L’esito del referendum costituzionale che ha confermato il taglio del numero dei parlamentari ha reso esplicita e incontestabile la frattura fra una parte della opinione pubblica italiana e la ‘classe’ politica.
Nonostante che alcune modalità del voto (abbinamento con altre consultazioni, riduzione dei tempi della campagna referendaria, ecc…) abbiano senza dubbio condizionato il risultato finale, è innegabile che le argomentazioni sulla scarsa utilità e efficacia dell’operato del Parlamento, se non addirittura sul suo parassitismo, sono apparse convincenti anche a una parte di quelli che in precedenti occasioni si erano impegnati senza esitazione in difesa della nostra Costituzione. O almeno lo è stata l’idea che, tutto sommato, la riduzione del numero dei ‘rappresentanti del popolo’ fosse innocua.
E’ questa la conseguenza del progressivo allontanamento del Parlamento dal suo ruolo centrale di titolare del potere legislativo, sede del confronto democratico mediante il quale i cittadini/e esercitano la sovranità attribuita loro dal primo articolo della nostra Costituzione.
L’abuso della decretazione d’urgenza e del ricorso ai voti di fiducia, l’aggiramento dell’iter ordinario per l’approvazione delle leggi previsto all’articolo 72i, ma soprattutto leggi elettorali che hanno interrotto il rapporto fiduciario fra elettori e eletti, rendendo questi ultimi dipendenti solo dalla volontà dei capi-partito, stanno imponendo alle nostre Istituzioni una torsione autoritaria e centralistica, lontana dal modello della democrazia parlamentare rappresentativa su cui è stata fondata la nostra Repubblica, e alimentano il progressivo disinteresse dei cittadini per l’impegno politico.
La responsabilità di questa pericolosa deviazione è, forse non in egual misura, dei partiti politici che si sono progressivamente trasformati in comitati elettorali, guidati da leader carismatici, con una base ormai quasi inesistente, ma arroccati nella difesa di inaccettabili privilegi, che potremmo definire corporativi.
Come noi sostenitori del NO temevamo, la conferma del taglio del Parlamento sta aprendo la strada a una stagione di modifiche costituzionali solo in parte conseguenti. Nella sua attuale forma l’articolo 138ii, in presenza di leggi elettorali maggioritarie, consente di cambiare la Costituzione a una maggioranza che può coincidere con quella governativa, o addirittura con un solo partito.
Viene così minata la funzione di garanzia delle minoranze e di limitazione del potere esecutivo, che è propria delle costituzioni democratiche, evocando fantasmi già presenti in alcune nazioni europee e annullando la possibilità per i cittadini di far sentire la propria voce.
Non tranquillizza certo, da questo punto di vista, la resistenza delle forze di maggioranza a approvare rapidamente una nuova legge elettorale che garantisca non solo la proporzionalità della rappresentanza, ma anche la possibilità per gli elettori di scegliere il proprio rappresentante; né tanto meno la volontà di alcuni di cancellare l’autonomia dei parlamentari abolendo l’articolo 67.
La crisi sanitaria e le conseguenti ricadute sul piano sociale e occupazionale rendono comprensibilmente più difficile richiamare l’attenzione della opinione pubblica su tematiche complesse come quelle istituzionali, e spingono verso la ricerca difensiva di soluzioni individuali ai problemi quotidiani. Ma proprio la necessità di radicali cambiamenti nelle politiche economiche, per strategie che rifiutino l’accentramento della ricchezza in un numero sempre minore di soggetti, e diano priorità alla redistribuzione del reddito e del lavoro, alla tutela della salute e del territorio, alla solidarietà e alla legalità, impone una mobilitazione in difesa della centralità della ricerca del consenso che solo un Parlamento realmente rappresentativo può garantire.
Il 30% degli elettori, che ha percepito i rischi di una centralizzazione del potere connessi con il taglio del Parlamento, e in particolare i giovani, ampiamente presenti, devono costituire una base di partenza per la rivendicazione di una uscita dalla crisi che non ripeta gli errori dei decenni passati. La mobilitazione in difesa dei Principi della nostra Costituzione deve continuare, ricercando il massimo di unità fra i tanti movimenti che animano la nostra società colmando il vuoto di proposta lasciato dai partiti tradizionali.
iArt. 72
Ogni disegno di legge, presentato ad una Camera è, secondo le norme del suo regolamento, esaminato da una commissione e poi dalla Camera stessa, che l'approva articolo per articolo e con votazione finale. ...
La procedura normale di esame e di approvazione diretta da parte della Camera è sempre adottata per i disegni di legge in materia costituzionale ed elettorale e per quelli di delegazione legislativa, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali, di approvazione di bilanci e consuntivi.
iiArt. 138
Le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali sono adottate da ciascuna Camera con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi, e sono approvate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione. …..