Ci stiamo avvicinando a grandi passi alla scadenza del programma posto dall'Agenda ONU 2030. Ma a che punto siamo, in particolare per quanto riguarda gli obiettivi di pace e giustizia? In un momento storico in cui il rischio di una deriva bellicista è molto concreto, proviamo a capire che contributo hanno dato e possono dare gli obiettivi proposti dalle Nazioni Unite e la azioni messe in campo per raggiungerli.
Il 2030 è ormai alle porte: nell’amministrazione di un organismo sovranazionale sette anni sono poco più di un battito di ciglia. Questa data infatti richiama all’attuazione dei 17 obiettivi che dovrebbero essere raggiungibili e applicabili secondo l’Agenda ONU 2030 per l’ambiente, gli ecosistemi e la pace nella sua genesi multipla. In questa sede mi voglio concentrare su cambiamenti climatici e cooperazione per la pace, ambiti che purtroppo in seno all’Unione Europea sono fortemente rallentati.
Sviluppare, ripensare e elaborare pratiche volte a sostenere nostra Madre Terra risulta attualmente sempre più necessario e quanto mai auspicabile in una congiuntura come quella attuale. Uno strumento molto valido e un mezzo contemporaneo e attuale è stato dato. L’Agenda ONU 2030 si sviluppa in 17 obiettivi fondamentali e costituisce un punto di partenza per fare attivare e mobilitare ogni singola persona e a livello globale per una società più giusta, equa e fondamentalmente priva di guerre e di ingiustizie, di violenza in tutte le sue declinazioni e morfogenesi.
I primi quindici obiettivi di sviluppo contemplati da Agenda ONU 2030 sono tematici come gli oceani, la terra, l’acqua, le malattie, il lavoro, l’energia. Gli ultimi due obiettivi – soprattutto quello sulla pace – ci parlano anche di giustizia e istituzioni solide. Anche alla luce dell’attuale guerra tra Russia e Ucraina. E dell’arsenale nucleare di cui dispongono le superpotenze e altri membri Nato. E non è un caso, poiché tutti gli obiettivi tesi alla tutela dell’ecosistema non possono essere realizzati se non sussistono tre concetti chiave – pace, giustizia e istituzioni – tra di loro strettamente collegati, per una società e una cittadinanza planetaria fondate sulla cooperazione solidale a tutti i livelli.
I vari sotto-obiettivi trattano di come ridurre le forme di violenza o eliminare le forme di abuso, sfruttamento e tortura contro i bambini, tra cui – come sostiene Galtung – la violenza diretta, strutturale, culturale o simbolica. Si parla di accesso alla giustizia e alla pace per tutti. E quello che per noi è scontato, non lo è in molte altre parti del mondo.
Per fare questo occorrono istituzioni efficaci e solide, che possano guidare i governi in un equilibrio di armonia e pace. Si parla di coinvolgere i paesi in via di sviluppo e di rinforzare la cooperazione internazionale per applicare politiche di pace a tutti i livelli, di promuovere e far rispettare le leggi e la politica. Questo è il quadro in cui tutti gli obiettivi dell’Agenda ONU 2030 si devono muovere, pena non riuscire a realizzarsi interagendo reciprocamente e vicendevolmente per contrastare ogni forma di violenza e di conflitto armato.
L’obiettivo pace tende a promuovere società pacifiche e nonviolente per risolvere le povertà, l’origine delle migrazioni e delle guerre laddove i futuri scenari di conflitto saranno per il dominio dell’acqua e le migrazioni forzate vedranno civili inermi e innocenti fuggire da guerre, terrorismo, disastri ambientali, manovre economiche. Il significato di pace, senza scadere nella retorica, lo declina saggiamente Norberto Bobbio, il quale sosteneva che la parola pace è sempre in una posizione ancillare rispetto al concetto di guerra. Quando parliamo di pace ci soffermiamo sempre molto sul suo contrario. Ma l’etimologia di pace deriva dal verbo latino pacere – accordarsi –, da cui pactum – accordo, patto.
In questo obiettivo di Agenda ONU sussistono quindi indizi che ci consentono di pensare che si può parlare di pace senza ricorrere alla guerra. Il termine guerra non appare mai nella declaratoria dell’obiettivo Pace e nemmeno nei dieci sotto-obiettivi. I due aggettivi che definiscono la società in pace non rinviano necessariamente alla guerra; piuttosto identificano le società e le istituzioni inclusive, che richiamano a società aperte e cooperanti. E l’altro aggettivo è pacifico, che non significa solo “senza guerra”, sempre richiamando Norberto Bobbio.
Qual è dunque il messaggio? Per chiarirlo occorre partire dal concetto di conflitto, che fin dall’antichità è stato considerato un elemento ineliminabile nei rapporti umani. Il conflitto non sarebbe in contrapposizione alla pace. Il vero problema risiede nella risoluzione del conflitto che può essere violenta o pacifica. E l’espressione più alta e peggiore della risoluzione violenta del conflitto è la guerra.
Insomma la chiave per la costruzione di una società pacifica risiede nell’individuazione del mezzo con cui risolvere i conflitti. E allora riflettere sulla pace partendo dalla pace significa convincersi che si devono praticare soluzioni nonviolente dei conflitti. E qui c’è il riferimento alla giustizia, non una giustizia armata – anche la guerra è stata definita spesso una sorta di giustizia – bensì una giustizia trasparente, garantita a tutti, come recita proprio l’obiettivo di Agenda ONU 2030: “Inclusiva, cioè che utilizzi mezzi e procedimenti nonviolenti e tra questi il diritto è compreso”.
Il conflitto non sarebbe in contrapposizione alla pace. Il vero problema risiede nella risoluzione del conflitto, che può essere violenta o pacifica
Non a caso Bobbio parlava di pacifismo giuridico. Ma potrei anche richiamare gli arbitrati, le conciliazioni, le mediazioni e le risoluzioni a livello internazionale: tutti strumenti pacifici e nonviolenti per risolvere i conflitti. Ma occorre essere consapevoli che nella soluzione dei conflitti quasi mai il torto e la ragione sono tutti da una stessa parte o dall’altra. Dobbiamo sapere che esistono più soluzioni e che tra queste alcune tengono presenti e cercano di combinare le ragioni di entrambe le parti. E sono proprio queste che vanno praticate, per non lasciare sul terreno un vinto o un vincitore.
Ritengo dunque fondamentale il contributo dell’ONU alla costituzione del diritto globale alla pace e alla giustizia in una società che dal dopoguerra ha visto susseguirsi troppi eventi bellici e sanguinosi. Le Nazioni Unite, anche se ostacolate da interessi economici, sono comunque riuscite con molti limiti a realizzare grandi momenti di giustizia e di pace come il trattato ONU per il disarmo nucleare universale varato a New York nel 2017, che ha portato per la prima volta l’umanità a munirsi di un mezzo giuridico che dichiari criminale il possesso di ordigni nucleari anche al fine della sola deterrenza. Sviluppare questi punti e obiettivi, soprattutto la Pace, può essere l’inizio di un grande riscatto e sussulto di dignità per l’umanità intera.
Articolo pubblicato anche su ITALIA CHE CAMBIA