La Meloni l’ha pomposamente, retoricamente chiamata “ la madre di tutte le riforme”, questa sua trasformazione costituzionale, che riguarda il presidenzialismo. La cosa è preoccupante, visto che abbiamo capito da tempo che la Meloni non solo come presidente del consiglio, ma anche come legislatore è davvero come minimo inadeguata. Scrive a questo proposito Staglianò su Tiscali News: “Il 78% dell’attività legislativa è svolta dal suo governo con decreti-legge. E la media delle leggi approvate dalle camere è di quattro al mese, la più bassa degli ultimi quindici anni. Nessuno più di lei sa quanto esigua sia oggi la sua base parlamentare, pur nella legittimità del risultato elettorale e del suo esecutivo. Il 26% dei suoi consensi sono calcolati sulla base del 64% degli aventi diritto al voto — in cifre assolute 12,3 milioni per tutto il centro destra, persino meno dei voti di cinque anni prima. Numeri che non le danno alcuna legittimità morale a stravolgere la Costituzione.”
Eh già, perché la nuova pensata geniale che si è tirata fuori, come un mostruoso coniglio da un cilindro sbrindellato, è quella di costruire per il premier un posto di potere assoluto, da cui nessuno possa scalzarla: la donna sa quello che vuole e per ottenerlo è capace di passare su tutti con le scarpe chiodate. Del resto lo ha già fatto: Giambruno docet. Per non dire del povero Talò, costretto a dimettersi e ad assumersi una colpa non sua.
tagliategli la testa!
Ma torniamo alla riforma che la Meloni, come dicevamo, con pimpante sicumera ha presentato come “la madre di tutte le riforme”. La madre ignota forse, che proprio nella sua lingua romana è diventato “mignotta”. Eh sì, perché la m.ignota, voce dolorosa nei registri dell’anagrafe di un tempo, il sarcasmo romano l’ha fatta diventare mignotta, con una accezione non proprio benevola e rispettosa. Noi siamo certi che è proprio in quell’accezione che va interpretata questa riforma, al di là dell’arroganza con cui viene presentata.
Abbiamo letto il testo di questa riforma, che vi accludiamo in appendice, e che davvero non potremo definire in altro modo. Non stiamo parlando di presidenzialismo, o di cancellierato, infatti, qui si parla di una persona sola al comando, che fa e disfa come le pare – svuotato il parlamento di ogni ruolo e competenza – e che è praticamente impossibile rimuovere.
Per blindare il premier eletto, infatti, ci sarà da fare anche una legge elettorale ad hoc. In questo folle nuovo ddl costituzionale ( il cui estensore ufficiale oltre Meloni è la Casellati… do you remember?) viene specificato infatti che ci sarà un premio di maggioranza che garantisca il 55% dei seggi a chi vince. Resta però aperta la questione se il premier sarà eletto a turno unico o col ballottaggio. Problema spinoso che spacca il centrodestra, infatti la Lega è contraria. Sarà quindi la riforma del sistema elettorale a sciogliere il nodo.
Secondo le ultime bozze del disegno di legge costituzionale che circolano, la riforma andrebbe a modificare 3 articoli della Costituzione: l’88 sul potere del capo dello Stato di sciogliere le Camere, il 92 sulla nomina del premier e il 94 sulla mozione di fiducia e sfiducia al governo.
Non è previsto per il premier eletto alcun limite di mandato. Potrebbe essere però introdotto dal Parlamento. Ed è l’articolo 2 del ddl a disciplinare l’elezione del premier e a tracciare i principi di massima del sistema elettorale: in virtù della riforma, stando alle bozze, al capo dello Stato non spetterebbe più il potere di nomina del premier (come prevede oggi l’articolo 92), ma quello di conferire l’incarico al premier eletto, come un qualsiasi notaio, mentre manterrebbe il potere di nomina dei ministri, su indicazione però del capo del governo.
Nel testo predisposto dalla ministra Casellati si ipotizza che, nel caso in cui il premier si dimetta o decada dal suo ruolo, il presidente della Repubblica possa assegnare l’incarico di formare un nuovo governo sempre al premier dimissionario, o a un altro parlamentare eletto e collegato al presidente del Consiglio. Insomma, se Meloni si dimettesse, la palla potrebbe passare al cognato, per fare un agghiacciante ma calzante esempio.
Abrogato anche il secondo comma dell’articolo 59 della Carta, dove sono previsti i senatori a vita nominati dal presidente della Repubblica tra i cittadini che “hanno illustrato la Patria”.
Resterebbero in carica gli attuali Liliana Segre, Mario Monti, Carlo Rubbia, Renzo Piano, Elena Cattaneo. In seguito saranno senatori a vita solo i presidenti emeriti della Repubblica. Perché? “Con la riduzione del numero di parlamentari si è ridotto il margine delle maggioranze”, afferma la Casellati. I senatori a vita insomma potrebbero rappresentare una distorsione nelle maggioranze uscite dalle urne. E certo, perché queste persone sono gente per bene, colta, fuori dagli schemi e non corruttibili, che pensa con la sua testa e dunque è pericolosa. Insomma questo ddl è il giusto coronamento di una conduzione legislativa fallimentare.
Ma davvero la Meloni può cambiare la Costituzione anche da sola, come ha millantato? Vediamo quali sono le tappe previste dalla nostra stessa amatissima Carta: le ha ricordate il socialista Rino Formica, richiamando il disegno di legge costituzionale presentato nel 2008 (primo firmatario Oscar Luigi Scalfaro), dopo la bocciatura del referendum voluto da Berlusconi: «Ogni revisione costituzionale, per prima cosa, deve essere approvata da almeno i due terzi del parlamento. La seconda: in ogni caso, persino con l’approvazione unanime, la modifica andrà sottoposta al referendum costituzionale obbligatorio». Dunque solo una che vive nel mondo Fantasy può pensare di poter fare a modo suo sul serio e diventare una inamovibile ducetta. Il riferimento infatti è a Mussolini con la legge Acerbo n.2444 del 18 novembre 1923 (che coincidenza di date, eh?) e che entrò in vigore alle elezioni politiche del 1924. Questa legge fu fatta per assicurare al Partito Nazionale Fascista una solidissima maggioranza parlamentare. Inoltre durante le elezioni del 1924 ci furono prepotenze e violenze di ogni tipo e condizionamenti, vessazioni e brogli, come denunciò Giacomo Matteotti, che finì come tutti sapiamo. La "legge Acerbo" fu applicata nella sola tornata elettorale del 6 aprile del 1924, e per le elezioni del 1929 venne introdotto un sistema plebiscitario, per cui gli elettori potevano solo votare SÌ o NO, per approvare o respingere in toto la lista dei deputati.. È questo che vuol fare la destra meloniana?E noi glielo lasceremo fare? Io non credo proprio. Perché la nostra Costituzione è ancora in vigore e non consente cose del genere: la lezione del passato è stata maestra per i nostri Padri Costituenti. E questo lo sanno anche i fascisti. E allora a cosa serve tutto questo polverone sollevato dalla destra?
La risposta che si dà Staglianò è verosimile ed è questa: “Ma l’obiettivo della destra-destra non è la soluzione dei problemi quanto l’agitazione identitaria. Nel suo mirino ci sono gli equilibri costituzionali su cui è incardinata la Repubblica antifascista: la figura di garanzia democratica del Capo dello Stato, incarnata oggi egregiamente da Sergio Mattarella, e le funzioni della Corte costituzionale a protezione dei fondamentali repubblicani. La destra meloniana — tanto popolare come pensa di essere — non dovrebbe avere difficoltà a consegnare lo scettro finale al popolo sovrano attraverso il referendum costituzionale. Se invece l’obiettivo del suo progetto è restaurare la sovranità del tiranno, allora sì: «perché non un re?». La reazione secca della segretaria del Pd stavolta ha centrato il bersaglio. Con queste poche parole. “
Aristotele, nel V capitolo della Politica, individuò tre tipi di tiranno: il capopopolo o demagogo, che acquisisce il potere travestendosi da difensore degli umili; l'ex magistrato, che fonda il suo potere assoluto partendo da una base istituzionale; il monarca o l'oligarca degenerato, che non sopprime ed anzi aumenta i privilegi dell'aristocrazia. Non ci sono dubbi su che tipo di tiranno sarebbe la sora Giorgia, intrisa di falso populismo e di totalitarismo d’accatto com’è. Ma è solo questo che la destra sa fare e che continuerà a ripetere sempre, non avendo altri modelli a cui rifarsi, né la cultura per evolversi.
