Vorrei cominciare dando risposta a due domande, che forse nessuno mi farà, ma che sono importanti per dare ragione del perché sono qui oggi con voi. La prima domanda è il perché di questo sodalizio con Michele Santoro, quando non c’era stata finora una frequentazione tra noi, dato che abbiamo fatto il giornalista in tempi diversi. La risposta non sta solo nella grande stima che ho per lui, e nell’ammirazione per la sua grande professionalità e capacità di comunicazione con vasti settori di opinione. La ragione sta nel movente della sua scelta, per la quale mette in gioco se stesso e ora mette tra parentesi la sua attività, per dedicarsi a questa grande impresa della pace: e il movente è la sua coscienza. Lo si è visto l’altra sera nella trasmissione della Gruber, quando ha detto di svegliarsi di notte e pensare che forse oggi poteva trovarsi davanti a un teatro Ghione vuoto; se fosse stato così, voleva dire che questa iniziativa non funziona, e perciò lui sarebbe potuto tornare agli altri suoi impegni, con l’idea però di aver fatto quanto stava in lui di fare per la pace. Ma il teatro Ghione è pieno! Voi ci siete! Questo vuol dire che quello che sta facendo, avendoci convocato qui, lo fa per un prezioso e alto movente, che è la coscienza, e dai tempi di Antigone in poi, ciò che ha cambiato la storia non è il potere, ma la coscienza.
La seconda domanda che rivolgo a me stesso è perché faccio ancora queste cose, invece di scrivere libri o andare ai giardinetti. La risposta è che ho due debiti da pagare, Il primo è verso tutte le persone straordinarie con cui ho avuto occasione di lavorare e del cui pensiero ed esempio è stata fatta la mia vita; penso a persone come Dossetti, Moro, Raimundo Panikkar, Ivan Illich, il cardinale Lercaro, Pino Alberigo, papa Giovanni, Giovanni Franzoni, padre Balducci, padre Turoldo, Claudio Napoleoni, Italo Mancini, Berlinguer, Piero Pratesi e tanti altri, che ora non ci sono più, ma se ci fossero ci direbbero di andare avanti, e così io vorrei che attraverso di noi passasse ancora qualcosa di ciò che essi sono stati e hanno fatto per tutti.
E il secondo debito è quello verso i nostri figli, e nipoti, e pronipoti a cui noi, ma penso neanche voi, possiamo lasciare un mondo così.
E perché ci accingiamo a questa impresa? Come abbiamo detto vogliamo dar vita a un soggetto politico popolare che entri nell’agone politico ma non con spirito di parte, partito sì, come forse lo vorranno chiamare, ma partito in quanto prenda partito per ciò che è più importante per il nostro futuro. Non c’è un solo modo di essere partito, non c’è un solo modo di concepire la politica, la politica non è il confronto tra amico e nemico, la politica è la ricerca e il perseguimento del bene comune, il bene di tutti. Quindi anzitutto l’opzione pace, ma c’è un’altra ragione di questa iniziativa, a cui forse quelli, anche tra i pacifisti, che non sono d’accordo con noi non hanno pensato, ed è che il fascismo non è finito, e noi sappiamo che tutti i fascismi europei sono nati dopo e in conseguenza delle guerre. Il fascismo italiano è nato dopo la vittoria nella prima guerra mondiale, il nazismo dopo la pace frutto di quella guerra, il franchismo dopo la guerra di Spagna, i colonnelli greci dopo la guerra civile seguita agli accordi di Yalta, e noi temiamo, temiamo molto, che anche questa guerra d’Ucraina possa essere fonte di nuovi fascismi. Intanto se si realizza il progetto ufficiale americano, scritto nero su bianco, fino ai documenti della Casa Bianca e del Pentagono dell’ottobre scorso, di giungere, passando attraverso la vittoria sulla Russia e la Cina a un dominio mondiale, già questa sarebbe una forma di fascismo; queto infatti consiste nello stare tutti sotto un unico potere e un unico sovrano.
In Europa il fascismo non sarebbe solo un pericolo per i due belligeranti, ma anche per noi. Noi, nonostante tutto, non diciamo che la Meloni sia fascista, ma se non dà un giudizio sul fascismo e ne lascia il giudizio alla storia, vuol dire che pensa che il fascismo sia finito, che sia irriproducibile, che appartenga ormai solo alla storia. Ma così non è, e invece c’è una preparazione al fascismo, una predisposizione al fascismo che, se non oggi, può permettere a qualcuno domani di instaurarlo, e questo domani può essere tanto più prossimo quanto più nella cultura, nei linguaggi, nell’ordinamento e nella politica ne creiamo le condizioni.
