Il 31 agosto scorso, Il Fatto quotidiano, a pagina 2, ha pubblicato un’intervista al professor Roberto Perotti, docente di Macroeconomia all’Università Bocconi di Milano e sostenitore del SI’ al referendum confermativo sul taglio di 345 parlamentari (tra Camera e Senato) che si svolgerà domenica 20 settembre (dalle 7 alle 23) e lunedì 21 settembre (dalle 7 alle 15). Nell’intervista il prof. Perotti, già consulente del governo Renzi alla Spending Review, ha affermato che “si risparmieranno 500 milioni a legislatura (5 anni, n.d.r.)” e per ogni anno si risparmieranno: 1) 22 milioni di indennità; 2) 35 milioni di rimborsi spese, diaria e assistenti; 3) 20 milioni per vitalizi e la doppia pensione. Oltre a questi 80 milioni circa di risparmio annuo vanno aggiunti, ha precisato Perotti, “alcuni costi variabili (non quantificati dal professore n.d.r.) relativi al risparmio di computer, pulizia e produzione di carta che si otterrà con meno eletti in Parlamento. Per cui, conclude Perotti, il risparmio oscillerà tra gli 80 ed i 100 milioni di euro l’anno.
La chimera del risparmio
I sostenitori del SI’ al taglio dei parlamentari hanno scelto astutamente la chiave del “risparmio” per parlare alla pancia, e non alla testa, degli italiani. Quante volte si sente dire dalla gente comune che i parlamentari costano troppo e che è giusto tagliarne una fetta per risparmiare soldi da dare, invece, agli italiani che ne hanno bisogno. Mai bugia fu più falsa. Lo sanno bene tutti coloro che hanno camuffato la volontà di tagliare la rappresentatività democratica a cui tutto il popolo italiano ha diritto, prevista dalla Costituzione, con la chimera del risparmio. Se “lor signori” volevano davvero “risparmiare” perché non hanno indirizzato i loro tagli in un altro settore, quello militare, che ci costa moltissimo, molto più dei 100 milioni annui di cui parla Perotti, e di cui nessuno parla? La spesa militare italiana, al 12° posto mondiale, ammonta, infatti, a 26,8 miliardi di dollari nel 2019, in aumento di oltre il 6% sul 2018, equivalenti a una media di 72 milioni di euro al giorno. Inoltre, l’Italia si è impegnata, fin dal 2012 – governo Monti – ad acquistare dagli Stati Uniti 90 F-35 (60 F-35A e 30 F-35B) il cui costo complessivo corrisponderebbe a circa 14 miliardi di euro. Secondo i calcoli de Il Sole 24 ore ogni F-35A costerebbe all’Italia 99 milioni di euro ed ogni F35B costerebbe 106,7 milioni di euro. Si tratta del programma aeronautico più costoso di tutti i tempi. E, recentemente, anche l’attuale presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, avrebbe confermato al segretario di Stato statunitense, Mike Pompeo, in visita a Roma, la volontà di rispettare gli accordi per l’acquisto dei 90 aerei da guerra. Basterebbe, quindi, non acquistare 5 aerei F-35A, uno per ogni anno della legislatura quinquennale, per risparmiare i 500 milioni di euro (100 milioni all’anno) di cui parla il professor Perotti.
100 o 50 milioni?
Come è giunto il professor Perotti ad ipotizzare un risparmio di 100 milioni di euro l’anno quando il professor Carlo Cottarelli (già commissario straordinario per la revisione della spesa pubblica sotto il Governo Letta e direttore dell’Osservatorio sui Conti Pubblici Italiani dell’Università Cattolica di Milano dal 2017) ha dimostrato che il risparmio, dedotte le imposte restituite allo Stato, sarebbe di circa 57 milioni di euro l’anno, pari allo 0,007% della spesa pubblica, che corrisponde al risparmio di circa di 1 euro l’anno per ogni italiano “che potrebbe così teoricamente pagarsi un caffè in più ogni anno, forse qualche centesimo in meno se si escludono i neonati ai quali il caffè farebbe male”, ha commentato ironicamente l’avvocato Enzo Palumbo della Fondazione Einaudi, convinto sostenitore del NO e volto noto in Rai in questo periodo di dibattiti televisivi sul referendum del 20 e 21 settembre.
