Tutte le misure che il governo Meloni sta assumendo da quando è in carica seguono un unico e coerente disegno: accodarsi alle decisioni della NATO, proseguendo nel coinvolgimento dell’Italia nella guerra in Ucraina, e sostenere le richieste delle grandi imprese per far ricadere i costi sociali sui lavoratori e i settori popolari. Mentre i fondi per l’avventura militare crescono, i salari e le pensioni rimangono fermi e si approvano nuove misure che allargano la precarietà del lavoro.
Non c’è un solo campo di intervento sociale dove il governo non stia agendo per favorire un aumento delle disuguaglianze e delle ingiustizie. Dalla grande emergenza abitativa provocata da un mercato con prezzi alle stelle e con un patrimonio di case popolari ridotto al lumicino, alla piaga di un sistema sanitario pubblico ormai completamente soppiantato dalle aziende private e una fetta larghissima di popolazione senza più risorse per curarsi.
Dalla eliminazione del reddito di cittadinanza, sostituito da uno strumento di ricatto utile solo a tenere ancora più in basso i salari, alla vergogna del Decreto Cutro che rende sempre più arduo il percorso di regolarizzazione per i lavoratori migranti. Dalla riforma del fisco che mira a eliminare quel poco di progressività che ancora conserva il nostro sistema di tassazione, fino alla ulteriore liberalizzazione degli appalti e dei contratti a tempo determinato che aumentano la ricattabilità del lavoro e ne indeboliscono le tutele.
Una sequela martellante di provvedimenti che vengono presi senza ascoltare la sofferenza che cresce nel paese né alcuna interlocuzione con la società che sia altra dai manager dei grandi interessi privati. Una logica che vediamo agire nella realizzazione degli impianti di gassificazione, da Piombino a Ravenna, come nella prosecuzione della Tav in Val di Susa, nel progetto del Ponte sullo Stretto o della base militare in programma a Coltano. Dietro le parole [o, chiacchiere] della transizione verde, il Governo prosegue nella devastazione dell’ambiente e nell’uso delle fonti fossili, contro queste politiche dobbiamo rivendicare giustizia ambientale e giustizia sociale.
Nelle politiche sul lavoro il mantra del governo è la moderazione salariale, che viene scambiata con una misera esenzione contributiva per alcuni mesi. Decenni di riduzione dei salari e una fortissima perdita di potere d’acquisto dovuta all’impennata dei prezzi (che non è affatto finita) non trovano nessuna risposta seria nei rinnovi contrattuali. Addirittura nel settore pubblico non è stata prevista dal governo nessuna risorsa per i contratti. E tutto questo, mentre è forte l’aumento dello sfruttamento nelle fabbriche, nei magazzini, in moltissimi settori lavorativi, dovuto all’intensificazione dei ritmi, all’allungamento della giornata di lavoro ed alla flessibilità sempre più selvaggia dei turni.
Anche i disegni di stravolgimento dell’ordinamento costituzionale, dall’autonomia differenziata ai propositi di presidenzialismo, rispondono ad una stessa logica di aumento delle disparità, sociali e territoriali, accanto ad un accentramento dei poteri e del controllo sulla società. Con il disegno di legge Calderoli, il governo vuole colpire i diritti sociali definendo i Livelli essenziali di prestazione, garantendo cioè il minimo delle prestazioni in modo da tagliare ancor di più i servizi pubblici e mantenere il Mezzogiorno in uno stato di arretratezza, utile solo per nuove servitù militari, energetiche e logistiche.
Mentre le condizioni economiche peggiorano e i nostri redditi valgono sempre meno, il governo Meloni si pone l’obiettivo di creare fratture nella società, favorire la guerra tra poveri, aumentare il controllo e trascinarci sempre più dentro un conflitto dagli esiti imprevedibili. E per farlo promuove una campagna di restaurazione culturale che aggredisce la scuola pubblica e attraversa tutti gli apparati del sistema informativo e della comunicazione. Diversità, sofferenze, povertà diventano obiettivi da attaccare, soggetti da discriminare ed escludere. I giovani, in particolare, li si vorrebbe irreggimentare in un sistema di sfruttamento e precarietà, lavoro gratuito, affitti alle stelle e soffocamento delle libertà.
Non c’è futuro con questo governo.
Mettere insieme le forze, unire le nostre battaglie, costruire percorsi comuni è la via per non farci rubare il futuro.
Adesioni pervenute fino ad oggi:
Spazio No Ponte (Messina) – No Ponte Calabria – CMDT Calabria – Opposizione Studentesca d’Alternativa – Cambiare Rotta – Unione Sindacale di Base – Movimenti per il diritto all’abitare – Potere al Popolo – Partito della Rifondazione Comunista – Rete dei Comunisti – Comitati contro l’Autonomia Differenziata – Mi Riconosci – CALP Collettivo Autonomo Lavoratori Portuali – Paese Reale – ManifestA – Comitato contro il Rigassificatore di Piombino (La Piazza della Val di Cornia) – Collettivo No al fossile Civitavecchia – Rete No Rigass No GNL – Stop allo scempio ambientale (Giugliano) – Genova City Strike – Giovani Palestinesi Roma – AIFWA (Pescara) – Rete Stop GNL Napoli – Medicina Democratica Napoli – La Città Visibile (Caserta) – Movimento Migranti e Rifugiati – Associazione Terra e Libertà di Torretta Antonacci – Comunità Palestinese – Giù le mani dall’Africa – Centro Internazionale Crocevia – Coniare Rivolta….
Donatella Di Cesare – Moni Ovadia – Francesca Fornario – Nicoletta Dosio – Ernesto Screpanti – Laura Tussi – Fabrizio Cracolici – Ennio Cabiddu – Giorgio Cremaschi – Luigi De Magistris – Claudio Defiores – Riccardo Faranda – Chiara Colasurdo – Danilo Conte – Arturo Salerni – Angelo D’Orsi – Bartolo Mancuso – Franco Russo – Vincenzo Perticaro – Patrizia Angiari – Clara Fanelli – Salvatore Graci – Chef Rubio – Paolo Bevilacqua – Enrico Calamai – Filippo Barbera – Paolo Ferrero – Maurizio Acerbo – Antonello Patta – Antonio Mazzeo – Paolo Fierro – Paola Nugnes…..
Giorgio Cremaschi
Le adesioni vanno inviate a: