La conferma di Putin era un evento scontato, quella di Trump lo potrebbe diventare. Ed ecco, il mondo dopo dieci anni ritrovarsi come dieci anni prima, con dieci anni di contraddizioni in più. Nel pezzullo precedente dicevo che i muri ci circondano e si sono innestati in noi. Crolleranno, lo do per certo come la Storia insegna, ma nel frattempo li prendiamo in faccia, ragioniamoci.
Se non si cambia il metodo, il processo, le convinzioni ogni risultato nuovo nasce già vecchio. Aggiungo: non cambiando il sistema di riferimento chi siano i giocatori in campo conta molto relativamente. Faranno esattamente ciò che è stato scritto per loro, recitando il copione imposto dalla parte assegnata, ricominciando da dove si sperava avessero finito. Certo – almeno guardando agli Stati Uniti - esiste il fattore umano, l’imprevedibilità del comportamento e delle scelte. Almeno così è rappresentato nella narrazione democratica. Ma consideriamolo un elemento da Statistica, la scienza che ci insegna come la certezza esista solo dopo, a fatto compiuto e comprovato, e come prima tutto fluttui nel campo delle variabili con probabilità varianti.
Allo stato attuale è dunque possibile/probabile che ci si trovi, tutti noi più vecchi, a vedere – ancora e per un tempo indefinibile- la stessa commedia con la stessa trama e gli stessi attori, nello stesso palcoscenico. E’ successo davvero in un teatro a Londra dove per decenni si è tenuta in cartellone la stessa commedia. Si chiamava Trappola per topi. Here we are!
Due pesi..
Quando cerchiamo di chiarire il termine unità di misura inciampiamo in una definizione canonica L'UdM è una quantità concordata di una grandezza. Tale quantità viene assunta come termine di confronto per tutte le grandezze della stessa specie. A questa perimetrazione un po' ovvia la scienza di turno aggiunge il solito comma: di tutte le grandezze alcune sono considerate ed assunte come fondamentali in quanto ne discendono tutte le altre, chiamate derivate.
Se scegliessimo l’importanza/rilevanza del Cittadino come unità di misura e confrontassimo, tramite questa udm governi e governanti diversi avremmo risultati singolarmente uniformi.
Putin ha chiamato alle urne, con un mandato in scadenza da Presidente, gli elettori russi. Questi lo hanno votato sulla base di un programma piuttosto semplice: salvare il paese dalle minacce occidentali. Ha preso una maggioranza imbarazzante. Naturalmente la UE è corsa a gridare allo scandalo, all’asservimento del Cittadino, alla violazione dei più elementari diritti democratici. A mio avviso non c’era granché da manipolare. Chiunque mastichi un filo di storia Russa conosce il livello di patriottismo e nazionalismo intrinseco a quella cultura popolare. Nessuno in guerra toccherebbe lo Zar. Lo hanno fatto solo Lenin e Trotzkj, ma quando la ritrovi un’accoppiata così? Le anime belle di tutta Europa rimproverano a Putin comportamenti anti democratici? E’ come stupirsi per l’eccesso di velocità al circuito Formula 1 di Monza.
Guardiamo piuttosto al nostro di perimetro. Macron continua a fare il belligerante, il perfetto guerriero gallico. Asterix. Minaccia possibili interventi diretti, possiede pure l’atomica che gli ha lasciato in eredità De Gaulle. Ha in mano una delega popolare assumendo questa posizione così rischiosa per il futuro? No. Lo ha deciso di testa sua o con il suo comitato ristretto. Si sente forte del suo potere, assunto con le elezioni. Cioè: con meno del 28% su un totale di elettori pari al 78% degli aventi diritto, decide su una materia – la guerra! – che è un rischio collettivo. Molto democratico. Dico, consultarsi con i Cittadini su temi così complessi e dirimenti, mai? Nell’unità di misura rilevanza del cittadino nelle scelte del Paese, i due ‘campioni’ non paiono dissimili. Avuto il potere lo esercitano. Tuttavia la formuletta sulle unità di misura ci ricorda che abbiamo delle derivate qualificanti, segnaliamone una vistosa. In questo ed in altri casi il Cittadino francese può lamentarsi ed al limite protestare per strada, se non fa troppo rumore altrimenti sono botte. Quello russo non può. Non è poco, ma è ancora niente.
Alle elezioni per il Potus, di novembre prossimo, l’anziano Biden si presenterà all’elettore americano con un tema originale: salvare la democrazia dalle mire orientali. Avrà di fronte un altro anziano con un programma altrettanto fresco: put america first. Gli ispanici ed i latini, quasi maggioranza negli States, lo hanno ribattezzato puta america. Sintesi efficace. Al Cittadino che vorrebbe magari discutere un programma di pace e sviluppo, di giustizia sociale in un paese diseguale per eccellenza, è lasciata la possibilità di lamentarsi. Al limite protestare in strada, ma senza fare troppo rumore, specie se si è di colore. E’ un filino rischioso, quasi come per una donna sposarsi in Italia.
Due pesi uguali sulla bilancia? Forse no, ma di certo sembrerebbe simile il dito tenuto in pressione sul piatto, utile per scompensarla e farla pendere dove serve. Questa è l’UdM meno visibile, ma più efficace: il grado di pressione delle lobby di potere. Nessuno, di qua e di là del muro, vuole una guerra atomica. L’aggettivo preoccupa perché rende tutti uguali dentro un portacenere. Ma forse il sostantivo guerra va bene perché è sempre un grande business.
