Esprimo grave preoccupazione per i contenuti di alcune modifiche costituzionali e legislative volute dal Governo e per il metodo con cui si sta operando per realizzarle. Le modifiche costituzionali attengono alla riduzione del numero di parlamentari e al referendum propositivo. Quelle legislative al cosiddetto regionalismo differenziato.
Si discute e si procede sull'insieme di tali cambiamenti senza alcun coinvolgimento dei cittadini anzi, come nel caso del regionalismo, nel segreto di trattative da tempo in corso fra il ministero competente e le singole Regioni che hanno richiesto tale autonomia differenziata. L'Italia che sembra prefigurarsi è molto diversa da quella disegnata dalla Costituzione.
Viene svilita la funzione del Parlamento: sia a causa del numero di parlamentari troppo limitato rispetto al numero di abitanti, con ulteriori effetti negativi sulla reale rappresentatività dei parlamentari, sia per la configurazione di un istituto referendario concorrenziale col Parlamento e non integrativo delle funzioni di Camera e Senato, sia infine per lo svuotamento dei poteri delle Camere e, più in generale, dello Stato rispetto ad alcune regioni. Non solo: pur prendendo atto di differenze profonde - per quello che si può sapere sino ad oggi - fra i progetti di autonomia differenziata del Veneto e della Lombardia rispetto all'analogo progetto dell'Emilia Romagna, essi presupporrebbero più poteri alle regioni che lo richiedono, un trasferimento di competenze su una vastissima gamma di temi, fra cui scuola, sanità, trasporti, ambiente e potrebbe prevedere, almeno nelle intenzioni di alcune regioni, particolari e consistenti vantaggi economici per alcuni territori, sancendo così, giuridicamente e non soltanto come situazione di fatto cui rimediare, un'Italia a due o più velocità.
Dopo un secolo di lotte per il riequilibrio fra sud e nord – la cosiddetta “questione meridionale” – si sancirebbe l'abbandono dell'obiettivo del riequilibrio lasciando il Mezzogiorno al suo destino. In concreto questo vorrebbe dire definire per legge la diseguaglianza territoriale dei diritti dei cittadini e marginalizzare le funzioni dello Stato, mettendo a repentaglio elementi costitutivi dell'unità e dell'identità nazionale. Nessuna modifica deve stravolgere lo spirito della Costituzione. In particolare va salvaguardata, anzi opportunamente rivitalizzata la natura parlamentare della Repubblica italiana, il suo essere “una e indivisibile” e va pienamente attuato quell'articolo 3, comma secondo della Costituzione, che impone alla Repubblica di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, anche di tipo territoriale, i quali, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, sono un ostacolo al pieno sviluppo della persona e alla sua partecipazione civile.
Carla Nespolo - Presidente nazionale ANPI