“Questa è la volta che divento vegetariana!” mi sono detta a leggere come e perché si sviluppa il contagio del covid nei grandi macelli europei e americani. Un girone dantesco, una bolgia orrorosa, immagini splatter che terrorizzerebbero perfino Tarantino, carni sanguinolente che vaporizzano nebbie rossastre e in questo inferno spaventoso lavorano uomini e donne, a contatto strettissimo, con l’impossibilità di usare le mascherine, che affaticano e strozzano il respiro. Carcasse di polli, maiali, bovini, sui nastri trasportatori vanno - con ritmi sincopati - lavorate, sezionate, confezionate, in atmosfere gelide, giusto adatte al mantenimento del coronavirus. E a questo punto sono tantissime le domande che vengono alla mente, sollecitate dai casi verificatisi in Germania, negli Usa e un po’ dovunque nel mondo.
Nessuno ne aveva parlato prima che esplodesse il caso Tönnies, in Germania, ma invece è da mesi che silenziosamente i governanti sapevano cosa accadeva nei macelli del loro paese e non hanno fatto niente, in nome del guadagno. Ma a noi restano davvero dei dubbi inquietanti: perché questi contagi selvaggi proprio nei macelli? C’entra qualcosa il fatto che i virus aviari per arrivare all’uomo debbono passare attraverso dei veicoli intermedi in genere rappresentati dai maiali? C’è un serio pericolo di contagiarsi mangiando la carne di polli, maiali, bovini che provengano dai grandi macelli che forniscono carne in tutto il mondo e che sono risultati infetti? E in Italia, come stanno le cose? Abbiamo cercato di avere queste risposte leggendo e informandoci sui giornali e sul web.
Covid nei macelli: dove, come, perchè
Improvvisamente, buttata là, senza darle troppo rilievo, compare una notizia inquietante: ci sono
1535 operai di un macello Tönnies del Nordreno-Vestfalia, uno dei più grandi mattatoi d’Europa, positivi al coronavirus. L’infezione si allarga di ora in ora tanto che le autorità tedesche stanno pensando di istituire una nuova zona rossa.
In Germania è forte il timore che l'infezione si propaghi nel resto del Paese, che ha visto balzare l’indice di contagio da 1,79 a 2,88, stando all'ultima segnalazione dell'Istituto Robert Koch.
L'impianto ha interrotto l'attività, 7000 persone sono in quarantena, le scuole sono state chiuse e il panico dilaga fra la popolazione.
Paolo Valentino, corrispondente da Berlino del Corriere della sera, scrive a questo proposito qualche giorno fa: “Il «disastro della Tönnies» produce la conseguenza più grave e più temuta. Gli oltre 1550 contagi registrati nel più grande mattatoio d’Europa spingono il premier del Nordreno-Vestfalia, Armin Laschet, a ripristinare il lockdown nella circoscrizione di Gütersloh, dove vivono oltre 360 mila persone e dove sorge l’impianto. E successivamente il provvedimento viene esteso al vicino distretto di Warendorf. In totale le persone colpite dalle restrizioni salgono a 560.000. Per la prima volta dall’inizio della pandemia in Germania, le misure restrittive vengono ripristinate in toto in un intero circondario, dopo essere state abolite, per evitare che il focolaio si allarghi al resto del Land.”
Il motivo della virulenza dei contagi ha radici nella situazione sociale dei lavoratori. Sotto accusa sono infatti anche le condizioni di lavoro di un modello industriale che mira a ridurre al minimo i costi per poter offrire sul mercato carne a basso prezzo”. Scrive ancora Valentino “L’esplosione del contagio a Rheda-Wiedenbrueck, la città che ospita il mattatoio, ha fatto emergere una spaventosa realtà sociale ed economica. Buona parte delle maestranze sono infatti «Gastarbeiter» provenienti da 87 nazioni, in maggioranza polacchi e rumeni. Assunti per conto di Tönnies da società sub-appaltatrici con salari notevolmente inferiori al minimo garantito vigente in Germania, vengono alloggiati in condizioni terribili, in appartamenti super affollati, anche in 40 o 50, con un solo bagno, senza alcun rispetto delle minime regole d’igiene e sicurezza. Molto spesso privi di automobile, vengono trasportati dalle imprese che li impiegano ammassati in piccoli bus o furgoni.” E pagati con salari di molto inferiori al minimo in vigore in Germania, grazie all’ escamotage, al trucco di venire assunti e gestiti da società sub-contraenti con sede in Polonia e Romania, che applicano le tariffe locali, molto più basse di quelle tedesche.
