SE VUOI LA PACE PREPARA LA PACE

di Felice Besostri - felicebesostri.it - 14/10/2023
Ad uccidere Yitzhak Rabin la sera del 4 novembre 1995 non è stato un palestinese, ma un fanatico israeliano, che si opponeva alla esecuzione degli Accordi di Oslo, che valsero a Shimon Peres, Yasser Arafat e a Rabin il Premio Nobel della Pace 1994.

L’offensiva militare di Hamas ha avuto, per loro scelta, aspetti di crudeltà particolare verso i civili, tra cui bambini decapitati, in questo senso l’intento terroristico è evidente, aggravato alla presa di ostaggi, come scudi umani o merce di scambio con detenuti palestinesi senza processi. L’orrore è evidente e la condanna giusta. Tuttavia non sarebbe giusto fermarsi là e delegare all’esercito israeliano il compito di combattere le paure e di vendicare i morti e i feriti.

Per ragioni contrarie alla spettacolarizzazione la rappresaglia israeliana avrà meno testimoni e le sofferenze di altri civili palestinesi, uomini, donne e bambini avrà meno spettatori, ma non per questo dovrebbe ferire meno la nostra umanità e il senso di giustizia.

Nella mia vita ho avuto molte conoscenze in Israele, molte di più nella diaspora e qui anche molti amici. In Israele per amicizia, dal 1970, posso solo parlare di un ebreo irakeno, Latif Dori, del partito sionista di sinistra MAPAM, che aveva iscritti anche arabi palestinesi e che da sempre aveva adottato la parola d’ordine “due Popoli, due Stati”, senza bisogno di specificare, perché questa era la loro ideologia, che i due Stati dovevano essere laici e democratici.

Latif Dori aveva avuto una condanna penale per aver mantenuto contatti con esponenti dell’OLP, vietati perché “organizzazione terroristica”. La sua cultura era araba, da centinaia d’anni ebrei vivevano a Bagdad e l’arabo la lingua materna e paterna, quando la famiglia dovette riparare in Israele dopo la prima guerra arabo-israeliana, non parlava l’yiddish, la lingua dei padri fondatori di Israele provenienti dall’Europa centro-orientale e gli ebrei in paesi islamici non erano mai stati oggetto di pogrom, massacri collettivi, in cui hanno primeggiato i cosacchi dell’atamano Bohdan Chmel’nyc’kyj.

Col tempo l’OLP e il suo leader indiscusso, per quanto personalmente discutibile, diventarono interlocutori ufficiali del governo israeliano con gli accordi di Oslo del 1993, grazie alla mediazione dei laburisti norvegesi tramite il loro ministro degli esteri, Terje Rød-Larsen e per la loro attuazione dal 1994, il suo successore Bjørn Tore Godal, che ho avuto la ventura di conoscere e frequentare al tempo della YUSI (Unione Internazionale della Gioventù Socialista), nella quale non mancavano amici della causa palestinese.

In quei tempi esisteva a sinistra un’organizzazione come l’Internazionale Socialista, di cui erano membri i partiti socialisti sionisti, al governo in Israele e l’OLP invitata permanente. Proprio l’assassinio, ad opera di organizzazioni contrarie a Al-Fatah, del rappresentate dell’OLP, Issam Sartawi, il 10 aprile 1983, al congresso dell’Internazionale Socialista a Albufeira, al quale partecipavo come delegato dell’Internazionale Socialista dell’Educazione, paradossalmente fece capire che non c’era e non c’è altra soluzione che un accordo, garantito internazionalmente.

Attualmente un pio desiderio, o, con espressione che segna la nostra subordinazione non solo linguistica con la potenza dominante dei valori occidentali, wishful thinking, peer l’impotenza cui è stata ridotta l’ONU dai membri permanenti (USA, Federazione Russa, Cina, Regno Unito e Francia) del Consiglio di Sicurezza e dai rapporti USA-Russia in seguito all’invasione dell’Ucraina, che erano le potenze garanti degli accordi di Oslo, mai portati a termine, come quelli di Minsk.

L’impegno per una soluzione, che tenesse conto della Shoah e dei diritti dei popoli alla autodeterminazione, mi fece incontrare il secondo amico medio-orientale Wael Abdel Zwaiter, il rappresentante della OLP in Italia, ma che era di formazione comunista. Una particolarità di molti partiti comunisti di paesi arabi è che nella loro fondazione era frequente la presenza di ebrei e arabi cristiani. La sintonia con l’ebreo irakeno socialista sionista nelle richieste rivolte alla sinistra europea era stupefacente, noi non abbiamo bisogno di amici, che si schierino dalla nostra parte, ma che ci facciano incontrare, che siano un ponte e solo voi sinistra europea che avete lottato contro il fascismo e il nazismo e contro il colonialismo dovreste essere i nostri naturali alleati.

Riuscii a trovare un contatto con uno storico attivista del movimento operaio israeliano Peretz Merchav (1913-1978), che per proseguire questo contatto con un esponente dell’OLP venne a Milano per poter proseguire i contatti.

Incontrai Wael a Roma per dargli la buona notizia in un caldo giorno di ottobre, il 15 per la precisione, ma il 16 sarebbe stato ucciso a colpi di pistola vicino all’ascensore della sua abitazione romana, stando a Wikipedia da agenti del Mossad, perché sarebbe stato uno degli organizzatori della strage delle olimpiadi di Monaco del 5 settembre 1972. Se sono stati agenti del Mossad questa non poteva essere la ragione. 

Chi voleva tentare strade di pace aveva nemici nelle due parti tra palestinesi, che non volevano rinunciare alla cancellazione dell’entità sionista e tra gli israeliani, che pensavano ad un Grande Israele che annettesse formalmente la Cisgiordania.

Ad uccidere Yitzhak Rabin la sera del 4 novembre 1995 non è stato un palestinese, ma un fanatico israeliano, che si opponeva alla esecuzione degli Accordi di Oslo, che valsero a Shimon Peres, Yasser Arafat e a lui il Premio Nobel della Pace 1994. Rabin è stato il Primo ministro israeliano nato in Israele a Gerusalemme.

La sua carriera militare di Generale vincitore della Guerra dei 6 giorni non lasciava presagire che sarebbe stato il più determinato sostenitore di una politica di pace. Non era certamente una colomba, ma come si sa le aquile volano molto più in alto delle colombe e perciò vedono più lontano.

Chi non ha potere o in grado di influire sul potere cosa può fare? Se pensa che non può fare nulla, si rassegna o si deprime o diventa un fanatico frustrato, che sceglie un nemico da odiare, indifferentemente l’estremismo palestinese o l’occupante israeliano, invece che una causa da amare, fino in fondo, come è quella della pace.

Ad ogni costo, quale sia il prezzo da pagare: meglio che lo paghiamo noi e non i nostri figli e peggio ancora i nostri nipoti.