Proteste in molte città del mondo, partecipazione eterogenea: molti riprendono gli slogan del movimento contro le corporation globali, e contro Big Pharma. Altri si oppongono all’invadenza biotecnica del vaccino. Altri rivendicano libertà di movimento. Altri hanno a cuore il proprio business che boccheggia a causa delle ricorrenti misure di confinamento.
Il principale fattore del cambiamento del panorama sanitario globale è la vaccinazione di massa delle popolazioni del nord del mondo. Mai come adesso la linea di frattura tra il nord e il sud del mondo è apparsa evidente e crudele. Alcuni paesi ricchi del nord si sono accaparrati dosi a sufficienza per una terza, una quarta e una quinta vaccinazione (perché? forse si prevede che le due dosi siano insufficienti? Non è forse questo un argomento che giustifica la sfiducia dei free-vax?).
Il caso più estremo della crudeltà suprematista è quello del labirinto concentrazionario disegnato da Israele in un’area in cui convivono odiandosi il nord e il sud, i colonialisti israeliani e i palestinesi soggiogati. La popolazione di Israele è vaccinata all’80 per cento, e va fiera del suo primato mondiale. Pochi chilometri più a sud, nella striscia di Gaza, vero e proprio campo di concentramento che i concentrati di un tempo hanno imposto agli sconfitti, la percentuale dei vaccinati, all’inizio di agosto 2021, è del 5,2 per cento. Il blocco che Israele impone ai palestinesi di Gaza comporta il divieto di importare beni di prima necessità come alimentari e farmaci. Il risultato, però, è paradossale: poiché il virus non riconosce le distinzioni razziali religiose o nazionali, non possiamo escludere che dalla circolazione del virus a sud e ad est del muro razzista eretto da Israele, emergeranno le varianti capaci di superare il muro invisibile della copertura vaccinale.
Una seconda novità che sta emergendo è quella costituita, appunto, dalle varianti. Fin quando il virus continuerà a circolare, ci spiegano i virologi, anche se il grado di pericolosità diminuisce perché la popolazione più fragile e più anziana è vaccinata, il pericolo di mutazioni aumenta, proprio perché il virus deve aggirare le protezioni che la medicina ha prodotto.
Saranno i vaccini esistenti in grado di proteggere dalle varianti che possono manifestarsi nei prossimi mesi, nel prossimo anno?
Contro l’emergenza eterna
Se nella prima fase della pandemia solo una piccola minoranza dell’opinione pubblica si opponeva alle misure sanitarie, col passar del tempo e con l’incertezza crescente, una parte sempre più vasta della popolazione si ribella contro l’emergenza eterna, e contro discriminazioni come il green pass, che permetterà agli anziani benestanti di andare al ristorante mentre i giovani se ne stiano a casa.
Comprensibili sono le obiezioni di chi nutre scarsa fiducia in vaccini prodotti in tempi accelerati da grandi aziende farmaceutiche che si sono distinte nel passato e nel presente per il loro cinismo (si pensi al caso della criminale diffusione di massa degli oppiacei sintetici negli Stati Uniti).
Qualcuno si spinge fino a vedere la disciplina sanitaria come una persecuzione simile a quella che subirono gli ebrei. Pochi sembrano accorgersi del fatto che l’Olocausto è in pieno svolgimento, ma le vittime non sono i poveri europei costretti a portare ohibò la mascherina, ma gli africani i siriani gli afghani che annegano nel Mediterraneo ogni giorno acciocché i bianchi possano continuare a consumare in pace il dividendo di cinque secoli di colonialismo.
Piripì, Piripì e un’apocalisse più pervasiva di quella pandemica
È vero che l’obbligo vaccinale crea condizioni che possono favorire l’instaurazione di un regime di controllo sociale incline a divenire totalitario. Ma questo non è che un anticipo di quel che accadrà quando saremo costretti a prendere misure per sopravvivere nell’apocalisse metereologica, assai più pervasiva dell’apocalisse pandemica.
