Le destre hanno imposto l’approvazione definitiva alla Camera dell’autonomia regionale differenziata, che quindi ora è legge, e l’elezione diretta del Presidente del Consiglio è stata approvata dal Senato nella prima delle 4 letture richieste per le modifiche della Costituzione. Siamo ad una svolta.
Ora è chiaro a tutti, salvo chi non vuole capire che le destre al Governo, unite da un patto di potere, hanno intenzione di usare con durezza il premio di maggioranza (più 15 % di deputati e senatori) per imporre ad ogni costo i loro obiettivi, in particolare per stravolgere la Costituzione e le istituzioni del nostro paese.
Ora è chiaro a tutti il danno che è stato fatto prima delle elezioni del 2022 quando si poteva ancora cambiare una legge elettorale assurda e incostituzionale, ma non è stato fatto, e quando si poteva e doveva costituire uno schieramento alternativo alle destre costruito attorno ai principi della Costituzione per impedire al patto di potere delle destre di stravincere, prendendo il 59% dei parlamentari con solo il 44% dei voti, cioè il 28% dell’elettorato.
Gli errori dell’attuale opposizione oggi debbono lasciare il posto alla consapevolezza che occorre ad ogni costo rimediare a questo disastro, ed è possibile, basta leggere bene i risultati delle elezioni europee. E’ vero che Fratelli d’Italia è arrivato al 28,8 % ma ha perso 700.000 voti e l’insieme delle destre ne ha persi oltre 1 milione, inoltre le opposizioni – se smetteranno di fare come i polli di Renzi – sono la maggioranza.
Sull’autonomia regionale differenziata occorre evitare che Calderoli e i Presidenti di regione (uno a caso: Zaia) creino fatti compiuti difficilmente rimediabili, quindi occorre il ricorso immediato di almeno una Regione alla Corte costituzionale per sollevare un conflitto di competenze che peraltro è evidente.
Se una Regione ottiene poteri, personale e soldi, mentre le altre non avranno nulla, resterà a loro carico anche il debito pubblico, così avremmo la sanzione definitiva che ci sono cittadini di seria A e altri di serie B, anche le imprese dovrebbero fare i conti con una concorrenza drogata tra regioni mentre l’Italia dovrebbe puntare ad un economia di dimensioni veramente europee, nell’interesse di tutti.
In ogni caso occorre mettere in campo il referendum abrogativo di una pessima e pericolosa legge come l’Autonomia regionale differenziata, che è una mina sotto il futuro dei conti pubblici e della coesione nazionale.
Possono proporre il referendum abrogativo 5 regioni e almeno 500.000 elettrici ed elettori. Non sono in alternativa tra loro. Apriamo una discussione di massa che faccia capire che la destra, anche i Fratelli d’Italia, vogliono dividere l’Italia, differenziare i diritti e i territori. La Via Maestra ha già deciso di raccogliere le firme per il referendum abrogativo, appena la legge sarà pubblicata in Gazzetta Ufficiale occorre procedere, in qualunque periodo, in tempo per presentare le firme in Cassazione entro il 30 settembre, come prevede la legge.
Sul cosiddetto premierato ci sono tempi diversi perché una modifica della Costituzione ha regole diverse e ora passa alla Camera, poi ci saranno altri due passaggi sullo stesso testo. Fratelli d’Italia ha cercato di chiudere la prima lettura in contemporanea all’autonomia differenziata a conferma del patto scellerato in cui ogni componente delle destre ha il suo pezzo di scassa-Italia senza curarsi della coerenza, in particolare sui conti pubblici che con l’autonomia entrano in una fase senza controllo e i controllori sono “volpi a guardia del pollaio”.
La destra egemone, Fratelli d’Italia, ha come obiettivo principale di superare una legittimazione a governare discendente dalla Costituzione del 1948, democratica ed antifascista, da loro mai realmente accettata. Non a caso Giorgia Meloni ha chiarito che punta ad una terza (?) repubblica, quindi vuole dare un segnale chiaro di superamento dell’assetto istituzionale e costituzionale attuale.
Andrebbero ricordati alcuni errori che hanno portato la destra a vincere le elezioni nel 2022 con un premio di maggioranza del 15 %, ottenendo il 59 % dei deputati e dei senatori. Maggioranza parlamentare ora (ab)usata con determinazione al servizio di un obiettivo politico. Clamoroso il divieto ai parlamentari della destra di modificare la legge di bilancio 2024 e l’autonomia regionale differenziata alla camera. Un anticipo di cosa comporterebbe il premierato di Giorgia Meloni.