L’arte di “dare i numeri”
E’ stato il professor Raul Mordenti, docente all’Università di Roma Tor Vergata, scrittore e politico (è stato responsabile dell’Ufficio formazione politica del Partito della Rifondazione Comunista), a svelare in suo recente articolo l’arcano dei numeri dati dal professor Perotti. L’articolo è preceduto da questa affermazione del Presidente dell’Assemblea Costituente, Umberto Terracini, del Partito Comunista Italiano: “Quando si vuole limitare l’importanza di un organo rappresentativo, si incomincia sempre con il diminuirne il numero dei componenti”. Riporto testualmente quanto scritto dal professor Mordenti per una maggiore chiarezza nella esposizione dei calcoli sulle cifre reali spese per “mantenere”, come dicono i sostenitore del SI’, i nostri parlamentari (630 alla Camera e 315 al Senato).
La parola al professor Raul Mordenti
“Come ragiona il prof. Perotti, “l’uomo dei conti” che – si noti – questa volta si è fatto perfino aiutare nella bisogna da Tito Boeri? Cito dalla sua intervista al “Fatto”: “il taglio di 345 parlamentari permetterà di risparmiare 22 milioni di indennità all’anno, 35 milioni di rimborsi-spese, diaria e assistenti e altri 20 milioni per i vitalizi e la doppia pensione.” Prendiamo per un attimo per buone queste cifre (che in realtà, alla luce dei Bilanci di Camera e Senato sembrano un po’ eccessive), comunque il totale (22+35+20) farebbe 77 milioni e non 100 milioni. Come arriva “l’uomo dei conti” alla cifra di 100 milioni l’anno (che poi diventano 500 in cinque anni, 4 miliardi e otto in 48 anni, e così via)? Rispondo a questa insidiosa domanda con le parole stesse prof. Perotti, “l’uomo dei conti”: “(…) ma non abbiamo calcolato alcuni costi variabili: con meno eletti il Parlamento spenderà meno in computer, pulizia e produzione di carta” (ivi). Ecco svelato l’arcano, ecco come si passa da 77 a 100 milioni tondi tondi di risparmio ogni anno. Basta aggiungere 23 milioni l’anno risparmiati “in computer, pulizia e produzione di carta”. Qualcuno potrebbe obiettare che dividendo 23 milioni (la spesa aggiuntiva perottiana per arrivare a 100 milioni) per 345 (il numero dei parlamentari “tagliati”) si ha la bella cifra di 66.666 euro annui a testa per ciascun parlamentare, e 66.000 euro in un anno per comprargli computer sono un po’ tantini (a meno che i parlamentari non siano adusi a mangiarsi i computer come grissini, consumandone cioè a testa diverse decine all’anno). E qualcun altro, plebeo e non bocconiano, potrebbe perfino fare osservare che noi mortali paghiamo lo stesso prezzo per fare le pulizie in casa se siamo in tre ad abitarla oppure in due, e dunque che far fuori un terzo dei parlamentari non farebbe risparmiare neppure una lira per la voce “pulizia”. A meno di ipotizzare che i parlamentari che resteranno dopo il taglio del Sì siano i più zozzoni, e accettino di avere corridoi più impolverati e cessi meno puliti di prima del taglio”.
La voce “carta”
“Resta allora la fatidica voce “carta”, ma per estrema sfortuna dell’ “uomo dei conti” e del suo aiutante Tito Boeri i bilanci di Camera e Senato sono fatti bene e sono consultabili on line da chiunque . Ebbene, andando a veder alla voce “carta” troviamo che nell’intero 2019 la Camera ha speso in totale alla voce “Carta, cancelleria e materiali di consumo d’ufficio” €. 460.000 (v. p. 29 del Bilancio) e il Senato nell’intero 2018 alla voce “Carta e articoli di cancelleria” €. 142.280 (v. p.32 del Bilancio del Senato). Dividendo queste cifre per il numero attuale dei parlamentari, si ha che alla Camera per ogni deputato si sono spesi in media €. 730 per la carta (460.000: 630), e al Senato per ogni senatore si sono spesi in media €.451 per la carta (142.000: 315). Come da queste cifre reali (€. 730 per deputato o €. 451 per senatore) si possa passare al totale di oltre €. 66.000 che sarebbero risparmiati per ciascun parlamentare riducendo le voci “computer, pulizia e produzione di carta” rimane dunque un mistero, un inattingibile mistero bocconiano, un mistero perottiano”.