In una situazione di emergenza quale quella che stiamo vivendo per effetto della gravissima crisi sanitaria, sociale ed economica provocata dalla pandemia sarebbe un segno di civismo e di maturità democratica se le forze politiche di maggioranza e di opposizione collaborassero per il raggiungimento di obiettivi utili per il perseguimento del bene comune. E tuttavia non possiamo per nulla rallegrarci per il voto che il 7 luglio al Senato ha visto una completa saldatura fra maggioranza e opposizione che, divisi su tutto, si sono trovati perfettamente d’accordo nel rifinanziare la missione italiana di supporto alla c.d. “Guardia Costiera libica”.
Alla vigilia del voto erano sorte delle preoccupazioni sulla tenuta della maggioranza perché si sapeva che alcuni senatori si sarebbero dissociati. Invece la missione è stata approvata con 260 sì, 142 della maggioranza e 118 delle opposizioni. C’è da premettere che in una lettera indirizzata al ministro degli Esteri italiano Luigi Di Maio, datata 13 febbraio, il Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa Dunja Mijatovic aveva esortato il Governo italiano a sospendere gli accordi di cooperazione con la sedicente guardia costiera libica che hanno comportato un aumento delle intercettazioni di migranti e richiedenti asilo in mare, quindi il loro successivo ritorno in Libia, dove sono soggetti a gravi violazioni dei diritti umani.
In effetti proprio questo è l’oggetto della missione italiana, fornire il supporto finanziario, materiale e logistico per consentire alle bande libiche di catturare i migranti in alto mare e di riportarli nei lager da dove tentano di fuggire. Il lavoro sporco che non possiamo fare noi perché siamo uno Stato di diritto con un potere giudiziario indipendente, che potrebbe persino costringerci a rispettare la Costituzione e le Convenzioni internazionali sui diritti umani, lo deleghiamo alla Libia.
Ha osservato il senatore De Falco che questa missione “ribadisce e consolida, con aumentata previsione di spesa, il ruolo di mandante del nostro Paese nell’illecito respingimento dei migranti, nel quale i libici sono meri esecutori. Loro fanno il lavoro sporco che l’Italia non può fare più così apertamente, dopo la condanna del 2012, quando la sentenza Hirsi riconobbe che l’Italia stava operando dei respingimenti collettivi illegali.”
“A me sembra – ha ribattuto la senatrice Bonino – che l’Italia continui a pagare una sorta di riscatto all’incontrario: paga i carcerieri, non per liberare gli ostaggi, ma per tenerli prigionieri, facendo finta di non sapere, mentre invece lo sa e lo fa.”
La senatrice De Petris ha osservato che: “Non è un caso, tra l’altro, che la Corte penale internazionale abbia aperto un’indagine proprio per crimini contro l’umanità. L’ONU, la Commissione europea, il Consiglio europeo hanno più volte escluso che la Libia sia un porto sicuro. Ora, l’Italia continua a fornire supporto alla Libia, anche in termini di motovedette e di addestramento, cancellando, nei fatti, ogni programma proprio di soccorso in mare.(..) Potremmo, anche qui, continuare a elencare una serie di dati, ma voglio solo riportare la presa di posizione del Segretario Generale dell’ONU, che ha espresso fortissima preoccupazione per le condizioni dei migranti in Libia e ha chiesto a tutti gli Stati di rivedere le politiche di sostegno alla Libia.”
L’esito del voto dimostra che in Italia esiste un partito unico che continua a puntare sulla morte in mare e sulla reclusione dei profughi nei lager libici come strumento di politica dell’immigrazione: il partito unico del nostro disonore.
In questo desolante paesaggio politico, l’unica voce fuori dal coro è stata quella del Papa che, l’8 luglio, nel ricordo del settimo anno della sua visita a Lampedusa ha denunciato l’indifferenza verso gli altri.”Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”: Francesco ha citato questo versetto del Vangelo di Matteo per sottolineare che questo vale “nel bene e nel male! Questo monito risulta oggi di bruciante attualità. Dovremmo usarlo tutti come punto fondamentale del nostro esame di coscienza che facciamo tutti i giorni. Penso alla Libia, ai campi di detenzione, agli abusi e alle violenze di cui sono vittime i migranti, ai viaggi della speranza, ai salvataggi e ai respingimenti (..). La Libia è un ‘inferno’, un ‘lager’, di cui ‘ci danno una versione distillata’. La guerra sì è brutta, lo sappiamo, ma voi non immaginate l’inferno che si vive lì, in quei lager di detenzione. E questa gente veniva soltanto con la speranza di attraversare il mare”
Qual è stata la risposta a questo monito? Il 9 luglio è stata sottoposta a fermo amministrativo, a Porto Empedocle la Sea Watch con la pretesa di verifiche tecniche da parte del paese di bandiera, in modo da allontanare per mesi la nave dall’area nella quale vengono soccorsi i migranti in fuga dalla Libia.
Il partito unico colpisce ancora