Neve Shalom simbolo vivente di convivenza e resistenza morale, perché l’odio non abbia l’ultima parola

di Laura Tussi - 13/11/2025
Nel cuore del dolore, Neve Shalom Wahat al-Salam continua a insegnare che vivere insieme, quando tutto intorno si combatte, è un atto profetico.

Neve Shalom Wahat al-Salam, l’Oasi di Pace situata tra Gerusalemme e Tel Aviv, continua a essere un simbolo vivente di convivenza e resistenza morale in un tempo in cui il Medio Oriente è travolto dalla guerra e dall’odio.

Nato oltre cinquant’anni fa dal sogno di padre Bruno Hussar, domenicano di origine ebraica, il villaggio rappresenta una realtà unica, dove famiglie ebree e palestinesi vivono insieme, condividendo case, scuole e spazi di incontro, nel tentativo quotidiano di costruire un futuro fondato sul dialogo e sulla giustizia.

In questi mesi segnati da violenza e distruzione, mentre il conflitto a Gaza ha assunto i tratti di una catastrofe umanitaria, la comunità di Neve Shalom resiste come una fragile ma luminosa testimonianza di umanità. La polarizzazione crescente delle società israeliana e palestinese ha reso più difficile il dialogo, e anche questo piccolo villaggio ha dovuto affrontare nuove sfide: sospetti, isolamento politico, riduzione dei finanziamenti e, soprattutto, il peso psicologico del dolore che tocca entrambe le parti. Alcuni abitanti palestinesi hanno perso parenti a Gaza, altri israeliani hanno subito lutti per gli attacchi del 7 ottobre, ma tutti continuano a incontrarsi, a parlarsi, a condividere momenti di preghiera e riflessione, rifiutando la logica della vendetta.

La Scuola per la Pace, nata nel 1979, rimane il cuore pulsante della comunità. Qui giovani, educatori e attivisti israeliani e palestinesi si incontrano per imparare a comprendersi e a dialogare. Attraverso laboratori, seminari e programmi di formazione, la scuola offre strumenti per decostruire i pregiudizi, conoscere le narrazioni dell’altro e affrontare la complessità del conflitto senza semplificazioni. Nonostante le difficoltà logistiche e il clima di paura, le attività continuano anche online, coinvolgendo ragazzi di Gerusalemme Est, Ramallah, Haifa e di altre città, in un filo di dialogo che non si è mai spezzato.

Parallelamente, il villaggio promuove iniziative concrete per mantenere viva la speranza. Nella Tenda del Lutto, ebrei e palestinesi si ritrovano per condividere il dolore e ricordare insieme le vittime civili di entrambe le parti, rifiutando ogni gerarchia delle sofferenze. Le Veglie per la Pace, organizzate ogni settimana, riuniscono abitanti e sostenitori che leggono ad alta voce i nomi dei morti e chiedono la fine della guerra. Il progetto Peace Press, invece, dà voce alla comunità attraverso articoli, interviste e appelli diffusi sui media, cercando di riportare il tema della pace al centro del dibattito pubblico in Israele e all’estero.

Intellettuali e artisti come David Grossman e Avraham Burg hanno espresso solidarietà a Neve Shalom, riconoscendo nel villaggio una minoranza morale capace di opporsi con la forza della coerenza alla brutalità della guerra. In un contesto dove ogni forma di dissenso viene spesso bollata come tradimento, la sola esistenza di Neve Shalom è un atto politico di coraggio e libertà.

Oggi più che mai, l’Oasi di Pace è un modello universale di coesistenza possibile. La sua esperienza dimostra che il rispetto e la collaborazione possono superare le barriere etniche e religiose, se si ha il coraggio di scegliere la via della nonviolenza. Ogni giorno gli abitanti di Neve Shalom testimoniano che la pace non è un sogno lontano, ma un lavoro quotidiano, fatto di gesti, parole e silenzi condivisi.

Nel cuore del dolore, Neve Shalom Wahat al-Salam continua a insegnare che vivere insieme, quando tutto intorno si combatte, è un atto profetico. Come ricordava Bruno Hussar, quando gli altri si odiano, chi continua a dialogare diventa segno di speranza. In mezzo alla distruzione, questa piccola comunità continua a credere che la pace non sia solo un traguardo, ma un cammino da percorrere giorno dopo giorno, insieme.

Laura Tussi

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