Cerchiamo di comprendere dove si può andare a parare. Dietro un Sì o un No. Indiscutibile è sul piano matematico che il taglio dei parlamentari aumenterebbe il numero di voti per avere un parlamentare in misura non lieve e tale da estromettere molti territori dalla possibilità di avere un parlamentare di riferimento in parlamento.
Se ne è scritto molto e altro non aggiungo. Se non che si tratta come afferma Rino Formica di un atto intrinsecamente controrivoluzionario rispetto al referendum del 2 giugno 1946, inteso alla restaurazione di una costituzione flessibile quale fu lo Statuto Albertino in luogo di quella rigida instaurata dall’Assemblea costituente in forza dei meccanismi sanciti dagli artt. 138 e 139 della Costituzione repubblicana: consegnando a ristrette oligarchie la fondamentale funzione legislativa, ivi comprese future modifiche costituzionali, opera di minoranze reali sovrarappresentate.
Il taglio è stato votato da tutti i partiti in parlamento. Il referendum oppositivo (se fosse confermativo sarebbe un plebiscito) è stato richiesto come prevede l’art.138 cost. (almeno un quinto) da parlamentari coscienziosi con l’obiettivo di consentire al popolo sovrano (art.1 Cost.) titolare del potere costituente di esprimere la propria volontà in ipotesi destinata a prevalere sul voto parlamentare, come fu nel 2006 e nel 2016.
In una logica di mercificazione mercantile della costituzione, il taglio è un parto del contratto di governo gialloverde, il Conte uno, la proposta testualmente era contenuta nel programma di governo della Lega delle elezioni del 4 marzo 2018, fatta propria dai 5 stelle che non l’avevano nel loro programma, e poi trasfusa nell’accordo di governo giallorosso.
Si accompagna a future riforme costituzionali contenute nei programmi dei partiti, per la cui approvazione senza più referendum basteranno i 2/3 di un parlamento al servizio di pochi, con numeri tagliati.
Quali riforme:
1. Vincolo di mandato imperativo per avere, oltre che nominati, parlamentari proni e ubbidienti;
2. Autonomie differenziate (su cui convergono in sostanza Lega, 5 stelle e PD), con ulteriore diminuizione della sovranità del parlamento;
3. Fa anche capolino il ballottaggio online tra legge del nuovo parlamento e proposta di legge alternativa e decidente, promossa sulla piattaforma Rousseau, ddl Fraccaro già nel contratto di governo gialloverde. E il presidenzialismo anche mascherato con l’elezione diretta del premier.
In ultima analisi, al di là della apparente schematicità del taglio e del quesito referendario, che pare una questione minimale, invero cervellotica in sé (perché 345 e 200 e non 416 o 280?) la domanda di porsi nell’urna, quale che sia la nostra preferenza o non, politico partitica, è questa: Volete rottamare la democrazia parlamentare rappresentativa nata con la Costituzione? Meglio riavvolgere il nastro impazzito, anche per chi in buona fede crede nel Sì.
E ragionare partendo da un No.