Ma soprattutto ha ragione Michela Murgia quando scrive, nel suo pamphlet “Istruzioni per diventare fascisti”: “Viviamo tempi in cui i fascisti non si nascondono più. Votano. Si candidano. Vengono eletti. Ti mostrano il braccio teso. Tanto, se è per commemorazione, anche la Cassazione dice che si può fare, e li assolve. Parlano dei tempi in cui c’era Lui, anche se sono nati nel 1994. Per un sacco di tempo, i giornali in Italia questi fascisti li hanno chiamati ‘nostalgici’, cioè gente dal cuore tenero con lo sguardo rivolto al passato. Perché forse, non so, chiamarli fascisti sembrava inelegante, pareva brutto. Dice ‘raduno di nostalgici’. Nostalgici di che? Di che cos’è che hanno nostalgia? Nostalgici del fascio, quindi fascisti”.
Eppure ci sono delle disposizioni di legge contro l’apologia di fascismo: c’è la cosiddetta Legge Scelba n.645 del 1952, una disposizione transitoria e finale della nostra Costituzione, ritoccata poi nel 1975. Oltre che dalla Legge Scelba, la materia è regolata anche dalla Legge Mancino del 1993, che all’articolo 2 punisce “chiunque, in pubbliche riunioni, compia manifestazioni esteriori od ostenti emblemi o simboli propri o usuali” di organizzazioni, associazioni o movimenti “aventi tra i propri scopi l’incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi”.
Noi sappiamo bene che le occasioni non mancherebbero certo per applicare queste disposizioni di legge, ma chissà perché nessuno lo fa mai. E tuttavia invece il principio fondamentale che va osservato, se vogliamo vivere in una comunità civile, è il rispetto delle regole concordate e delle leggi, insieme alla certezza della pena per chi le infrange: forse è il caso di cominciare a prendere la cosa in seria considerazione. A qualunque età, nessuno escluso.
Ma non dobbiamo credere che il populismo e il sovranismo della Meloni sia solo di facciata: non solo per i rapporti che ha stretto con i più radicali sovranisti d’Europa, ma per qelli che ha avuto con Steve Bannon, ideologo estremista di destra, che ha incontrato diverse volte. Bennon è un ex consigliere di Trump, da lui graziato dopo essere finito in galera, con l’accusa di essersi intascato i soldi raccolti per costruire il muro con il Messico. Un uomo tutto d’un pezzo, un vero idealista, insomma. Inoltre è stato il fondatore di una scuola di sovranismo qui in Italia, nella Certosa di Trisulti, in provincia di Frosinone. Fortnatamente nel 2021 è stato, insieme ai suoi accoliti, cacciato dalla Certosa, poi riaperta al pubblico e al culto. La cosa ha comunque del surreale: insegnare il sovranismo e creare nuovi leader politici che scardinino l’attuale Unione Europea per sostituirla con una di stampo populista, con le idee così ristrette da non poterle nemmeno chiamare tali. Fa venire i brividi.
Questo per dire che i pericoli di lasciare alla Meloni il potere di rifare la nostra Costituzione a suo uso e consumo, sono reali e sono inquietanti . Come ebbe a dire Aldo Moro, dal buio amaro della sua prigione: “Quando non si può fare niente e tutto è perduto, bisogna almeno cercare di capire".
Appunto. Cerchiamo di capire e di provvedere, già che almeno noi siamo ancora in tempo.
Barbara Fois
Approfondimenti
Se volete sapere un po’ di più di Fratelli d’Italia e di Bannon
https://it.wikipedia.org/wiki/Fratelli_d%27Italia_(partito_politico)
https://www.repubblica.it/politica/2018/12/29/news/trisulti_bannon_monastero_sovranisti-215433936/
https://www.facebook.com/ReportRai3/videos/steve-bannon-e-la-santa-alleanza/704189620086561/
Segnalo anche la definizione del fascista italico in Ennio Flaiano, Diario degli errori, 1970