Prima delle elezioni politiche del 2022 era stato chiesto un impegno a cambiare la legge elettorale prima che fosse troppo tardi. Purtroppo la legge elettorale non è cambiata. Quando ormai era troppo tardi per cambiare la legge elettorale era stato chiesto di dare vita almeno ad uno schieramento alternativo alla destra fondato sulla Costituzione, visto il pericolo evidente che la destra uscisse non solo vincitrice ma lautamente premiata come poi è avvenuto, a causa di una legge elettorale assurda e incostituzionale. Ancora una volta nulla.
La sconfitta è stata la conseguenza di una sequenza di errori che hanno sottovalutato colpevolmente gli effetti potenziali della legge elettorale in vigore e le destre ne hanno approfittato. Era evidente che saremmo arrivati a questa situazione.
Nell’attuale opposizione ciascuno è andato per conto proprio “regalando” alle destre una vittoria che poteva essere evitata perché con solo il 44 % dei voti ottenuti non avrebbero potuto imporre nessuna modifica della Costituzione.
La cultura di governo della destra è piegata alla convenienza strumentale di mantenere o guadagnare voti. I guasti saranno pesanti sulla società e sull’economia italiana.
L’autonomia regionale differenziata targata Calderoli rischia di aprire la strada a una crescente disuguaglianza tra territori e diritti dei cittadini riaprendo a suggestioni secessioniste.
L’elezione diretta del Presidente del Consiglio voluta da Giorgia Meloni porta ad un drastico ridimensionamento del ruolo del Presidente della Repubblica, i cui poetri sono ridimensionati, e rischia di rendere definitiva la subalternità del parlamento al Presidente del Consiglio, al cui destino è legato a filo doppio.
L’elezione diretta del Presidente del Consiglio è una novità di fondo, parla alla tradizione e alla pancia della destra. Inoltre per chiudere il cerchio è in arrivo anche il provvedimento Nordio che mette in discussione l’autonomia della magistratura, intestato a FI.
A questi guasti occorre rispondere con tutti gli spazi che la democrazia mette a disposizione. Questo parlamento, pur con uno scontro politico rilevante, non riesce ad impedire scelte inaccettabili e gravi, quindi occorre avere il coraggio di arrivare a coinvolgere direttamente elettrici ed elettori attraverso iniziative referendarie. Referendum abrogativo sull’autonomia differenziata e referendum costituzionale quando sarà possibile per provare a bocciare l’elezione diretta del Presidente del Consiglio sono i due passaggi indispensabili per fermare la destra.
L’argomento di fondo di Giorgia Meloni è fare scegliere ai cittadini chi governa (in realtà chi comanda) ma oltre lo sconvolgimento del ruolo degli altri poteri come Presidente della Repubblica e Parlamento (la nostra è una repubblica parlamentare) in realtà l’elezione diretta avverrebbe in cambio della nomina dall’alto definitiva dei deputati e dei senatori di maggioranza, eletti con il solo obiettivo di sostenere il capo del governo.
E’ ovvio definirlo un passaggio dalla democrazia alla capo-crazia. Sono quindi battaglie di fondo nelle quali occorre provare a coinvolgere settori della società italiana che si sono allontanati dal voto.
La capocrazia che vuole Giorgia Meloni usa strumentalmente l’astensionismo per ottenere il potere per 5 anni, non interessa quanti votano, basta ottenere i voti necessari per vincere. Per sconfiggere questa deriva proposta dalla destra occorre convincere a tornare a partecipare, a votare e questo è il compito storico dell’opposizione.
Quando le destre renderanno chiara la loro proposta di legge elettorale maggioritaria, legata al premierato, si capirà che relegherà il parlamento ad un ruolo subalterno al Governo e soprattutto al Capo.
La Costituzione va essenzialmente attuata e difesa e la Corte costituzionale va incoraggiata a mantenere la rotta che impone che le leggi debbono essere ad essa coerenti. La Costituzione del 1948 è chiara, netta, comprensibile, sintetica, perdersi nei particolari non serve, servono invece leggi coerenti che affrontino i problemi in modo coerente.
E’ il tempo di una nuova era di attuazione e difesa della Costituzione in nome dell’Italia futura e dell’Europa. Le sinistre, i progressisti, i democratici debbono saper cogliere il bisogno di questa svolta.
Il contrasto netto a cui si è arrivati sull’autonomia regionale differenziata e sul premierato, come avverrà – si spera – per la difesa dell’autonomia della magistratura, impone di arrivare ad una linea politica sistematica che chiuda il periodo del revisionismo della Costituzione, limitando eventuali interventi all’insegnamento di Alessandro Pace: solo interventi puntuali e strettamente necessari.
Alfiero Grandi