Macché ritocchi, il premierato va respinto

di Alfiero Grandi - left.it - 16/02/2024
L’impianto del disegno di legge costituzionale Meloni-Casellati è inemendabile, nonostante siano state avanzate proposte alternative. Il referendum è la strada contro lo stravolgimento della Costituzione

Sta iniziando l’esame della proposta del Governo (Melloni-Casellati) per stravolgere la Costituzione. Non deve trarre in inganno il tentativo di dipingere le modifiche come limitate a rafforzare il ruolo del Presidente del Consiglio. La modifica interviene su punti fondamentali della Costituzione, fingendo di non farlo, ma è una balla perché - ad esempio - non è vero che non verrebbero toccati i poteri del Presidente della Repubblica. Al contrario, il ruolo del Presidente della Repubblica verso gli altri poteri costituzionali come Governo e parlamento verrebbe ridotto ad un ruolo notarile, di presa d’atto di decisioni di altri.

Occorre comprendere le ragioni dell’iniziativa del Governo che punta a un’altra Costituzione, fuori dal perimetro di quella del 1948, democratica (fondata sulla separazione dei poteri dello stato) e antifascista perché nata dalla cacciata del fascismo. Pesano le difficoltà del Governo a realizzare risultati convincenti, anche per i suoi elettori, che non dipendono dai ristretti spazi di manovra ma da idee politiche che non sono in grado di affrontare la realtà economica e sociale.

A forza di rappresentare una realtà di comodo del paese si finisce con il non riuscire a misurarsi con quella esistente e si agisce per strappi, per fughe e rinvii, gli unici punti fermi sono la subalternità agli Usa e all’alleanza atlantica più un capovolgimento, tormentato e ambiguo, del rapporto con l’Europa.

Il Governo fatica a governare e deve continuamente trovare colpevoli a cui addossare le responsabilità delle sue difficoltà. La Costituzione diventa il punto di attacco, del tipo: se avessi le mani libere e una diversa Costituzione potrei fare ben alttro. Da qui la spinta per cambiare la Costituzione e di raccontare che lì è la radice della difficoltà di governare. Eppure il Governo usa i decreti legge, che sono atti del solo Governo con effetto immediato, in misura e quantità che non hanno precedenti, obbligando il parlamento a seguire i suoi contorcimenti. Al punto che per evitare ingorghi nell’attività del parlamento, che non riesce ad approvare la grande quantità di decreti legge del Governo, si lavora in pratica a Camere alternate, una esamina e l’altra ratifica il suo lavoro, che è una pratica fuori dalla Costituzione. L’ingorgo nasce da troppi provvedimenti episodici, adottati per fini di propaganda inseguendo i singoli avvenimenti, senza una visione di insieme, tanto meno di lungo periodo. Una continua rincorsa più per fare propaganda (dai rave in avanti) che per costruire risposte politiche organiche ed efficaci.

Viene dimenticato che il Governo Meloni con il 44% dei voti ha ottenuto il 59 % dei senatori e dei deputati, con un premio di maggioranza del 15 %. Nemmeno Berlusconi nel 2008 ha avuto tanto, malgrado avesse ottenuto più voti. Non ha senso insistere nell’attribuire ad altri delle proprie difficoltà a governare e tanto meno questo dipende dalla Costituzione. Al contrario.

Il Governo ha deciso di presentare una proposta che punta ad uscire dall’alveo della Costituzione del 1948 per ragioni ideologiche. Ad esempio per la difficoltà della destra egemone a ripudiare il fascismo (Fini lo fece), per questo quelli che si richiamano al ventennio si sentono autorizzati a dare vita ad iniziative come la commemorazione della strage di Acca Larentia, perchè pensano che oggi sia possibile farlo in presenza di un governo delle destre. In sostanza il Governo parla al mondo della destra con obiettivi tradizionali come il presidenzialismo, che infatti era nel programma elettorale, e come l’autonomia regionale differenziata, più una riforma della giustizia per togliere alla magistratura poteri ed autonomia garantiti dalla Costituzione del 1948.

La proposta attuale del Governo è diversa da quella del programma elettorale, forse per evitare uno scontro frontale con il Presidente della Repubblica che non sarebbe facile da vincere neppure per la destra arrembante di oggi. Quindi si è scelta una via diversa con evidenti tentativi di nasconderne le conseguenze, di cui è un esempio il tentativo di spacciare l’elezione diretta del Presidente del Consiglio come un modo per non intaccare i poteri del Presidente della Repubblica (Meloni conferenza stampa 4/1/24) mentre in realtà è esattamente il contrario.

La proposta del Governo ha una sostanza eversiva per la Costituzione del 1948 fondata sul ruolo del parlamento, cioè della rappresentanza eletta dai cittadini, che ha l’incarico di dare la fiducia (o toglierla) al Governo, di cui guida l’azione attraverso le leggi che approva e di cui deve controllare l’operato. Il ruolo del parlamento è fondamentale contrappeso sia al ruolo del Presidente della Repubblica che a quello del Governo e ha il compito di garantire l’autonomia della magistratura, come afferma la Costituzione, e deve approvare leggi coerenti con la Costituzione altrimenti la Corte costituzionale, altro potere di bilanciamento, può intervenire disapplicandole.