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Tuttavia l'Istituto federale tedesco per la valutazione dei rischi (BfR) ha annunciato che finora non sono stati segnalati casi di coronavirus dovuti al cibo infetto, infatti il virus "non può moltiplicarsi nel cibo; ha bisogno di un animale vivo o di un ospite umano per farlo - ha dichiarato a Euronews Volker Hingst, dottore in igiene e medicina ambientale, microbiologia ed epidemiologia - poiché i virus sono sensibili al calore, il rischio di infezione può essere ulteriormente ridotto riscaldando il cibo. Il lavoratore di un macello infetto da SARS-CoV-2 non comporta alcun rischio aggiuntivo significativo per la trasmissione del virus".
Secondo un rapporto pubblicato dal Food and Environment Reporting Network, già nella prima parte del mese di giugno in Europa si contavano 2670 casi confermati di Covid-19 tra i dipendenti di macelli e impianti di lavorazione della carne. Oltre alla Germania, focolai si sono verificati in Irlanda, Francia, Olanda, Spagna. Nel Regno Unito di recente un focolaio di Coronavirus è scoppiato all’interno di un impianto di lavorazione della carne del 2 Sisters Food Group, uno dei maggiori produttori alimentari nel Paese, che rifornisce catene di supermercati e fast-food come Marks & Spencer e KFC. Un centinaio di dipendenti si sono messi in auto isolamento in via precauzionale e per paura di portare il virus a casa.
Negli Usa oltre 180 impianti di macellazione della carne sono stati colpiti dal Coronavirus e si contano oltre 24.000 contagi e poco meno di cento vittime tra i dipendenti dei macelli e dell’industria di trasformazione delle carni. Quindi questa industria è stata colpita duramente dalla pandemia di coronavirus: circa 10mila dipendenti sono risultati positivi o sono stati esposti direttamente al virus, 30 persone sono morte.
Molte aziende hanno chiuso i battenti, causando una carenza dei rifornimenti in molte zone del paese, tanto che il presidente Trump ha usato i poteri di guerra del Defense Production Act per firmare un ordine esecutivo per riaprire o mantenere aperti i grandi impianti di macellazione e lavorazione delle carni.
Una decisione che è stata definita "pericolosa" dal più grande sindacato dell'industria della carne del paese, che ha chiesto alla Casa Bianca di "ordinare immediatamente a tutte le aziende di confezionamento della carne di avere il più alto livello di equipaggiamento protettivo", in modo che tutti i lavoratori che lavorano al confezionamento della carne "siano controllati ogni giorno, che gli standard di distanza siano applicati in tutti gli stabilimenti e che tutti i lavoratori infetti abbiano diritto ad un congedo di malattia interamente pagato".
La filiera della trasformazione della carne è sempre meno gestita da macellatori indipendenti e sempre più ciascun macello è un anello di filiere enormi, in mano a colossi di dimensioni planetarie come Cargill e Tyson Food. In questo processo di disumanizzazione e di globalizzazione selvaggia, i macelli sono diventati luoghi dove vigono condizioni di lavoro che vengono sovente accostate alla schiavitù e il fatto che abbiano sempre continuato a lavorare durante la pandemia (almeno fino allo scoppio dei focolai), ha favorito la diffusione del coronavirus, all’interno e all’esterno.
L’effetto drammatico di qualsiasi interruzione nella sequenza della filiera di trasformazione della carne è l’abbattimento obbligato di migliaia di capi che gli allevatori non si possono più permettere di mantenere, a causa del decremento degli acquisti da parte dei colossi del commercio della carne.