In Black Earth, The Holocaust as History and Warning, Timothy Snyder sostiene che in occasione di emergenze drammatiche in cui la vita della comunità è in pericolo si tende ad accettare la formazione di regimi totalitari. Non dovremmo dunque meravigliarci delle misure che gli stati adottano per contrastare l’epidemia, ma soprattutto dovremmo prepararci a misure ben più drastiche cui le autorità ricorreranno presto per fare fronte alle catastrofi climatiche. al cui confronto la pandemia Covid19 apparirà probabilmente come un leggero aperitivo.
Il green pass ha rilanciato la polemica. Paolo Flores d’Arcais risponde a Massimo Cacciari che non è discriminatorio allontanare dai luoghi pubblici chi non ha fatto due dosi di vaccino più di quanto lo sia impedire a un ragazzino senza la patente di guidare un tir, o vietare il fumo negli ambienti chiusi. Considerazioni ragionevoli, ma insufficienti a fermare la protesta crescente di chi ritiene che il Covid sia diventato l’occasione per la formazione di un regime disciplinare.
Si moltiplicano i licenziamenti di operai italiani dipendenti da aziende multinazionali che intendono trasferire la produzione in luoghi in cui il lavoro costa la metà, si estende la precarietà, e il governo Draghi si prepara a sopravvivere fino a quando non avrà compiuto la missione di azzerare i diritti del lavoro con il sostegno dell’intero parlamento a cominciare con i patetici voltagabbana a cinque stelle e con l’eccezione dell’estrema destra che sarà premiata per questo dagli elettori (leggi anche La Gkn e un’idea diversa del lavoro). Ciononostante possiamo prevedere che quest’autunno le strade saranno invase da folle tumultuose che si ribelleranno contro la dittatura del vaccino, mentre la dittatura del grande capitale procede senza troppe resistenze.
Una polarizzazione estrema e quasi rabbiosa si sta verificando nella società tra coloro che, per ragioni diverse non ne possono più dell’allarme mediatico, delle misure di distanziamento, e della discriminazione implicita nel green pass – e coloro che vogliono garantire a se stessi e agli altri il massimo di sicurezza e di protezione contro il virus.
La pandemia ha prodotto una polarizzazione che si insinua pericolosamente nella vita quotidiana, separando litigiosamente il fratello dalla sorella, l’amico dall’amico, il collega dalla collega: da un lato ci sono i piripì che guai guai mettere tutti la mascherina anche al cesso e viva l’obbligo del vaccino. Di là i piripò che viva la libertà basta dittatura e questa è solo un’influenza. Forse sarà solo un’influenza, ma vallo a spiegare agli indiani che secondo stime assai realistiche sono già morti in quattro milioni e mezzo.
Il tramonto della modernità
Il riproporsi periodico dell’onda virale e dell’ansia conseguente è destinata ad accrescere il caos che sta visibilmente disgregando le basi stesse della convivenza civile. La polarizzazione di due posizioni dogmatiche e rissose è stupida perché l’indeterminazione e l’indecidibilità di un processo caotico come l’evoluzione del virus rendono aleatoria ogni descrizione e impotente la decisione politica. La modernità fu lo spazio in cui la decisione razionale istituiva un mondo (la città) riducibile a ragione e a decisione: la infinita complessità della Natura era mantenuta all’esterno di questo spazio. Ma ora quello spazio è invaso dal ritorno della natura, dall’infinita complessità (caos) irriducibile alla percezione, alla previsione, e alla decisione dell’umano.
Il virus è un fattore caotico che dissolve le categorie razionali e si fa beffe della decisione politica. Ma non è che uno dei tanti fattori caotici che stanno irrompendo sulla scena globale – clima, effetti dell’inquinamento radioattivo o microplastico, psicosi depressiva di massa -, sancendo la fine della potenza della decisione e della volontà, illusione della tramontata modernità.
Non possiamo eliminare il male, perché il male ha superato le difese che la ragione politica ha istituito nell’epoca moderna. Possiamo ridurre il danno, contenere il panico, evitare di essere invasi dall’angoscia. E dobbiamo acquisire una saggezza che la modernità non ebbe: quella di riconoscere il limite, di accettare la morte come destino individuale, e la fine del mondo che abbiamo conosciuto.