Annotazione a margine, sembra che Marine Le Pen, spiazzando l’amico Salvini, sia passata come sostegno e schieramento da un fascista all’altro, da Putin a Zelenskj.
Due misure..
Passando dall’infinitamente grande e complesso della geopolitica alle misure modeste della politica italiota, in questi giorni ritrova notorietà una coppia di scoppiati. Renzi e Calenda che cambiano carrozzone. Del primo si è avuto modo di discettare varie volte, anche troppe. Il secondo merita qualche istante di pensieri in libertà essendo significativo, a sua insaputa, in quanto unità di misura del fallimento.
Come sappiamo anche Calenda gode di una formazione politica simile a quella dei due Mattei, il pingue ed il toscano: la tibbù. Ma mentre i due, rivelando orientamenti precisi, giocavano per soldi in programmi di intrattenimento Calenda faceva cultura. La sorte l’ha fatto nipote di un regista italiano di buona fattura, Comencini, che lo scelse come coprotagonista della serie Cuore affidandogli, con l’acume tipico degli artisti, la parte della mezza sega.
Era Enrico Bottini, il biondino paffuto e borghesuccio con genitori invadenti e saccenti. Un futuro caso clinico, creatura. Bottini personaggio ha come caratteristica guardare gli altri fare le cose ed essere sé stessi, annotando a margine, su un diario un filo stucchevole, pensierini vari di commento. Diciamo che a Calenda l’imprinting bottiniano è rimasto. Il nostro è persona attiva nel giudicare, chiosare, annotare a margine su tutti e tutto ma di suo non realizza una cippa mediamente durevole. In quanto ad essere sé stesso non credo ne abbia chiara nozione. Intendo: in politica, nel privato sono affari suoi.
Carletto Calenda, con la sua faccina da centrostudi della Confindustria, è l’UdM del fallimento del centrosinistra. Ha dichiarato in questi giorni, a giustificazione del suo passaggio armi e bagagli allo schieramento del centrodestra in Basilicata, il centrosinistra non sa governare manco un condominio. Più o meno così. Per la verità sono d’accordo con lui, ma estendo il giudizio anche al centrodestra, assunto che l’intero Paese va in mona perché in nessuna parte politica qualcuno è all’altezza del compito. Diciamo che magari poteva pensarci un filino prima, ma vabbè ognuno dà quello che ha.
Perché fallisce il centro sinistra? Per la stessa natura del suo nome che è un ossimoro. Con gli ossimori si fa poesia mica politica. Prodi, Letta ed ora Schlein si sono tramandati questa minchiata del campo largo. Una roba grottesca che ha unito a suo tempo Bertinotti e Mastella. Due tipi esotici che hanno in comune solo l’inutilità. Con le alleanze, impastrocchiate tempo per tempo, il Piddì ha messo su un’unica griglia pesce da arrostire, torta da cuocere, caffè da scaldare. Tutto insieme. Poi ci si lamenta che sia immangiabile. Vabbè.
Le storie dei tre sono differenti, per un piccolo grande dettaglio. Prodi ha avuto la fortuna, lui non l’Italia, di aver avuto Berlusconi in piena forma. Avversario rumoroso che con la sua smania di protagonismo e le sue uscite inopinate gli ha fornito un alibi gigantesco per giustificare il vuoto progettuale e quelle sgangherate ed insulse alleanze, sempre fallite. Letta invece ha goduto meno dell’anti-berlusconismo perché il Cav con tutte le sue minchiate si era già fatto fuori da solo. Enrico ha dovuto impostare un’ammucchiata addirittura più larga dell’Ulivo, dette larghe intese ( perché non lunghe? presumo dubbi sulla durata data l’ambiguità dell’aggettivo) con dentro Alfano el desaparecido ed altri soggetti esotici. Adesso la Schlein, creatura, non ha nemmeno più il Cattivo Antidemocratico. Deve invece fare i conti con la sora Giorgia che piace a tutti gli italiani perché ride ed imita e zampetta, vispa come la brunetta dei Richi&Poveri.
Il prodotto innovativo del pensiero schleiano è stato rispolverare la solita alleanza sbilenca chiamata stavolta Campo Largo ( anche questo, perché non lungo? ). Ci ha buttato dentro – quando è riuscita -quel che resta dei Cinquini, il Piddì, ed a tratti anche il Calenda di cui sopra. Ci ha pigiato dentro di tutto meno che un’identità ed un progetto. Ancora una volta chi ha votato il sarchiapone l’ha fatto, come ai tempi di Prodi, perché non voleva lasciare la scheda bianca al riconto della destra oppure perché, come in Sardegna, l’alleanza era più trasparente ed il candidato appariva decente.
Oggi Calenda, gradevole come la sabbia nelle mutande, sparacchia parole di commento sul vivere altrui, dando giudizi non richiesti e pubblici, pericolosi per il CS e comodi per la Destra che gli fa coro. Almeno Bottini, l’altermezzasega, era un piemontese più riservato e li confidava al diario.
Ai tempi della Repubblica, a Roma, Catone il censore andava in giro ripetendo sempre la stessa frase dappertutto con la certezza che certe cose non vanno mai lasciate sottese. Nel mio piccolo faccio lo stesso. Ricordo a tutti che ad aver schiattato la rappresentanza socialista fondando l’ibrido PD sono stati Veltroni e D’Alema. Grazie al loro elaborato pensiero quel che resta della sinistra storica ha avuto quasi cinque lustri di vaghezza ed inconsistenza. Il risultato? Lo viviamo.