Ammainare l’unità d’Italia?

di Domenico Gallo - volerelaluna.it - 16/07/2019
Una grande mobilitazione percorre la vita politica: siamo in guerra

Al confine sud si sta dislocando un forte dispositivo militare, vengono schierate motovedette, droni, cacciatorpediniere, elicotteri, aviazione di marina, sommergibili per bloccare lo sbarco dei disperati che provengono dal mare e impedire che tocchino le sacre sponde, mentre il Parlamento lavora alacremente per sfornare le leggi di guerra contro il nemico interno ed esterno: le organizzazioni umanitarie. Al confine nord si progetta la costruzione di una barriera, modello muro di Berlino per rendere impenetrabile il confine. In questo momento tutti i riflettori della politica sono concentrati su questa grande azione patriottica di difesa dei confini.

È curioso che i nostri governanti, mentre suonano la tromba della difesa della Patria, stiano varando il più ardito progetto di decostruzione dell’unità d’Italia che sia mai stato concepito.

Proprio in questi giorni c’è stata una fuga di notizie. Il sito ROARS ha pubblicato le bozze degli accordi concordati fra lo Stato e le Regioni (Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna) alla data del 16 maggio (accordi tenuti rigorosamente segreti, persino alla Commissione parlamentare per le questioni regionali).

Da quando sono trapelate le prime informazioni su questi progetti, è emersa una diffusa preoccupazione per il rischio che queste rivendicazioni di maggiori poteri e competenze delle tre regioni del nord avrebbero comportato una netta sottrazione di risorse al Mezzogiorno d’Italia a favore delle regioni più ricche. Non a sproposito si è parlato di secessione dei ricchi.

Ora le nuove bozze confermano che (quasi) tutte le richieste delle tre Regioni, specialmente quelle identiche di Lombardia e Veneto, sono state accolte. Quel che viene fuori è un progetto di disintegrazione dell’unità d’Italia attraverso la creazione di ministati a cui sono attribuite tutte le competenze e le strutture che hanno innervato l’unità del nostro Paese, compresa l’autostrada del sole, i porti, gli aeroporti e le grandi reti di trasporto nazionale.

L’unità ha fondamenti materiali e immateriali. Il cemento che ha costruito l’unità immateriale del popolo italiano, prima ancora che nascesse la Repubblica, è la scuola. Sotto questo profilo il capitolo più inquietante del progetto di autonomia differenziata avanzato dal Veneto e dalla Lombardia è quello che riguarda le competenze in materia d’istruzione e le norme relative al personale dell’Ufficio scolastico e delle istituzioni scolastiche regionali espresse negli art. 11 e 12 delle bozze ROARS.

Il tema del confronto fra le autonomie regionali e la competenza dello Stato in materia di pubblica istruzione è antico e ha trovato eco persino nei dibattiti in seno all’Assemblea costituente. Intervenendo nella discussione generale sul progetto di Costituzione, il 22 aprile 1947, l’on. Concetto Marchesi, relatore insieme al collega Aldo Moro, sugli articoli relativi all’istruzione, si esprimeva in questo modo:

Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, quale uno dei due relatori sul tema della scuola, parlerò con la maggiore brevità possibile sugli articoli 27 e 28 (che poi nel testo finale diventeranno gli artt. 33 e 34, ndr), che hanno già suscitato vivo dibattito. […]
Passiamo alla parte sostanziale dell’articolo, a quella che investe la sua produttività legislativa e comincia con affermare la funzione scolastica dello Stato. Su questo punto l’opposizione, almeno l’opposizione palese, viene dalle più risolute frazioni autonomistiche, le quali intenderebbero sottrarre alla diretta amministrazione dello Stato, interi ordini di scuole o particolari tipi di scuole. […] La scuola non è da trattare alla stregua di un collegamento stradale o di un regolamento di acque. La scuola è il massimo e, dirò, l’unico organismo che garantisca l’unità nazionale. Essa non prepara il sardo, il siciliano, il ligure, il piemontese: prepara il cittadino italiano; e da essa vengono e si propagano per tutte le regioni d’Italia le migliori energie del Paese. Allo Stato ne spetta, dunque, l’ordinamento e l’attuazione, perché lo Stato è l’unico organismo che abbia tutti i mezzi e tutti i poteri per assolvere quest’opera capitale in tutte le contrade d’Italia. La regione potrà arricchire i propri istituti di educazione, dotarli di nuovi locali, di nuovi corredi scientifici. […] Le regioni che meglio provvederanno all’incremento dei propri istituti scientifici ed educativi ne avranno perciò maggior decoro e vantaggio; ma lo Stato non può delegare ad esse tutto il potere di attuazione dei propri ordinamenti.

Solo la saggezza dei costituenti ci può salvare dalla dissennatezza dei nostri falsi patrioti.

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