Chi come me è più vicino ai 40 che ai 30 ( .. in termini matematici è corretto, tralasciando l’esatta cifra di partenza! ) ricorda quell’epoca morigerata che precedette il boom dei famigerati anni 60.
In quel tempo saggio le cose – specie l’abbigliamento - si conservavano, si riciclavano tra parenti, si tramandavano. Quando cambiava la stagione e dall’autunno mediterraneo si passava all’inverno improvviso, venivano spalancati gli armadi e si tiravano fuori, ad arieggiare, i cappotti. Così il naso si riempiva di quell’odore di schietta naftalina che accompagnava la conservazione dei tessuti. Negli autobus o nei tram come nelle aule di scuola la naftalina volteggiava insistente per giorni. Ricordo quell’ odore acuto che si mescolava alla tostatura del caffè nei salottini stile inglese dell’Antico Bar Genovese. Tralascio l’effetto dissuasore che il mix provocava.
La memoria è davvero una cosa stupenda. Basta qualcosa, chessò ..un pezzo di musica?.. ed i ricordi scattano, torna l’emozione rimasta impressa e riemergono le sensazioni, gli odori appunto.
L’altra sera – ammorbato dal solito dibattito politico rutilante di cazzate insopportabili – ho deciso di surfare sull’onda delle mille offerte della smart tv, saltellando tra tutte le varie app, da Netflix a Prime e via così. Di colpo inciampo nel bel mezzo di un vecchio film di Ken Loach. Spagna, guerra civile, un gruppo di giovani rivoluzionari del POE ( Ken è un vecchio trozkista, anima cara ) dopo una discussione cazzuta sul da farsi, trovata la sintesi, si uniscono e col pugno chiuso levato cantano l’Internazionale.
E di colpo quell’odore: naftalina anni 50. E mentre lo risento nel naso ecco una domanda.. perché abbiamo usato le pastiglione per proteggere i cappotti, cari Concittadini, e non le nostre idee, i nostri sogni? Eppure viene sempre un tempo in cui gli uni e le altre tornano buoni.
Così – come la Storia fa - il tempo è tornato. Ma ci becca in mutande a bocca aperta e stupita e con le dita nel naso. Perché si è vero .. abbiamo conservato i cappotti, ma i sogni e le idee messe via se le sono mangiate le tarme.
Tempo di rivoluzione
Cosa ci fa capire che una certa epoca, una specifica situazione è tempo di rivoluzione? Un paio di elementi precisi che, secondo molti storici o politici, spiccano sugli altri.
John Kennedy è stato molte cose, alcune anche non limpidissime, ma di certo non era un rivoluzionario manco per sbaglio e nemmeno sotto l’effetto delle molte droghe che assumeva. Eppure a suo tempo fece una considerazione, tra le molte in materia, che meglio chiarisce il tempo della rivoluzione. Disse: coloro che impediscono una pacifica evoluzione rendono possibile la rivoluzione violenta.
L’effetto pentola a pressione. Se una pentola in ebollizione ha uno sfiatatoio il gas si vaporizza nell’aria, se non c’è allora, bang! Salta il coperchio e chi si è visto si è visto. Osserviamo il nostro tempo. Esiste uno sfiatatoio? Una voce alternativa, una strategia politica – come il socialismo - che difenda il metabolismo sociale, consenta l’uscita dalla classe e lo sviluppo soggettivo? Esiste una magistratura indipendente dal potere politico che applichi leggi eque e tutelanti? Esiste per chi è nato dalla parte sbagliata del Mondo la possibilità di sperare, magari emigrando, di rifarsi una vita altrove come fu dall’800 fino a tutti gli anni 70 del secolo scorso? No.
Eppure sono le riforme, l’evoluzione sociale, la dinamica tra classi ad essere i guardiani della stabilità. E’ così semplice, così naturale evolvere. Basta un po' di intelligenza nel quadro di una morale aperta e vitale. Doti che non appartengono ai governanti del Pianeta. Nessuno escluso. Quindi nell’attuale contesto che coniuga stupidità al governo e peggioramento delle condizioni di vita collettive, si concretizza il tempo dove è possibile una rivoluzione, con annessi e connessi.
La miccia di una rivolta e di una rivoluzione spesso appare – prima - una circostanza e nulla più. E’ l’esplosivo, cioè la situazione complessiva stagnante e ingiusta, che di colpo detona e butta giù tutto. Guardiamo all’Iran. Una violenza, solo l’ultima delle infinite violenze subite dalle donne di quel bellissimo e sfortunato Paese, ha scatenato moti che forse diventano rivoluzione. Non lo sappiamo perché nessuno approfondisce davvero cosa sta accadendo, troppo occupati tutti a leggere la guerra tra imperialismi in Ucraina. All’idiota in accappatoio che alligna a Teheran sfugge quanto rischi di fare la stessa fine dello scià Reza. Al corrotto monarca si è infatti sostituito un regime opposto ed uguale che ha reso invivibile ogni cosa, dal pubblico al privato. Tutto è bloccato, stagnante, ed il governo è visto come presuntuoso ed inutile, ingiusto e violento. Ora il suo stesso Popolo lo vorrebbe decapitare. Mai la ghigliottina troverebbe maggiore e giusta ragione di esistere.
