Immaginavo che sarebbe arrivato. Non era una previsione difficile, c’ero arrivato pure io mesi fa, vuol dire che era proprio evidente. Bastava guardare chi stava al governo di turno ed all’opposizione di rito per capire che eravamo alla frutta e che sarebbe giunto prima del previsto l’uomo della provvidenza.
Se c’è una cosa, l’unica, che gli imbecilli possiedono è la furbizia. I nostri politici sono furbi. E nessuna altra specie è prevedibile come i furbi, perché in fondo fanno sempre le stesse cose. Tuttavia la furbizia non protegge dagli eventi superiori, essendo una capacità limitata che aiuta solo a gestire piccole contingenze. Infatti sfugge a costoro la parametrazione, nel quadro generale, dei ruoli e dei pesi. La capacità di valutazione è un effetto dell’intelligenza ed è il prodotto della competenza. Non esattamente due doti della odierna classe dirigente italiana, nel suo insieme. Così per salvarsi i nostri politici si sono chiusi in cantina, da soli. E forse per lungo tempo.
Perché Draghi non è Monti. E’ un uomo d’azione non un professore un po’ vanesio. Draghi è un uomo di ferro in un guscio di ghiaccio. Ha molte cicatrici. Ha vinto, ha perso, ha giocato in campo da protagonista come Ibrahimovic o Conte . Antonio, non Giuseppe. Soprattutto è parte, non propaggine periferica, del potere finanziario globale. Con lui non funzionano i giochetti di lusinga e la seduzione spicciola. Chi ha avuto in mano per lungo tempo le redini di un centro di potere totale come la BCE non viene affascinato dalle scaglie fluttuanti di un ruolo in fondo marginale, di un premieriato a tempo di governi a tempo. Se è qui a fare questa cosa con questa gente è per ragioni di grande sostanza e di primaria importanza, ben superiori al ruolo che forse pensano di attribuirgli.
Cosa è venuto a fare Draghi?.. Raccolgo in questo pezzullo le considerazioni principali svolte dai più autorevoli commentatori internazionali. Potenza di internet! Partiamo da una considerazione generale.
L’Italia, a prescindere dalla disistima che abbiamo per noi stessi ( il vero limite culturale di questo Paese ) riveste un ruolo centrale negli equilibri economico politici europei e dunque mondiali. Nessun governo, nella nostra storia repubblicana recente, ha saputo dare il giusto peso agli affari internazionali. Basta vedere chi è stato scelto, tempo per tempo, come ministro degli esteri. Il risultato è che il nostro agire nello scenario mondiale è stato teleguidato. Non si poteva far senza l’Italia ed il nostro governo di turno non era in grado di fare da sé. Niente di male dunque, se siamo stati usati. Lo spazio che si prende l’Europa è inversamente proporzionale alla nostra competenza ed alla nostra inazione. La posta in campo è duplice : l’importanza che la UE vuole assumere nei nuovi equilibri globali, il grande sforzo finanziario che l’istituzione assume in sé per raggiungere il giusto peso economico complessivo, da buttare al momento cruciale sul tavolo della contrattazione con i grandi poli di sviluppo, USA Cina Russia.
Per una evidente legge fisica una catena è forte quanto il più debole dei suoi anelli. Dunque l’Italia va commissariata o se preferiamo edulcorare la pillola , va orientata. L’obiettivo di tutti i governi europei è che l’Italia ritrovi se stessa. Il suo metabolismo sociale. La progettualità. Siamo la terza riserva aurea al mondo, siamo la seconda potenza manifatturiera europea, siamo un terzo del patrimonio culturale censito. Siamo tra i primi acquisitori di energia. Siamo 60 milioni. Chi può raggiungere questo obiettivo meglio di un italiano con una struttura professionale aperta e internazionale , Draghi si è specializzato in America, e di caratura sperimentata ? Un uomo che rappresenta il vero potere. Che valuta con efficacia, decide con autorevolezza, segue l’esecutività fino al singolo dettaglio.
Il problema era come paracadutarlo dentro un sistema politico rissoso, incapace di pensiero ed inconcludente, ed è stato risolto con un autodafé della politica e con l’uso strumentale del Renzi. E come farlo digerire ad un Popolo frastornato e deluso, ormai incapace di trovare la fiducia in se stesso, neanche per ribellarsi. Per quanto strano possa sembrare, anche la rabbia di un popolo ha un misuratore positivo per chi detiene il potere economico. E’ l’indice di reattività che denota il grado di fiducia prospettica. Insomma : se la gente si incazza, vedi Francia, è perché ha ancora speranza di cambiare le cose ed ha energia. Noi l’avevamo e l’abbiamo smarrita. L’altro indicatore di reattività è rappresentato dalla natalità. L’Italia è all’ultimo posto in questa graduatoria. Persino Francesco l’ha detto, chiamandolo l’inverno italiano. In questa condizione esangue gli Italiani sognano di avere finalmente qualcuno – l’uomo della provvidenza - che si occupi di far funzionare bene le cose.
