La Francia si domanda, ma davvero!!, ed adesso che si fa? L’ elezioni volute con moto isterico dal presidente, sono state vinte dai nazionalisti del RN. In quale misura lo sapremo lunedì prossimo. Ne abbiamo discusso sia in questi ultimi tempi che stamattina, oggi martedì 2 luglio, nel blog/forum del mio amico Eric. La sua opinione di giornalista è fredda e sintetica: Macron è un presuntuoso. La mancanza di empatia verso il Paese, che contraddistingue i due mandati ricevuti per una serie di fortunate circostanze, lo ha spinto ad un azzardo fuori da ogni realistica visione delle cose. Eric sa di cosa parla. Da sempre attivo nel reportage di inchiesta oggi si è ritirato ( come me festeggia l’aver transitato i 70 ) ma non è solo occupato a tenersi occupato, diciamo che vive con più libertà e maggiore disponibilità di tempo la passione politica. Il suo sito, privato ad inviti, ospita qualche decina di persone da tutta Europa con le quali ha impiantato una sorta di laboratorio di idee e valutazioni che sarà poi la base di un suo libro. E’ sempre interessante partecipare a questi confronti, svolti in inglese inteso come lingua più semplice per tutti.
Faccio questa premessa per comprendere il contesto delle riflessioni che riporto In questo pezzullo. Senza la cornice tenderebbero ad apparire come un collage degno del bellissimo titolo di un libro di Jerome I pensieri oziosi di un ozioso. Sono invece il mixmatch di visioni diverse – persone di età differenti e di molti paesi europei- eppure tutte riferibili ad una matrice ideologica comune: l’internazionalismo. Le considerazioni proposte nei due paragrafi sono una sintesi dei vari contributi di diversi partecipanti. Ovviamente li ho scelti e li propongo perché li condivido.
Ambiguità del NFP
Il Nouveau Front Populaire ha la stessa malattia del suo storico riferimento. Il mischiamento mal riuscito ed ambiguo che già mostra tutti i segni del disfacimento. La citazione NFP rimanda a quel Fronte Popolare che nel 1936 vinse le elezioni con un programma di grandi riforme, e mise Leon Blum al posto di primo ministro. Dentro di sé quel FP, costruito appunto per far fronte al crescere della destra in Europa, aveva di tutto. Dai radicali al genericamente progressista, dai socialisti democratici e massimalisti ai comunisti che lo sostennero con il beneplacito di Mosca. Il governo Blum durò un solo anno, più o meno. Ovviamente. Il suo fallimento fu l’anticamera della conversione reazionaria della Francia, attuata poi con il crollo ( tutto da comprendere ) davanti all’avanzata tedesca tre anni dopo. Si chiosava con un ovviamente perché non si mischiano matrici e visioni diverse solo per vincere o per contrastare vittorie. Non funziona così. Si vince o si contrasta con identità precise e con progetti chiari che nascono da una profonda conoscenza e sintonia col Popolo. Lo sapevamo fin da allora che non sta in piedi una casa politica tirata su frettolosamente, senza fondamenta e con le pareti maldestramente appoggiate una all’altra. Si sapeva bene, eppure in Italia 60anni dopo si fecero due governi Prodi - ed altre pastette a seguire- col medesimo risultato nel tessuto sociale. Zero. Ed in politica anche meno di zero, assunto che entrambe le coalizioni, tanto spalleggiate dalla stampa, fecero una fine mesta e grottesca, con lotte intestine e quinte colonne. Così come fu per Blum.
La stessa ambiguità è nell’attuale minestrone francese del NFP, incerto e rissoso. In quella zuppa vociante un riesumato Hollande ( dappertutto si tirano fuori dagli armadi the old farts, visto che in UK sono ricomparsi Cameron, Blair e persino Farange ) ordina di far tacere il nervosissimo Melenchon, sempre più conscio di fare una belinata mettendo insieme pesce e profiterol. NFP non ha un programma, non un piano di governo, non ha un candidato premier, non ha facce nuove. Soprattutto non ha alcuna contezza di cosa la Francia senta davvero come prioritario. In questa confusa situazione è arrivato secondo sfiorando il suo limite complessivo ( 28% ) . Al ballottaggio farà da motore ausiliario qui e là. Ma va ricordato che France Insoumise da sola alle presidenziali del 2022 aveva fatto il 22%. Insomma Melenchon ha messo su un cacchio di minestrone per raccattare 6 punti percentuali perdendo lucidità, aggressività e distintività.
Una lezione ancora una volta per tutta la sinistra europea. Non serve che segreterie e capipopolo decidano alleanze spurie, bisogna invece ascoltare il Paese, bisogna capire cosa bolle nella profondità delle masse. Si devono interpretare le vere speranze e le paure dei Cittadini e da queste costruire prima progetti e poi alleanze. Altrimenti non si contrasta, si agevola. Altrimenti non si vince davvero. Forse si fa qualche voto in più, si appronta un governo che cadrà miseramente poco dopo. Si perde la faccia.
