Un esito elettorale è in genere suscettibile di letture molteplici. Così è anche per il voto dell’8 e 9 giugno. Per lo svolgimento ulteriore nella politica e nelle istituzioni europee dovremo aspettare. Ma non mancano effetti da subito in Italia, che meritano una riflessione. Molti commenti segnalano un Sud in controtendenza. Ovviamente non basta da solo a capovolgere il segno complessivo del voto: un successo personale di Giorgia Meloni, che trascina la maggioranza. Ma è in piena evidenza una specificità meridionale. Il Pd diventa il primo partito, FdI è più debole che in altre aree del paese, città come Napoli dimostrano le potenzialità di una efficace strategia da “campo largo”.
Una diversità del Sud? E perché? Marco Sarracino su queste pagine argomenta che il voto al Pd è stato anche un voto contro l’Autonomia differenziata, ed è una valutazione condivisibile. Vediamo due elementi confluire.
Il primo, è che proprio l’accelerazione impressa dal ministro Calderoli ha alla fine consentito di sollevare la cappa di silenzio e di oscurità per anni volutamente calata sul tema. E proprio questo giornale ha offerto alla testardaggine di pochi – tra cui io stesso – la possibilità di aprire momenti di consapevolezza nella pubblica opinione.
L’argomento dell’Autonomia differenziata come occasione imperdibile per il Sud, caro a destra e talora anche autorevolmente sostenuto, è ormai percepito da molti come merce avariata. Interi mondi, dai saperi alle professioni, all’impresa, al lavoro e al sindacato, alla Chiesa, si sono levati contro l’Autonomia differenziata.
Il secondo, è che il Pd è riuscito ad accompagnare la crescente consapevolezza del Sud. Notavo su queste pagine l’11 settembre 2022, a pochi giorni dal voto delle politiche, che nella cosiddetta Carta di Taranto – manifesto per il Sud presentato da Letta – la parola “autonomia” nemmeno compariva, pur parlando diffusamente di eguaglianza, diritti, divari territoriali. Ma se ne poteva mai parlare senza vedere l’elefante Autonomia differenziata nella cristalleria? L’allora segretario non osava pronunciare le parole incriminate. E la ragione era data da un luogo e un nome: Emilia-Romagna e Bonaccini. Con Schlein il clima, pur con fatica, è cambiato.
Non basterà questo, però, o qualche manifestazione di piazza, a fermare l’AC 1665 Calderoli. La Lega insoddisfatta per l’esito elettorale probabilmente aumenterà la pressione per giungere all’approvazione finale. Non è un caso che l’11 giugno Salvini su Libero, megafono del leghismo, citi l’Autonomia come passaggio di modernità ed efficienza per tutta l’Italia. E che sul Tempo si liberi sbrigativamente dell’ombra di Zaia su Palazzo Chigi affermando che avrà da fare per gestire l’Autonomia. Né Meloni potrà affondare l’Autonomia differenziata un momento dopo aver registrato un successo rilevante nel Nord.
È dunque ragionevole aspettarci che, pur facendo le opposizioni tutto quel che possono, l’AC 1665 riprenda la sua corsa, come del resto è già accaduto ieri. Ma il voto europeo potrebbe incidere su quel che verrà dopo l’approvazione finale, nella costruzione delle intese Regione per Regione. In quella fase si cambierà davvero la faccia del paese. Chi risponderà cosa a Zaia, quando porterà le richieste di maggiore autonomia del Veneto a Roma? E a Fontana e Cirio, che porteranno richieste analoghe se non identiche? Giorgia Meloni farà o no uso del suo potere – che sarà a quel punto legge – di limitare il negoziato per tutelare l’unità giuridica ed economica del paese, e le politiche pubbliche prioritarie? Si saprà costringere Calderoli a disvelare le carte delle trattative? O avremo un remake della segretezza che tanto piaceva alla ministra leghista e gialloverde Stefani?
Questa è la battaglia che comincia ora. La destra va incalzata perché metta in chiaro il quadro del paese che vuole costruire con le sue riforme. Il primo terreno su cui misurarsi da subito è proprio l’Autonomia differenziata, il resto viene poi. Il Sud ha dato un segnale, e spetta ora alle forze politiche di opposizione assumerlo e farlo vivere. Anche esercitando ogni possibile pressione perché una o più Regioni presentino ricorso in Corte costituzionale contro il ddl Calderoli definitivamente approvato.
Arturo Scotto ci dice sull’Unità (11.06) che anche la battaglia su Autonomia e premierato è stata un fattore di credibilità. Ha ragione. Per tutti, sarà un continuo test nel tempo che ci separa dalle prossime politiche. Superandolo, si potrebbe anche avviare il recupero al voto di chi astenendosi rinuncia a scegliere il proprio futuro.
La destra va incalzata perché metta in chiaro il quadro del paese che vuole costruire con le sue riforme