Grazie a questo combinato disposto the Drake arriva tra il plauso generale. Nazionale ed internazionale. Il primo passo ha avuto successo.
Mario Draghi non è qui per fare da collante ad un pattuglione di partiti senz’arte ne parte, come fu il caso di Monti. E nemmeno , come sperano lor signori, per essere una foglia di fico . Quello che magari fa bene ..così tutti dicono avete visto l’ho voluto io .. oppure toppa alla grande diventando l’alibi .. avete visto non c’è riuscito lui quindi non era incapacità nostra.. piccola furbizia da bar dello sport. Draghi è qui ( od è stato mandato qui dipende dai punti di vista ) per dare all’Italia un ruolo consono al progetto Europeo ed una nuova struttura interna, più funzionale al grado di stabilità necessaria .
Draghi e la nuova struttura di Stato…
E’ possibile, in questo quadro di confusione e nel ruolo di salvatore della patria , che Draghi metta mano ad una profonda revisione della Costituzione. Non subito, il nostro non conosce la fretta, ma certo lo può fare nell’arco di un anno, messe a posto con successo le prime emergenze. Cosa, per lui, relativamente semplice, potendo iniettare un vaccino di 200 miliardi euro dentro un corpo immobile ed isterilito.
Per intendere come sia possibile questa profonda revisione teniamo presente due cose .. A ) il fatto di mettere insieme in un Governo tutti i partiti, non è inclusione o consenso – logiche estranee in persone come il Governatore – ma condizione necessaria per fare. Infatti, se osserviamo bene il potenziale assetto di governo, vedremo che una rappresentanza così ampia e coinvolta direttamente consenta revisioni costituzionali. Per questo il governo, se si farà, sarà politico non tecnico. B ) vi è generale stanchezza verso una democrazia estenuata e ridotta a bagarre rumorosa , dunque esiste ampio consenso popolare ad una revisione costituzionale. Un atteggiamento utile anche in caso referendario. Non dimentichiamo che la riforma abborracciata e maldestra, per di più proposta male da Renzi , ebbe il 40% di voti.
Come si vuole impiantare in Italia un nuovo dettato direttivo ? Immaginiamo per un attimo che Draghi riesca a fare il governo, che questo agisca bene, che l’enorme finanziamento dia forza ad un nuovo sviluppo più solido ed ampio, in grado di dare assetto al territorio, ricambio energetico, lavoro. Immaginiamo il consenso popolare che ne deriverebbe. Ora immaginiamo che chi ha conseguito questi risultati proponga un sistema nuovo di struttura democratica e che questa proposta, sull’onda del successo misurato a breve ( crescita del pil, occupazione etc ) passi tutti i vagli. Avremo- in tempi relativamente rapidi- la terza Repubblica, con un uomo solo al comando. O pochi.
La logica è fin troppo evidente. ..è infinitamente più semplice negoziare e concordare strategie con una struttura di comando semplificata che con un Paese amministrato da una contraddittoria e fragile democrazia parlamentare. L’Italia rientrerebbe così in una cabina di regia europea da protagonista ed avremmo un sistema solidificato di gestione nella intera UE. Uscita l’Inghilterra , sempre riottosa, vuol dire un governo continentale coeso e funzionale.
Molti commentatori evidenziano che la revisione sarà prudentemente ma inesorabilmente diretta verso la repubblica presidenziale. Come la Francia post De Gaulle. Oppure, e più probabilmente, il Cancellierato alla tedesca. Sarà comunque orientata a creare una sorta di sovra sistema decisorio in grado di contenere le infinite anime di un Paese da sempre frammentato. In sé una simile scelta dirigista non è bene o male, concetti astratti. Lo strumento è secondario, essendo funzione di chi lo gestisce e del perché lo si usa. Lenin diceva che ogni pistola è neutra, cambia se in mano ad un rivoluzionario od un bandito.
Non ho niente contro la Repubblica presidenziale, in astratto. Dipende da come il Presidente viene scelto, da cosa gestisce, da chi è … soprattutto da quale contrappeso gli si oppone. Come sempre non si deve guardare l’epifenomeno , ma l’insieme. Un giusto contrappeso garantisce la dialettica politica e l’equità sociale , l’assenza di questo genera la dittatura o l’oligarchia. Se guardiamo a come è stata gestita la Repubblica in questi anni vedremo che è proprio lo smarrimento del contrappeso socialista ad aver creato le condizioni di successo per il populismo o per il consociativismo. Mi auguro, senza troppa speranza, che chi dovrebbe rappresentare la sinistra lo rammenti al momento giusto.
