Si chiama Gozi, Sandro Gozi. In tutta onestà non avevo idea di chi fosse costui, ma da oggi è il mio eroe del mese.
Nominato consulente per gli affari europei del governo Macron l’ex sottosegretario in area Dem rappresenta uno dei rari casi di collaborazione extra nazionale in questi tristi tempi ed andrebbe tutelato o quanto meno rispettato. Invece no. L’Italietta sovranista si affanna subito a sconfessarlo. Ma come si permette di servire un altro Paese? Proprio quello che ci ha rubato Nizza&Savoia? “Leviamogli la cittadinanza” strilla Meloni, subito sostenuta dal buon Di Maio. Due personcine a modo che fuori dai nostri confini potrebbero giusto fare i camerieri a Londra (immagino la Giorgia nazionale che domanda ad un attonito cittadino della perfida Albione “ Aaa beautiful che te do?”). Poveri noi.
Tutte le volte che sento/vedo le castronerie di questi scappati di casa(quindi tutti i giorni) mi domando com’è possibile che siano state eletti in Parlamento ed alcuni, addirittura, da lì al Governo. Con tutta la cortesia possibile e senza voler essere astiosi bisogna pur dire che queste sono figurette politicamente ed umanamente assai modeste. L’unica spiegazione accettabile per la loro emersione dal nulla è che l’elettorato abbia voluto compiere un gesto quasi dadaista: mettere l’assurdo al Potere per rivelarne l’inconsistenza. L’altra spiegazione, un filino meno stuzzicante, me l’ha data un tassista “A dottò.. io quando questi parleno li capisco”. Più attendibile? Sicuramente. Del resto anche la sinistra ha riconosciuto alla destra il merito di sapere parlare “alla pancia del Paese” (che ha lasciato la risposta nella cabina elettorale). Povera Patria.
Ci devono essere risposte migliori alla domanda “ma che abbiamo fatto di male per beccarci questa minestra?”. Le colpe dei governi liberaldemocratici sono molte. Prima di tutto non aver saputo parlare alla testa ed al cuore dei Cittadini (la pancia, peraltro utilissima, lasciamola fuori dal processo decisorio) offrendo attenzione ai problemi vissuti e reali. L’argomento principe su cui è totalmente naufragata la politica tradizionale, in tutta Europa, è ovviamente la gestione di flussi migratori. Se Renzi, Macron, Merkel avessero letto almeno IrenäusEibl-Eibesfeldte la sua teoria reattiva («Se alla diversità culturale e religiosa sommiamo quella dei caratteri fisico-antropologici, l’integrazione può diventare difficile, soprattutto se gli immigrati arrivano a ondate in un periodo relativamente breve“) probabilmente avrebbero gestito in maniera intelligente il problema inserendo nell’astratto dibattito tra xenofobi e accoglienti un minimo di prassi. Non è stato fatto ed il risultato è una paura sociale crescente quanto ingiustificata (nel solo 2017 -9,2% i reati in generale in Italia, -15% gli omicidi, le violenze sessuali etc). Una paura fondata sul percepito personale e sul narrato dalla comunicazione di massa. Fa pensare agli effetti di quel “Ministero della Paura” che Antonio Albanese anni addietro incarnava da Fazio. A proposito: povera Rai.
Quel ministero simbolico non è solo il ‘gioco’ inventato da un comico geniale. La paura sociale da sempre è il punto di appoggio delle lobby autoritarie, cioè la parte più ruvida e sbrigativa del capitalismo, per mettere in crisi la parte dialogante, cioè le democrazie liberali. Il terrorismo ne è un esempio. Lo sappiamo bene noi italiani che ne abbiamo subito per dieci anni gli efferati aspetti e le drammatiche conseguenze. Ma la democrazia, per quanto fragile, ha una sua resilienza, una sua forza che nasce da quella conquista talvolta dimenticata che si chiama Illuminismo. La logica spiega i fatti, aiuta l’interpretazione, vince la paura. La gente scende in piazza, difende la libertà individuale e collettiva. Scopre di essere forte. Vince sul terrorismo. Ieri come oggi.
Ma come si reagisce se la somministrazione della paura non passa più da gesti eclatanti? Se sgocciola in dosi minime ma continue? Se passa attraverso canali insospettabili? Se siamo da soli mentre l’affrontiamo.
