Il governo cambia pelle. La continuità è il racconto di un paese che non esiste, in cui tutto va per il meglio, mentre anche nelle relazioni internazionali l’Italia è ai margini, inefficace. L’ansia di costruire una credibilità internazionale del governo lascia il passo a una marginalità evidente, la rivendicazione di essere un ponte tra Usa ed Europa è un’autoesaltazione esagerata. Mentre sono evidenti la ritrosia a prendere iniziative forti per fermare la strage in corso a Gaza compiuta da un alleato come Nethanyau, l’imbarazzo a fare i conti con le follie di Trump non solo sui dazi (contrastate dai magistrati) dipinto addirittura come un riferimento politico, per non parlare dello stallo europeo nel prendere iniziative per la pace in Ucraina nel vuoto che sta lasciando l’inconcludente iniziativa americana.
Sfumano le grandi riforme istituzionali dell’assetto dello Stato
All’inizio il governo Meloni ha usato la grande maggioranza ottenuta in parlamento per dare credibilità a proposte di legge bandiera per le 3 destre al governo: autonomia regionale differenziata alla Calderoli, attacco all’autonomia della magistratura, elezione diretta del Presidente del Consiglio, da trasformare in un capo assoluto del governo, che per di più potrebbe contare su un parlamento subalterno, iniziando la costruzione di una vera e propria “capo-crazia” (Ainis) non lontana da un’autocrazia.
Meloni e Orban
Il luccicore di queste proposte oggi è appannato. La Consulta ha bocciato largamente la legge di Calderoli, il quale oggi cerca di rimontare con un progetto di legge correttivo che ha la sfacciataggine di raccontare all’Italia che i livelli di prestazione che verranno (a chiacchiere) garantiti non costeranno un euro in più. Siamo da capo: alcune regioni forti potrebbero prendersi i poteri perché hanno le risorse mentre altre non potranno farlo. I cittadini sarebbero sempre più diversi tra loro a seconda se risiedono nelle regioni più ricche o in quelle deboli e per di più i cittadini rivolgerebbero le loro critiche alle regioni inadempienti anziché al governo nazionale.
Ora nel mirino c’è la magistratura
L’attacco all’autonomia della magistratura ha conquistato la prima fila tra le modifiche delle destre alla Costituzione, da realizzare ora perché il governo è convinto di vincere il referendum popolare previsto dall’articolo 138 e perché i controlli della magistratura sugli atti del governo gli risultano insopportabili. Ultimo caso la sentenza della Cassazione sui centri di detenzione per i migranti in Albania. Il governo ha deciso di portare avanti l’attacco all’autonomia della magistratura partendo dalla separazione delle carriere ma proponendo il sorteggio della loro rappresentanza nel Csm (anzi dei Csm) per indebolire l’autonomia della magistratura nella nostra Repubblica.
Il premierato per ora marcia sul posto, in attesa, perché questa proposta è vittima anzitutto delle sue contraddizioni. Alcune nel testo, come il rapporto stretto con la legge elettorale e ancora di più il contrasto evidente con il ruolo del Presidente della Repubblica che si vorrebbe drasticamente ridimensionare ma Mattarella è molto apprezzato in Italia e all’estero. Rischiare lo scontro frontale con il Presidente della Repubblica potrebbe essere un guaio per il governo Meloni, per questo sta esaminando altre strade come cambiare prima la legge elettorale, una sorta di acconto sul premierato, e spostare il referendum popolare a dopo le elezioni del 2027. Deve essere chiaro che le destre puntano a essere decisive nell’elezione del nuovo Presidente della Repubblica nella prossima legislatura.
Sulle modifiche istituzionali e costituzionali siamo entrati in una nuova fase. Il governo Meloni ha perso lo slancio del 2022 e usa la maggioranza parlamentare (15% di premio di maggioranza) come un randello sull’opposizione. È evidente l’ansia del governo Meloni di non riuscire a spiegare al paese come mai malgrado tanto potere si sia realizzato così poco nelle politiche concrete.
L’Istat dimostra che il Paese è sempre più in difficoltà
L’ultimo rapporto Istat dimostra che l’Italia è in difficoltà, ha un peggioramento nelle condizioni di vita, i poveri superano i 6 milioni, i redditi da lavoro e da pensione sono in riduzione, non a caso i metalmeccanici sono costretti ad un altro sciopero generale per il contratto. Si rischia perfino di non usare bene i fondi del PNRR o di doverli restituire in parte.
Da questo deriva la frenesia di fare in fretta (e male) con decreti legge affastellati, combinati con i voti di fiducia, diventati una regola, e riducendo il parlamento a un ruolo subalterno al governo, visto che è “obbligato” ad approvare quello su cui il governo chiede la fiducia.