Bello? Estikazzi.. direbbero a Trastevere. Dal mio punto di vista non lo è. Non dimentico che tutta questa oleata e perfetta macchinetta verrebbe inserita in un quadro finanziario diseguale e che la stabilità conforta il potere esistente, non la giustizia sociale o la redistribuzione della ricchezza prodotta dal lavoro di Tutti. Come dicevo la pistola è qualificata dalla mano ..lo strumento è funzione dell’obiettivo. Se la guardo dal mio punto di vista .. la pistola è la gestione politica, la mano è l’oligarchia, l’obiettivo è il consolidamento capitalista.
Draghi rappresenta la visione moderna e dialogante del capitalismo, in chiara alternativa a quella becera di stampo orbaniano. Questo non vuol dire che in astratto sia un dato positivo. Narcotizza la conflittualità, genera migliore condizione complessiva, ma allo stesso tempo riduce la partecipazione della comunità alla vita repubblicana. Il dirigismo cozza con la rappresentanza del Cittadino. Lo si dice , inascoltati, dai tempi di Atene. La partecipazione attiva e comunitaria è essenza della libertà individuale.
Appare evidente, in un quadro che viaggia in direzione del dirigismo, come diventi importante la revisione del concetto di rappresentanza in termini di ruolo del parlamento e di modalità di scelta dei candidati deputati prima che di tecnicalità del voto. Non facciamoci trascinare in dibattiti astratti .. maggioritario, proporzionale.. il tema è chi si candida, come lo si sceglie, chi rappresenta, come si controlla il suo procedere da parte del Cittadino elettore. Se si mette in chiaro questa dinamica complessiva ( includendo ampia riduzione dello stratosferico emolumento ) avremo deputati di collegio che vengono espressi dalla comunità locale ed a essa riportano. Se, inoltre, si determina un chiaro assetto delle forze di contrappeso, una sinistra orientata a perseguire realmente la riduzione delle diseguaglianze, il risultato complessivo sarebbe un parlamento bilanciato..quindi un vero Parlamento .
Ne consegue che la forma di governo, anche di stampo solidificato in Cancellierato, avrebbe un’arena adeguata a controllarne ed indirizzarne le scelte strategiche sulla base di una dialettica di interessi che sono , per natura di classe, asimmetrici . Si chiama adeguata rappresentanza negoziale, una cosa che in un’Italia fondata sui partiti e sui personalismi delle segreterie è praticamente sconosciuta.
La cosa da capire a mio avviso è quali obiettivi Draghi debba fare per mandato ricevuto. Cosa voglia fare per sua scelta essendo un protagonista e non un comprimario del potere economico internazionale.. e cosa , per questi obiettivi, sia disposto a negoziare in termini di futuri assetti di governo e di Costituzione ..fossi in Zingaretti mi occuperei di comprenderlo bene e prontamente. Il ruolo futuro della sinistra andrà definito molto presto, passata la buriana economica ed entrati nel vivo della riforma complessiva del Paese.
Chi pensa di portare il Drago a bordo e poi scaricarlo passata la bufera a mio avviso è un illuso. Se quanto qui sintetizzato è prossimo alla verità sono i partiti per come li conosciamo che rischiano di essere scaricati. Il dialogo che Draghi sta mettendo in campo è buona prassi istituzionale suggerita dall’esperto Mattarella ( vero uomo della prima repubblica, strutturato e di grande competenza ) ma il Governatore, di certo conosce bene l’aforisma di Wilde. Sono propenso a credere che ascolti con cortese ironia i pareri che i partiti, infarciti ormai di gente raccogliticcia, gli offrono con tanto ardore.
Ultima riflessione. Perché ora...
Oltre all’insieme di vari commenti che abbiamo condiviso vi è un aspetto cruciale che va evidenziato, anche se ovvio. Non dobbiamo leggere il recovery fund nel tassello italiano. Va visto nella sua dinamica complessiva, nel suo importo globale. Parliamo di sforzi congiunti che vanno aldilà di ogni paragone col piano Marshall, per logica e per volume. Una cifra complessiva che , come detto, può dare un nuovo ruolo all’Europa nel quadro degli assetti globali. Purché tutti i paesi, soprattutto chi come noi ne riceve una quota più alta, investano aldilà degli assegni ad personam e degli oboli sociali. I soldi vanno messi in opere, perché le opere producono lavoro , il lavoro maggiori entrate fiscali anche in un quadro di riduzione e razionalizzazione delle stesse, inoltre generano plusvalore diretto e crescita dei valori azionari, che sono in un occidente a curva di crescita statica , la grande ragione capitalista del fund.
Se gli effetti collaterali sono un maggiore benessere potenzialmente ( e dunque non ..sicuramente ) diffuso questo non deve offuscare la visione della collateralità. Lo scopo centrale è ben altro. Un colpo da professionista ben assestato smazzerà le bocce. Alcune andranno in buca ed altre rotoleranno a vuoto. Vedremo. Il punto è che questi effetti collaterali siamo noi, ciascuno di noi. Le nostre vite.
Come sempre spettatori , ai bordi del tavolo, proviamo almeno a capire cosa ci riserva il futuro.