Perciò, siamo contro il presidenzialismo, al di là delle critiche sul suo funzionamento, perché da lì il passo è più breve al dittatore, come siamo contro l’autonomia differenziata, perché lì per rifare “l’unità della nazione” il fascismo può trovare il suo movente. E già ora ci sono condizioni prossime al fascismo, perché il fascismo è il controllo su tutte le opinioni, su tutte le espressioni di pensiero, su tutte le Televisioni, su tutti i giornali, sui borghesi e gli operai, e qui in Italia già siamo al pensiero unico, all’unico giudizio ammesso anche sulla guerra, se no siamo coi cattivi, siamo all’isolamento dei sindacati; e il sistema del vincere tutto e prendere tutto, come lo spoil system, è un riflesso condizionato del fascismo, e il confino di polizia, come sono i centri di detenzione dei migranti messi in località “scarsamente abitate e facilmente controllabili”, o costruiti nel mare sulle palafitte, come fanno in Inghilterra, è già fascismo. E se ora il controllo si fa più stringente, perché arriva l’algoritmo onnipotente e l’intelligenza artificiale che plasma il pensiero ma sta in mano a qualcuno, il fascismo può fare a meno di scrivere i suoi slogan sui muri, sta già dentro la testa della gente. Per questo noi non siamo semplicemente per i valori democratici, così spesso mistificati e traditi, e tanto meno siamo afascisti, ma siamo un soggetto politico antifascista.
E perché vogliamo andare alle europee? Non per avere qualche deputato a Bruxelles da contendere agli altri, e nemmeno, al limite, per superare il quorum, ma per dire all’Europa che cosa deve essere, e come deve cambiare, e come debba rispondere alla domanda di papa Francesco, gridata davanti a un milione di giovani: “Dove vai Europa, verso dove stai navigando ?”, perché è chiaro che oggi hai tradito le ragioni per cui sei nata nel 1951, e ancor prima a ciò che ti ha ispirato dall’inizio della tua storia, quando fosti rapita da Zeus, fino alla tua identità cristiana, ebrea, araba e laica di oggi. E oggi non puoi essere Europa, se vuoi farti un esercito europeo, come i vecchi Stati pronti alla guerra, concepiti come Leviatani, cioè come mostri che si sbranano tra loro. E invece tu sei fatta perché “tornino i volti”, “il volto dell’altro”, come dicevano Emmanuel Levinas e Italo Mancini.
E perché noi non chiediamo di uscire dalla NATO, e invece chiediamo di aderire e ratificare il Trattato per la proibizione delle armi nucleari? Perché c’è una cosa più importante che il non stare nella NATO, se poi essa continua come prima, ed è che essa cambi, che diventi fattore di pace e non avversaria di alcuno, come aveva detto illusoriamente di sé nel vertice di Roma del 1991. Noi non siamo interessati solo alla pace per noi, perché la pace è fatta di molte paci, e come c’è la guerra mondiale a pezzi, così c’è la pace mondiale a pezzi, luogo per luogo, Paese per Paese, se non addirittura cuore per cuore, e la pace deve essere declinata rovesciando i due plurali, Paces in terra, più ancora che Pacem in terris.
E quale ONU vogliamo? Non perderla, ma non averla come ora, come una specie di residuo e prolungamento della seconda guerra mondiale, dominata da quei Cinque che hanno vinto quella guerra. Il novero dei Cinque Membri permanenti del Consiglio di Sicurezza, proprio per le sue funzioni di responsabile della pace e della sicurezza, dovrebbe allargarsi, almeno fino a comprendere il Brasile, l’India e il Sudafrica, gli altri membri del BRICS, per costruire un mondo multipolare e ai fini di un governo politico della moneta. E l’ONU dovrebbe essere la fucina di un costituzionalismo mondiale, che mantenga in vita e propaghi le tradizioni costituzionali già acquisite dai Paesi democratici, soprattutto dopo la guerra, come l’Italia, la Germania, la Spagna, e istituisca un ordinamento di pace tra le Nazioni, e alla proclamazione dei diritti associ sempre le previsioni e la creazione di Istituti di garanzia, dalla sanità all’istruzione, dall’uscita dalla povertà ai diritti sociali, fino alla tutela ecologica della Terra, come in Italia insegna tra tutti il prof. Luigi Ferrajoli.