Un tecnicismo rivela la fretta e il clima da caserma in parlamento. Pur di fare approvare in fretta le modifiche della Costituzione sulla magistratura la presidenza del Senato – a maggioranza – ha deciso che il “canguro” (un emendamento del governo che assorbe tutti gli altri) può essere usato già in commissione che è la sede più importante di confronto nell’esame delle proposte di legge. Così si vuole tagliare il dibattito e ottenere un’approvazione rapida delle proposte di legge, il confronto parlamentare con le opposizioni può attendere.
Il manganello per relegare l’opposizione sociale in un recinto
Viene usato il manganello imponendo le decisioni, relegando l’opposizione in un recinto senza darle la possibilità di incidere. Anziché essere parlamento, cioè discussione, è il dominio del noi contro voi, una sorta di nuovo, invisibile muro di Berlino, che cambia la sostanza del funzionamento della democrazia. Le opposizioni stanno ritrovando voce e qualche sintonia in più e questo è positivo, ma debbono trovare la forza di una sintesi che renda evidente all’Italia che una alternativa alle destre è possibile ed è una speranza da sostenere. Un primo appuntamento importante sono i 5 referendum dell’8/9 giugno, ricordando sempre che la partecipazione al voto elettorale e quello ai referendum è diverso. Con i referendum si decide una scelta con un Si o un No, in modo preciso e in questo caso sono diritti di chi lavora e dei migranti per favorirne l’integrazione.
Anche sul decreto sicurezza il governo ha deciso di troncare la discussione per imporre 14 nuovi reati e 9 aggravamenti di pena. Il governo ha trasformato in decreto legge le norme su cui il parlamento stava discutendo da 14 mesi. Difficile sostenere l’urgenza del decreto. L’argomento è stato sottratto al parlamento per accreditare un’iniziativa dura, per fare la faccia feroce con le aree marginali, per colpire le proteste e il dissenso, mentre verso i colletti bianchi ha cancellato il reato dell’abuso d’ufficio, ha reso complicate le indagini dei magistrati riducendo a 15 giorni le intercettazioni.
Evidentemente il clima nel paese è cambiato e si vuole ottenere strumenti di repressione che comportano più galera in un paese che ha le carceri che scoppiano. Una deriva securitaria. Il professor Rondelli ha affermato in parlamento che ogni svolta autoritaria è anticipata da strette repressive giustificate con l’obiettivo della sicurezza, un avviso all’Italia.
Siamo oltre la metà della legislatura e da settori amici il governo viene rimproverato di avere perso tempo e quindi reagisce preoccupato perché il carniere dei risultati non è così forte, solo quello dei tanti condoni, ed usa i numeri in parlamento con arroganza, “dimenticando” l’enorme regalo di maggioranza parlamentare ricevuto, non di voti.
È emerso un lato autoritario per la preoccupazione di avere pochi argomenti a favore e pochi risultati da rivendicare. Che bisogno c’era delle destre al governo per tenere i conti pubblici in ordine ? Bastavano un Monti o un Draghi. Anche perché i conti pubblici in ordine Giorgetti li realizza sequestrando il drenaggio fiscale sulla differenza tra redditi reali, che sono calati, e i redditi nominali che crescono un poco ma vengono ridotti dal prelievo.
La propaganda sostituisce le scelte, viene messa all’indice l’opposizione, spesso insultata, si vuole argomentare senza possibilità di replica, sono tutte tecniche autoconsolatorie. Difficile non vedere similitudini autoritarie con Trump e il suo fastidio per chi la pensa in altro modo, per fortuna anche negli Usa ci sono magistrati coraggiosi.
Magistratura e provvedimenti definiti per la sicurezza sono ora al centro dell’iniziativa di un governo in difficoltà, nervoso, ansioso di fare presto ad ogni costo.
Contrastiamo fino in fondo la proposta sulla “sicurezza”, che vuole impedire le manifestazioni di protesta, i picchetti degli operai che difendono il loro lavoro, vuole cacciare dalle case occupate sbattendo sotto i ponti i più deboli, e prepariamoci ad appoggiare i magistrati contro chi li vorrebbe separati nelle carriere, sorteggiati per azzerare il valore della loro rappresentanza, sotto il controllo disciplinare di una commissione estranea, in sostanza subalterni. Non a caso il Ministro Nordio ha iniziato a criticare sentenze e decisioni dei magistrati, il passo successivo è quello di un governo che punta a dare direttive ai magistrati, sicuramente a quelli inquirenti, mandando in soffitta la loro autonomia dal potere esecutivo.
Più aumentano le difficoltà e sono scarsi i risultati, più aumenta la deriva autoritaria e prepotente della maggioranza delle destre.