’istruttoria, quando la decisione è “matura”. E tutto sommato 37 minuti sono sempre molti di più dei 6 (dico sei) minuti certificati ad esempio dal comunicato 106 per la riunione del 3 dicembre. Certo, Calderoli per la sua informativa deve aver parlato davvero in fretta. E il rinvio ci dice che il colpo dato dalla sentenza 192 alla legge che reca il suo nome non è stato ancora assorbito. Ma dobbiamo sapere che l’Italia differenziata è sempre in corsa.
È stato presentato l’8 novembre 2024 in Camera dei deputati l’AC 2136, di iniziativa della Campania, recante modifiche alla 86/2024, in parte superato dalla sentenza 192. Dispone tra l’altro il divieto di “contratti integrativi regionali per il personale della sanità pubblica e della scuola pubblica». Un cavallo di battaglia del presidente De Luca per evitare la fuga verso territori che offrono condizioni migliori. Ancora il comunicato 107 ci informa però che il governo non impugnerà la legge del Veneto n. 26 del 29 ottobre 2024, che dispone “l’incremento dei fondi contrattuali delle Aziende ed Enti del Servizio sanitario regionale”. Proprio quello che la Campania vorrebbe impedire. Non meraviglia, visto che le impugnative di leggi regionali le propone Calderoli. Il regionalismo competitivo e non solidale cammina sulla via maestra dell’autonomia differenziata, ma anche su viottoli minori e meno visibili. De Luca ha ancora qualche giorno per impugnare la legge del Veneto, o può sfidare a un duello rusticano Zaia. Che intanto ci sfida in Consiglio regionale: “Pare che ci sarà un referendum, ora però avete un problema, cioè quello di trovare i voti”. Li troveremo.