Dominique Moisi insegna in varie Università internazionali, è stato discepolo di Raymond Aron, è un geopolitico, uno scienziato, un acuto osservatore. Ha scritto un libro illuminante “Geopolitica delle emozioni. Le culture della paura della umiliazione della speranza stanno cambiando il mondo”. Da solo il titolo spiega il senso dalla sua visione. Interessato dalla interpretazione dei fatti correnti che offre Dominique sono andato in cerca dell’opera generale ed ho trovato un altro testo che mi ha colpito ed ha chiarito alcune cose che percepivo, ma non avevo definito: “La géopolitiquedessériesou le triomphe de la peur”. Provo a sintetizzarne il senso mettendoci qualcosa di mio. Di fronte alla globalizzazione, che inserisce l’estraneo in ogni comunità, dinnanzi al cambiamento tecnologico, che modifica i rapporti umani, larga parte delle Persone provano timore e smarrimento. Cercano risposte alle loro inquietudini negli strumenti di informazione, ma questi, dominati dalle logiche del mercato, non forniscono più una interpretazione oggettiva perché solo attraverso l’eclatante attirano lettori/spettatori e pubblicità. Un titolo fattuale come “ su 22 milioni di famiglie si sono contati in quattro anni tre infanticidi” non interesserebbe nessuno, meglio “un’altra madre uccide il proprio figlio!”. E via con talk show, modellini di case, esperti psichiatri e criminologi in tutti i pomeriggi domenicali. Così il fenomeno irrilevante statisticamente diventa fatto assoluto ed il percepito sociale diventa angoscia. Cercavi una risposta logica per sedare il tuo orrore e la TV (quella scatola nera attraverso la quale ne vedi di tutti i colori) ti rimanda l’orrore amplificato. Ma non basta. La paura sgocciola anche attraverso le “serie” televisive quelle più di successo e mentre sei lì seduto sul divano, in posizione passiva, il tuo cervello assorbe, cataloga ed archivia informazioni distorte (chi riesce a spiegare al cervello “ciccio trattasi di tivvù”) che più tardi, imprevedibilmente, si mischieranno ad altri percepiti formando un brodo di cultura ingestibile. Faccio un esempio brutale. Una serie di successo “Walking Dead”. Un gruppo di sopravvissuti vagamente psicopatici combatte per salvarsi da orde di zombie famelici quanto bruttarelli. Vedi il film in salotto, ci dormi sopra e l’indomani scendi alla stazione Termini in mezzo ad una babele di africani, musulmani, cinesi e zingari. Come funzionerà la tua parte emotiva inconsapevole e male informata davanti a quella somma di diversità? Povera Gente.
C’è un altro aspetto che Moisi suggerisce. Esistono serie ‘cult’ che oltre alla storia ben costruita, che mescola episodio dopo episodio entusiasmo paura e frustrazione sagacemente fuse, offrono modelli di risoluzione. E’ il caso del “Trono di Spade”una storia così ingarbugliata che proprio non saprei come sintetizzare. Cosa resta alla fine di anni di successo e diffusione internazionale come sintesi estrema della serie?Un valore esplicito: solo il coraggio, l’onore, lo spirito di sacrificio possono rispondere all’intrigo ed all’orrore. Una soluzione politica: solo l’unità di specie (razza, etnia, tribù) e più raramente l’unità tra specie (che restano ben distinte) dà la forza per vincere la paura ed il nemico. L’eroe. La spada. I Nibelunghi. In un qualche modo (volontario o casuale ha poca importanza) queste serie eroiche (il signore degli anelli, i vari Marvel) spingono a pensare che un uomo solo al comando dotato di coraggio ed abnegazione, che paternamente ama il suo popolo, offra una alternativa al caos. Voilà direbbe Dominique. Ovviamente il passaggio è un po' meccanicistico, ma con la teoria dello sgocciolamento continuato nelle teste di nuove generazioni che ricevono una modesta istruzione e rimbalzano dentro i social, beh sta in piedi. Per dirla con il genetista Edoardo Bancinelli " Oggi che tutti potrebbero sapere tutto o quasi, il numero di persone che sanno qualcosa di serio è bassissimo" ( 7/-Corsera Agosto 2019).A proposito: Povera Scuola
Certo Salvini in mutande sul balcone non ha proprio l’aria dell’eroe ariano e con questo sistematico chiudi/apri frontiere sembra più il portinaio di Bellavista che Thor il Guerriero, ma insomma ognuno da quello che ha. E prende quello che può. Infatti l’Italia produce serie conformi alla sua attuale struttura socio-culturale “Gomorra” “Suburra” “Romanzo Criminale”. Se le guardi tutte in fila in una delle varie maratone Sky finisci col pensare che la revoca di cittadinanza all’ottimo Gozi sia in realtà un premio, non una punizione. Ed in proposito: certo che se la sinistra continua a perdere pezzi nobili per anagrafe, come il compianto Camilleri, o per ostracismo, come Letta (e non parliamo delle migliaia di elettori volati all’estero in cerca di opportunità) finirà per tenersi in casa gli ex-democristiani o d’altro cantone i Pippo Civati che se non ricordo male fondò il movimento Possibile (la succursale laziale di Podemos) portandolo, con sforzo epico, da zero al nulla. Insomma se continuiamo così sarà difficile venire a capo di una destra che “se ffa capì” che dà risposte banali e perciò rassicuranti, che promette tutto e non risolve niente. Lo sforzo è leggere nella società, nelle paure come nelle speranze profonde, non per assecondarla ma per capire e poi impegnarsi nella ricerca delle soluzioni praticabili. Costruire piani semplici con obiettivi chiari, misurabili e condividere i “come” con tutte le forze in campo dal Sindacato all’Imprenditoria passando per le Comunità. Lavorare duro insomma con qualche passaggio social e televisivo in meno e più presenza nella realtà. La paura del futuro, questa corrosiva patologia sociale che genera scelte politiche dissennate, si sconfigge con l’affermarsi della ragione e con una prassi calma, ponderata, operosa. In suo libro Adriano Sofri scrive “l capitalismo globalizzato contemporaneo, lungi dall’esportare democrazia attraverso l’espansione dei mercati, importa autoritarismo dentro le patrie della democrazia.” Uno dei vettori di questa importazione è il ‘ministero della Paura’. Chiudiamolo con il trionfo del realismo. Il vero nemico di ogni retorica e di ogni imbonitore resta la fattualità che è la caratteristica, insieme al materialismo storico, della sinistra occidentale. Senza questo radicamento culturale e senza lo sforzo di affermarlo concretamente in forma di programma politico finiremo con l’assomigliare ai due vecchietti del Muppet show che criticano dal loggione lo spettacolo offerto dagli altri.
Corrado Fois