Il monolite nazionalista
Bisogna guardare alla destra in una prospettiva differente. Abbiamo davanti in Francia come in Italia, in Germania come in Olanda il monolite nazionalista, allo stesso tempo protezionista e respingente. Appare come la trincea contro le continue migrazioni che importano comportamenti e culture difficilmente digeribili in poco tempo. Sembra far argine contro la riconversione energetica ed ambientale che costa e non sa mostrare benefici reali. L’ Europa smarrita, quella delle province e delle campagne, ritrova il suo humus storicamente nazionalista e conservatore, confortante come la coperta di Linus. Per contro la goffa UE del modello Ursula appare, ancora e sempre, teleguidata da un’ America oggi ancora più in confusione che in passato. Vedere Biden in televisione farfugliare è stato più che uno choc, è stato penoso. Bisogna saper andare in pensione prima di rendersi ridicoli e patetici. Questa UE è stata fedele alle strategie USA, ed oggi quelle strategie appaiono goffe, incerte e imbarazzanti. Come il presidente americano.
Trionfa invece il nazionalismo russo, che fa da sostrato ai nazionalismi europei più evidenti. Quelli che vanno dal RN ad Orban passando per la ben più provinciale e modesta Lega . Non importa come va la guerra sul campo, lo sappiamo che le guerre non fanno più vincitori, fanno solo morti. Che Putin non volesse un risultato eclatante è apparso chiaro nel momento in cui ha fermato l’invasione che poteva essere una passeggiata fino a Kiew. Era sincero quando disse: conquistare l’Ucraina? E per farne cosa? Voleva imbarazzare, c’è riuscito. Voleva togliere risorse preziose post pandemia all’ Europa, c’è riuscito. Voleva misurare la sua capacità di generare consenso nel terzo mondo anche stando dalla parte del torto. C’è riuscito. Ha vinto. Poche balle. I nazionalisti europei gli sono grati.
Marine Le Pen ha fatto una leggera riconversione, opportunista, dicendo che la Russia ha molti torti e mostrando un vago accenno filo ucraino. Ma ha goduto di consensi imprevisti dopo che Macron, da ex enfant prodige, ha sparato quella caterva di cazzate sul coinvolgimento francese. Non farà niente di tutto questo Bardella eventuale primo ministro. Piuttosto cerchiobottista spingerà per una pace che anche Trump, redivivo e riverginato dalle nuove sentenze, ha già dichiarato di volere assolutamente. E qui sta l’altro aspetto che rafforza il monolite nazionalista: il pacifismo reazionario che sta dentro il nuovo paradigma della destra. In cosa consiste? In poche e chiare concrete cose rese costantemente evidenti.
Donne leader, alla faccia del vecchio maschilismo, aperture alle libertà di scelta individuale, superamento delle xenofobie in vista di un’ Europa che contingenta ingressi. RN di Bardella e Le Pen lascia le minchiate razziste e nostalgiche all’utile idiota Zemmour che ha raccattato lo 0,7 dei consensi. Il popolo non vuole nostalgie fasciste, non vuole limitazioni personali, nemmeno conservatorismi alla Vannacci, che è passato da 2500 euro al mese a 20.000 per aver raccattato astutamente voti da beghine e bigotti, prima che l’anagrafe avanzata li elimini. Un vero affarista. RN, come la Meloni e come AFD ( che ha prontamente cacciato lo sciocco neo nazista che blaterava a vanvera ) esprime un paradigma politico conservatore, nazionalista, reazionario si ma non indigeribile per gli europei, anche delle nuove generazioni.
Non si batte questo nuovo nazionalismo con chiacchiere e con prassi vecchie. Per guardare in Italia: tutti, in ogni bar dello sport, hanno osservato che una donna è diventata segretaria del PD solo dopo che lo aveva fatto la destra. La prima premier donna della storia italiana è una nazionalista conservatrice. Una innovazione reazionaria. Un ossimoro. E la sinistra dei salotti, in tutta Europa, davanti ai nuovi paradigmi della destra continua a sbandierare un antifascismo stucchevole. Questo modo di essere antifascisti lo hanno inventato i padroni. Non si può essere antifascisti senza essere anticapitalisti, chiunque anche un democristiano ottuso come Scalfaro poteva professarsi antifascista perché fa fino e non impegna. Il fascismo è morto e sepolto e non interessa più nemmeno i più conservatori. Il capitalismo è vivo e vitale.
Il capitalismo industriale che fonda i profitti sullo sfruttamento del terzo mondo, sull’abbassamento del welfare e sulla diseguaglianza sociale è l’avversario. Quando si sventolano parole ambigue come fossero bandiere, si può stare certi che dietro a tutto c’è il vero potere economico finanziario che controlla testate e televisioni, social media e talk show. Che teme lo scontro di classe. Che gode di una sinistra confusa e mescolata incapace di progettare alternative concrete.
Questo è il tema di fondo che si è esaminato. In questa chiave si è letto il risultato francese che comunque finisca turberà le scelte della UE governata da maggioranze insidiose.