Se il Presidente del Consiglio fosse eletto direttamente da elettrici ed elettori per 5 anni e se il Presidente della Repubblica non avesse alcun potere di intervento sulle sue decisioni e il Parlamento dovesse obbligatoriamente approvare  le decisioni del Governo si arriverebbe alla concentrazione di un potere personale fuori controllo per 5 anni. Se le destre riuscissero a ottenere di nuovo la maggioranza del parlamento grazie ad una legge elettorale maggioritaria, addirittura prevista in Costituzione, che con una minoranza degli elettori consentirebbe di arrivare comunque alla maggioranza del parlamento e quindi anche alla nomina del successore di Mattarella, con la conseguenza che (il La Russa di turno) potrebbe nominare un terzo della Corte costituzionale, presiedere il Csm e quindi influire sull’organo di autogoverno della magistratura.

Giuliano Amato ha parlato del rischio di una possibile deriva di tipo polacco o ungherese, non si può che essere d’accordo.

Le opposizioni parlamentari (e non solo) hanno finora dimostrato di non avere sufficientemente compreso la gravità della sfida che la proposta del Governo porta al sistema democratico garantito dalla Costituzione del 1948.

Non risulta evidentemente chiaro che la maggioranza di destra che ha vinto le elezioni solo perché l’insipienza politica delle attuali opposizioni non ha capito di dovere cambiare la legge elettorale fin che era possibile, lasciando in vigore un meccanismo elettorale che concede un premio di maggioranza enorme al vincitore anche se calano i votanti (nel 2022 il 60%). Purtroppo le opposizioni non hanno capito che nelle ultime elezioni avrebbero dovuto almeno  trovare nella Costituzione le ragioni per unirsi contro le destre, di cui potevano fermare o ridurre le ambizioni.

Ora siamo di nuovo alla Costituzione, che è la linea del Piave da cui le opposizioni dovrebbero passare al contrattacco ribadendone l’attualità, la validità con la scelta di fondo di applicarla pienamente, mentre la destra, tronfia di un risultato elettorale “regalato”, propone un modello costituzionale fondato sull’elezione diretta del capo che tutto dirige e decide, un suo antico sogno.

Ci sarà tempo per tornare sui singoli aspetti, per dimostrare che si vuole sostituire un sistema costituzionale democratico, nato dalla Resistenza antifascista, con uno personalistico e accentratore. Stupisce che autorevoli studiosi strologhino proposte come la fiducia per il solo Presidente del Consiglio che poi nominerebbe i Ministri, come fa Astrid, senza alcun intervento del Presidente della Repubblica, dimenticando quando Previti fu depennato dal Presidente della Repubblica da un Ministero perchè improponibile ? Ci sono altri casi. Che senso ha mettersi sul piano delle modifiche ? E’ l’impianto stesso della proposta che è inaccettabile, per di più è una proposta del Governo che può sempre ricorrere alla sua maggioranza schiacciante e al voto di fiducia, senza neppure ricorrere ad una commissione parlamentare rappresentativa. Tutto verrebbe in futuro deciso dalla ristretta cerchia dei collaboratori di fiducia (e dai familiari) del Presidente del Consiglio. Una vittoria postuma di Berlusconi.

Le opposizioni debbono tentare di fermare l’approvazione di questo scempio della Costituzione del 1948 e della nostra democrazia. Potrebbero non riuscirci e ma debbono mantenere aperta la possibilità del referendum popolare costituzionale impedendo alle destre di arrivare ai 2/3.

Occorre contestare con forza proposte inaccettabili e arroganti delle destre, rendendone il più difficile possibile il percorso parlamentare ma impegnandosi a lasciare aperta la possibilità di ricorrere alle elettrici e agli elettori per respingere questa proposta. Il ricorso al referendum abrogativo rendendo protagonisti elettrici ed elettori potrebbe restare l’ultima possibilità anche sull’autonomia regionale differenziata, ormai legata a doppio filo con questa modifica della Costituzione.

Si può tentare di dimostrare che il collegamento del ddl Calderoli alla legge di bilancio è una finzione visto che è stabilito tassativamente che non deve costare un euro in più, in ogni caso il referendum abrogativo potrebbe riguardare i decreti attuativi del Governo.

Nessuna faciloneria, sarebbe una dura battaglia, ma in fondo la maggioranza di destra rappresenta meno del 28 % dell’elettorato ed è del tutto possibile con una posizione chiara e netta respingere queste proposte. La precondizione è una ferma denuncia del carattere autocratico della proposta.

Sbagliato affermare che passeremmo da una democrazia partecipata ad una democrazia autoritaria. E’ una contraddizione in termini, andremmo ad una svolta autoritaria, autocratica, punto. La democrazia è un’altra cosa. Debbono esserci sempre i contrappesi (chek and balance) all’eccesso di potere accentrato, e la dialettica sociale deve essere libera, perfino sollecitata perchè è un fondamento della vita democratica.

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