E Israele e la Palestina? È uno scandalo che due Paesi a noi carissimi, non meno dell’Ucraina, siano da 75 anni separati in casa e in uno scontro mortale tra loro. Nella X legislatura come Gruppo Interparlamentare per la Pace, avevamo proposto, col consenso e la partecipazione di molti di loro, un ingresso simultaneo di Israele e della Palestina nella Comunità europea. Naturalmente non fu possibile. Ma se non in quella forma, in un’altra forma che con la nostra inventiva, il loro dolore e l’apporto di tutta la Comunità internazionale dobbiamo trovare, si deve dare una soluzione, mediterranea ed europea, a questo dramma in modo che i due popoli possano cominciare a vivere la loro autonoma ma congiunta esistenza, in pace e secondo il loro genio, le loro religioni e le loro culture.
Insieme alla pace, i due beni comuni che ci spingono all’azione politica e alla lotta, sono, come è noto, la salvezza della Terra e la dignità di tutte le creature. Le due cose poi si parlano e si confondono, perché la Terra è fatta della sua ribollente natura fisica e di tutte le sue creature, ed è a loro che dobbiamo restituire la dignità perduta o la dignità che a loro sempre è stata sottratta. Qui c’è tutto il capitolo dei diritti umani, e il capitolo dei volti, “questi inauditi centri di alterità, volti da guardare, da rispettare, da accarezzare”, come dice Italo Mancini, la parte più indifesa di noi, la più esposta, la più rivelativa, quella che più ci interpella.
E tra questi, i volti oggi più negati, che abbiamo perduto e abbiamo cancellato, sono i volti dei migranti, così stretti nei barconi, che le donne nemmeno possono partorire; i migranti, causa di delitto per chi li soccorre, di crisi internazionali per chi finanzia i salvataggi in mare, fatti morire davanti alle coste e ai porti chiusi. E benché arrivino stremati e senz’armi, i nostri governanti parlano di difesa dei confini contro di loro, come se in gioco fossero le nostre Forze Armate, e l’art. 52 della Costituzione per il quale la difesa della Patria è un sacro dovere del cittadino, anche se ormai “diversamente obbligatorio”. E la negazione della dignità ai migranti sta anche in questo, che vengono scambiati per denaro, non solo dai trafficanti di uomini che sono gli scafisti, ma anche da chi li traffica con la Tunisia o gli fa fare lo scambio tra il denaro e la prigione (5000 euro!), o li respinge e li rispedisce in modo coatto ai Paesi di origine o nei lager libici. Trafficanti d’uomini!
Nella dignità da riconoscere, restaurare e difendere, evocata nel nostro appello, non c’è solo la dignità delle persone, ma la dignità di tutte le creature, il che vuol dire anche gli animali, e qui si raggiunge il problema della cura e difesa della Terra. E se è scontato usare gli animali come nostro cibo, non è affatto giusto rendere la loro vita un inferno, come avviene negli allevamenti o nelle stalle. Ma soprattutto ciò vuol dire non concepire la terra come un oggetto di dominio in cui “gli esseri dell’universo sono posti tutti in un rapporto di dipendenza gerarchica, così che il superiore può disporre come vuole”, fino alla crudeltà, dell’inferiore. Qui c’è una pagina di un libro poco conosciuto di padre Balducci, “Francesco d’Assisi” in cui padre Balducci cita un detto di san Francesco, dalle Fonti francescane, quando Francesco fa l’elogio dell’obbedienza, parla dell’obbedienza reciproca tra fratelli e dice che “la santa obbedienza” rende l’uomo soggetto a tutti gli uomini di questo mondo “e non soltanto agli uomini ma anche agli animali”. Il che non è un’iperbole, ma ci parla dell’armonia che deve esistere tra tutti gli esseri viventi.
Infine, lasciatemi concludere con una citazione. Alla Versiliana ho citato una ballata di David Maria Turoldo dedicata all’india Rigoberta Menchù, a Firenze ho citato una poesia di Quasimodo dedicata alla intelligenza laica che aveva messo in cielo una “nuova luna”. Io vorrei qui citare una poesia di Erri de Luca, dedicata “ai pesci del Mediterraneo”, nel ricordo di un maestro di Nazaret che aveva spezzato il suo corpo per gli altri dicendo loro: prendete e mangiate. Questa è la poesia:
Prendete e mangiatene tutti.
Questi sono i corpi planati
a braccia aperte sul fondale.
In terra sono stati crocifissi,
ora sono del mare e di voi pesci.
Prendete e mangiatene tutti,
che non avanzi niente,
nessuna delle corde vocali
che hanno gridato al vento.
Fate questo in memoria di noi
che rimaniamo a riva.
Lasciatevi afferrare dalle reti
per essere venduti sul banco del mercato,
dove i sopravvissuti furono venduti.
Sarete sulle nostre tavole imbandite.
Di voi sazi di loro (i migranti!), mangeremo tutto.
Conservate una spina per le nostre gole,
toglietela dalla corona dei perduti.