In Europa – ovunque in ogni singolo Paese - la contraddizione di classe è stata addormentata col denaro. Spiccioli di benessere, piccole cose da difendere.. l’auto, la casa, il frigorifero e la tibbù. Il pranzo di Natale. La settimana al mare… piccole cose della piccola borghesia. Ma oggi – divorate dalla stessa diseguaglianza – tutte queste ragioni personali da proteggere, come diceva La Pira sono divenute miraggi. Così come la piccola borghesia naufragata nel nulla sociale, persa nella propria disperazione e senza più giocattoli.
Dunque attenzione governanti, perché il Popolo non si muove per grandi ideali, tutti ampiamente prevedibili. Non scatta in piedi, non esce per strada coi bastoni in mano perché qualche giovanotto dagli occhi accesi lo spinge ad insorgere. Il Popolo fa la rivoluzione perché si è rotto i coglioni. Basta guardarsi in giro per vedere nelle strade di Londra o di Parigi, di Roma o Barcellona l’aria che tira. Come direbbe zio Bersani? C’è quest’acqua qua.
Va di culo a lor signori che è tempo di rivoluzione, ma non c’è più il movimento né il partito rivoluzionario. Avendo pensato a conservare i cappotti e non le idee non c’è nessuna posizione guida che abbia elaborato la strategia della rivoluzione nel terzo millennio. Quindi è fortemente probabile che avremmo il caos per strada, ma non la rivoluzione. E dal caos nasce solo la dittatura. I governi per gestirla - da noi come in Scandinavia o nell’est - sono già al loro posto, ed in altri paesi sono in attesa di prenderselo. Hanno ricevuto il pacco dono anzitempo da quella congrega di inetti burocrati che abbiamo chiamato con troppa faciloneria partiti socialdemocratici.
Rivoluzionari e controrivoluzionari
Per rafforzare quanto detto cito Mikhail Bakunin, che di rivoluzioni s’intendeva assai: esse nascono in larga misura automaticamente; le producono la corrente degli eventi e dei fatti distorti dalla stupidità di chi governa. Si vanno preparando a lungo nelle profondità delle masse e poi esplodono improvvisamente, non di rado per ragioni apparse come secondarie.
Dunque è rivoluzionario chi intercetta queste profondità e le fa sue, dandone corpo, dimensione, rumore e quindi ascolto pubblico. Le snida, le incanala ed offre possibili soluzioni. Il Beppe Grillo dei primi anni, lo è stato indubbiamente. Fin quando il suo appartenere al movimento situazionista bastò a porre la contraddizione del potere davanti agli occhi di tutti. Gli mancò poi la strategia politica del socialismo, da rinnovare senza dubbio ma sempre metodo guida, e la scelta di posizione. Volle mangiare il consenso in ogni tavolo e scivolando nel populismo permise a figurette mediocri e maneggine come Di Maio di imporsi come guida con i risultati che ben sappiamo. Triste fine per un rivoluzionario. Ma non è la prima né l’ultima volta che abbiamo visto un rivoluzionario evaporare.
Forse anche Panzeri, da piccolo, si commuoveva ai film di Ken Loach. Poi infilandosi nelle pieghe del potere e della burocrazia si è perso. Lo diceva Saint-Just, uno dei capi carismatici della rivoluzione francese, quelli che scelgono di fare rivoluzioni a metà si scavano la fossa.
E i controrivoluzionari, chi sono? Ora: citare Enrico il sereno Letta dopo Bakunin e Saint Just è come parlare di budini dietetici dopo aver visto Canavacciuolo cucinare salsiccia e friarelli. Ma ragionando di quanto i controrivoluzionari siano i migliori alleati della destra uno come lui è l’esempio topico. E per altri versi distopico.
La categoria umana che Letta incarna è ben rappresentata nei paesi bigotti come il nostro. Il perbenista perbenino accolto in ogni ambiente, prima premier per virtù di Zio Gianni e Berlusca e poi il segretario del Pd che più di tutti i predecessori dice cose che fan fino e non impegnano. Su questo tema e per farsi una sana risata suggerisco Crozza https://www.youtube.com/watch?v=a--CzexBi04
Letta non è un riformista vero perché non ha visione progettuale alternativa al corrente, ed è un controrivoluzionario perché stoppa ogni possibile cambiamento o rischio. Basta vedere per quanto tempo ha deciso di tenere il culo sulla sedia del segretario. Se questo non è garantire la conservazione, cos’altro è? Spirito di servizio? Vabbè!!
In questo tempo minaccioso e contraddittorio la presenza di uno come lui è peggio della mucca nella stanza di bersaniana memoria. Lui, Franceschini & consorte, Renzi e Del Rio, in quanto ex Azione Cattolica sono stati una mandria di tarme nell’armadio del PD. Assunto che la vecchia sinistra storica, marxista socialista nelle sue varie forme, non ha avuto alcuna contezza di quale sia il potere della naftalina gli ex-diccì hanno mangiato cappotti e progetti, sogni ed antagonismo.
Ed i vecchi dirigenti di questa ormai evaporata area? Molti di loro invece di rinnovare e tramandare alle nuove generazioni il patrimonio di impegno civile e morale hanno saltato il muro e si sono precipitati nel berlusconismo tanto osteggiato trafficando in armi o prebende.
I pochi rimasti saldi? Orlando e Landini o l’ingenuo Fratoianni, il citrigno Rizzo nazional stalinista e il trotzkista Ferrando vanno ancora in giro tra la gente spargendo quell’antico odore di naftalina.
Sarà per questo, per i rimpianti che l’odore evoca, per quell’insana nostalgia che ti danno i ricordi di un tempo ricco e forse per la vertigine dei molti lustri trascorsi, che io a loro ..in fondo..voglio bene.