In Italia ogni giorno si muore sul lavoro. I tragici eventi di Suviana sono l’ultimo caso di tanti. Forse, mentre va avanti lo scellerato progetto del governo sull’autonomia differenziata, interessa sapere che la sicurezza del lavoro è regionalizzabile. Possiamo essere certi che non sia domani sacrificata sull’altare della competitività del territorio?
Anche l’energia è regionalizzabile, e sull’idroelettrico c’è stato già l’intervento di alcune regioni. Eppure l’energia è cruciale per la transizione ecologica ed è inserita in un contesto con ogni evidenza europeo e internazionale.
Infiniti i dubbi sulle riforme. Ma Lega e Fratelli d’Italia in parlamento forzano il passo, per avere la propria bandierina prima del voto europeo. Per l’autonomia approvazione in via definitiva, per il premierato prima deliberazione delle due richieste. Dopo le urne, però, i tempi si divaricano. Il premierato potrebbe vedere la luce nel 2025, giungendo al referendum (auspicabile) nel 2026. Invece, intese tra stato e regioni potrebbero essere stipulate e approvate con legge già ora, a partire dalla pubblicazione della legge Calderoli.
Il presidente Zaia ci dice che presenterà le richieste di autonomia del Veneto «il giorno dopo» il voto finale sul disegno di legge. Calderoli potrà gestire la formazione delle intese fino a portarle in Consiglio dei ministri. Se il suo progetto fosse approvato in tempi brevi, potrebbe riuscire a portare in Consiglio prima del voto europeo bozze di intesa con una o più regioni. Forse in poche settimane da oggi avremo occasione di vedere l’alba di un’Italia disarticolata in assemblaggio di staterelli, e magari avviata verso una riorganizzazione in macroregioni in base all’articolo 117.8 della Costituzione.
Non si può rimanere inerti. Vanno evidenziati nel tempo parlamentare ancora disponibile, anche con il ricorso al question time, i punti potenzialmente rilevanti in specie per i ricorsi in Corte costituzionale da parte di una o più regioni entro i 60 giorni successivi alla pubblicazione. È la sola risposta che regga il passo di Zaia, perché un referendum abrogativo potrebbe essere inammissibile per il collegamento al bilancio, e sarebbe comunque assai più lento. Con ogni probabilità, infatti, giungerebbe al voto nel 2026.Va anzitutto ribadito che il disegno di legge Calderoli è una legge sul procedimento per concedere la maggiore autonomia. Che viene invece attribuita con la legge approvata a maggioranza assoluta sulla base di intesa con la singola regione. La domanda è: può la legge Calderoli vincolare la successiva legge che approva l’intesa? No, in quanto legge ordinaria non sovraordinata alla legge successiva. La legge che approva l’intesa può modificare, derogare o comunque disattendere la legge Calderoli. A nulla vale il richiamo ai «principi generali» nell’art. 1.1, perché l’auto-qualificazione non cambia la natura della legge.
Ma allora a che serve? A poco. Sostanzialmente, può solo vincolare l’attività del governo nel negoziato con la regione. Sempre però considerando che laddove venisse disattesa ne verrebbe eventualmente solo una responsabilità politica del governo. Questo è il caso per l’articolo 2.2, che attribuisce al presidente del Consiglio il potere di limitare il negoziato con la regione per la tutela dell’unità giuridica ed economica e delle politiche prioritarie. Domandare a Giorgia Meloni se intende porre limiti e quali, a tutela di quali politiche, sarebbe peraltro opportuno. Soprattutto per capire se include tra le politiche da tutelare quelle nazionali e strategiche utili alla riduzione dei divari territoriali e delle diseguaglianze.
Segue dalla premessa che la classificazione delle materie-Lep e non Lep, il procedimento per la determinazione dei Lep, la condizione apposta della previa determinazione dei Lep ai fini del trasferimento sono scritti sulla sabbia. Del resto, anche a voler seguire il dettato legislativo, nelle materie non Lep immediatamente trasferibili troviamo ben 184 funzioni statali in materie di peso, cui si aggiungono le funzioni non-Lep nell’ambito di materie-Lep. Abbastanza per calare subito l’Italia nel vestito di Arlecchino.
Con la norma transitoria (articolo 11.1) che prefigura un percorso in qualche misura privilegiato per le regioni già in pista si conferma come pubblicità ingannevole la prospettazione di un’Italia più giusta e più uguale per l’autonomia. Anche su questo bisogna chiamare il governo a manifestare il suo indirizzo. Spesso a domanda il governo non risponde. Nel caso, bisogna insistere. In politica un assordante silenzio può dirci di più di molte parole.