In Europa preoccupa la situazione della Germania, come dicevamo, e quella dell’Olanda, dove sono stati registrati quasi 150 casi in uno stabilimento per la lavorazione della carne di maiale ai confini con la Germania. In Spagna ci sono stati oltre 200 casi in un impianto vicino ad Aragona (di Litera Meat), mentre in Irlanda i contagi accertati sono oltre 560, in 10 stabilimenti, uno dei quali è in un impianto per la macellazione dei suini in cui ci sono stati oltre 120 casi.
Situazione in Italia
Dunque, da quello che abbiamo letto, si evince che i focolai che stanno interessando i macelli in Europa e nel mondo, in particolare negli Usa e Brasile, non dipendono dagli animali o dalle carni che vi vengono lavorate, ma dai luoghi in cui donne e uomini lavorano in condizioni sub umane, sotto pagati ed esposti a ogni genere di contagio.
Non è casuale che questo in Italia non sia accaduto. Gli impianti di macellazione per definizione sono “Industrie insalubri di prima categoria”, sono quindi luoghi molto esposti alle contaminazioni e per questo da sempre le norme e le rigide prassi igienico-sanitarie devono essere rispettate per tutelare i lavoratori ed evitare contaminazioni.
Non dimentichiamo che nei macelli italiani e negli stabilimenti di sezionamento e lavorazione delle carni, la gestione delle operazioni è ispezionata e certificata da Veterinari Ufficiali del Servizio Sanitario Nazionale, che sono costantemente presenti lungo tutti i passaggi della filiera.
Il compito dei Servizi Veterinari della sanità pubblica consiste nel garantire buone prassi di lavorazione che comportano anche la tutela della salute degli addetti e quella degli stessi Ispettori Veterinari che in quei macelli e in quei laboratori garantiscono il rispetto del benessere animale e la salubrità delle carni che finiscono sulle tavole dei consumatori.
Anche in Italia, tuttavia, a Palo del Colle in provincia di Bari, ci sono stati dei casi di contagio nello stabilimento di trasformazione delle carni Siciliani, ad aprile scorso. Lo stabilimento è stato subito chiuso, sanificato e i contagiati messi in isolamento. Ma già dal 2 maggio lo stabilimento è stato riaperto dato che l’azienda ha messo a punto, con il dipartimento di Prevenzione della Asl di Bari, un «protocollo rigoroso e all’avanguardia in Italia» con dettagliate misure di sicurezza (mascherine, distanziamento tra i lavoratori, controllo della temperatura, sanificazione degli ambienti). Contestualmente la Asl ha eseguito 468 tamponi sui dipendenti, che hanno dato esito positivo per 71 di loro. «Acquisiti tali risultati - spiega Siciliani Spa in una nota - la società ha anche deciso di eseguire un ulteriore screening, mediante test sierologici, sui soggetti già risultati negativi al tampone. Tanto al fine di assicurare la riammissione in stabilimento dei soli soggetti non affetti da Covid-19».
Ma a parte quello di Palo del Colle, in Italia non ci sono stati altri casi. Il controllo veterinario è molto attento e severo qui da noi, come lo fu a suo tempo nel caso della “mucca pazza”..
Vogliamo chiudere questa piccola sintesi della questione, citando il dottor Aldo Grasselli, presidente del Sindacato italiano veterinari di medicina pubblica (Sivemp) che specifica: “A mio parere non ci sono focolai nei macelli ma tra gli addetti a questo tipo di lavorazione. Quindi non parlerei di un “caso macelli”, tantomeno in Italia dove si è registrato un caso in provincia di Bari tra gli addetti alla lavorazione. Le situazioni registrate all’estero a mio giudizio andrebbero approfondite, conducendo, qualora i dati indicassero una vera emergenza, due tipi di indagine epidemiologica: una sui lavoratori – e il contesto socio-sanitario in cui vivono – e una nel contesto di lavoro”.
Barbara Fois