Il principio … e la fine

di Corrado Fois - Liberacittadinanza.it - 22/02/2021
Forse l'etica è una scienza scomparsa dal mondo intero. Non fa niente, dovremo inventarla un'altra volta. Jorge Luis Borges

Due cose si connettono strettamente nel pensiero maturo di una Persona, di un Popolo, di una Politica, esse sono l’etica e la pratica. La prima senza la seconda è pura astrazione, la seconda senza la prima è bassa macelleria.

Come si relazionano le due cose è materia articolata. Il tema, per dirlo meglio, è in questo : si può affermare che esista una gerarchia e quale delle due guidi l’altra? Per dirla con zia Peppina .. non si sa chi è nato prima l’uovo o la gallina. Il punto tuttavia non è astratto od inutile come può apparire. E’ dirimente. Separa infatti le grandi visioni occidentali : la visione religiosa e quella laica.

La visione religiosa identifica una precisa gerarchia sostenendo che la pratica debba essere sempre e comunque guidata dall’etica. Guai se avviene il contrario perché il principio morale viene dall’Alto mentre dall’Uomo proviene solo l’urgenza del bisogno, indirizzando i comportamenti principalmente verso il soddisfacimento di questo. Senza l’etica, dice la religione, si smarrisce la retta via. Amen.

Al contrario il relativismo laico ci pone di fronte alla dialettica tra i due elementi, indirizzata dalla responsabilità umana. Il giunto di relazione è la scelta, ed essa è prodotta dall’interpretazione del problema di volta in volta emergente. A seconda della problematica osservata i due grandi aspetti, pratica ed etica, si relazioneranno alternativamente. Se parto dalla pratica e l’osservo e ci ragiono, produco un’etica applicativa. La riassumeremo così: cerco il giusto nelle cose fare. Se invece parto dall’etica e la sintetizzo in comportamenti ed azioni, cerco di fare le cose giuste. E’ lo stesso risultato? Assolutamente si, perché – secondo la morale laica - l’incrocio tra etica e pratica è, finalizzato dall’Uomo, nella ricerca del giusto. Concretizzato.

Queste due impostazioni , profondamente differenti, hanno indirizzato la gestione della cosa pubblica nell’evoluzione storica del pensiero politico europeo. Dall’antica Grecia ad oggi.

Platone sosteneva che l’intero universo umano è prodotto e guidato dal mondo delle Idee. Aristotele domandava ironicamente come si collasse la sedia all’idea pura ed astratta, dato che questa per sua natura non ha culo. La morale laica post illuminista perfezionava l’obiezione ( da me parafrasata ) sostenendo che l’idea , per quanto astratta , nella sua ampiezza contiene il principio di necessità. Dunque è il bisogno di sedersi, non tanto l’esistenza di un culo, a far scaturire l’idea sedia.. chiedo venia per la banalizzazione.

Anche questa riflessione, apparentemente speculativa, è in realtà dirimente.

Infatti, seguendo l’indirizzo religioso – che sposa le fondamenta di Platone - diremo che la politica è l’espressione concreta e gestionale dell’ideale supremo. Approccio ampio che tuttavia comporta lo Stato Etico, in grado di subordinare le libertà e le scelte individuali ad una morale superiore. Non a caso le dittature hanno sempre tentato di utilizzare la visione religiosa/idealista per gestire la collettività in funzione degli obiettivi di potere. Il mangiapreti Mussolini stipulò i patti lateranensi, il pagano Hitler incise Dio è con noi sui cinturoni dei suoi soldati, il comunista Stalin mobilitò le masse nella guerra antinazista con lo slogan difendiamo la Santa Madre Russia.

Seguendo il principio illuminista, potremmo dire che il principio politico nasce dall’interpretazione di un bisogno evidente espresso dalla società. Ne consegue che l’incapacità di elaboralo diventi la sua fine.

Paolo Spriano ci insegna che nella dottrina politica esiste una specifica progressione, senza la quale la politica stessa smarrisce la sua essenza. L’interpretazione, pur partendo dall’osservazione oggettiva della società, afferisce al mondo delle idee perché viene elaborata esattamente così: idealmente . In questa fase la politica, cosiddetta alta, produce una valutazione tra il giusto e l’iniquo, da questa una precisa scelta di campo e da qui, proviene la guida strategica per la decisione e per l’azione che ne consegue nella pratica. E’ questa, dice Spriano ( .. parafraso per brevità ) la progressione che definisce un campo ideologico e la sua dottrina.

Senza dottrina la proposta di gestione, che oggi viene definita con una stucchevole traslazione dal linguaggio del marketing offerta politica, diviene astratta e disarticolata. Il dichiarato pubblico può contenere concetti robusti come concretezza-realismo- capacità di risposta, ma il risultato - non orientato da specifica strategia supportata dalla competenza necessaria per applicarla- produce una disordinata mescola di decisioni. Esse, per quanto singolarmente ragionevoli, sprovviste della necessaria elaborazione ed indirizzo, diventano prassi contraddittoria. Le decisioni, le azioni non orientate da un fine complessivo sono come carrozze di un treno che si muovono in autonomia, non connesse, non trainate da un vettore. Producono un deragliamento.

Cosa succede oggi e perché di questo deragliamento .. proviamo a riflettere utilizzando alcuni spunti significativi di Mair e Revelli..

Peter Mair, il politologo irlandese a cui si deve molto per la comprensione della crisi istituzionale della forma partito, sosteneva «i partiti sono passati da rappresentare gli interessi dei cittadini nei confronti dello Stato a rappresentare gli interessi dello Stato nei confronti dei cittadini» . Questa inversione di prassi azzera la dialettica etica / pratica e rende fragile ed incoerente la democrazia. Infatti, non si osserva più la dinamica sociale per comprendere come guidarne la correzione ( se iniqua, o proseguire compiutamente, se giusta ) ma si agisce per incanalare nel corpo sociale decisioni prese, come dire, a prescindere dalla dinamica stessa. La debolezza elaborativa dei partiti e la loro conseguente crisi di rappresentanza lascia spazio al governo verticale.

Il governo cioè diventa guida assoluta perché in sé – in modo autoreferenziale – vuol contenere la risposta al problema di volta in volta emergente. Come accade?

Data la crisi di proposta e l’impossibilità negoziale ( non esiste rivalità nel modello di Stato ) i partiti arretrano e lasciano che il governo stesso venga gestito da esterni . Il decisore esperto od il competente. L’imprenditore di successo ( ..vabbè ) come Berlusconi o Trump, oppure il Professore come Monti o Draghi. Essi accettano il mandato in nome del bene pubblico ( e gli si dice pure grazie! ) e formano la loro squadra con figure chiave fedelissime. Mettono poi insieme varie componenti che in teoria dovrebbero garantire la dialettica, ed in realtà fungono da foglia di fico.

Gli esperti arrivati al timone prenderanno decisioni dettate da una interpretazione diretta, quando non soggettiva, delle priorità. Senza confronti o contrappesi. Questo processo peraltro avviene senza elaborazione dottrinaria, che garantisce la forma coniugante etica/pratica, ma con una esclusiva e finalistica correlazione fattuale, problema/soluzione… obiettivo/programmazione. Il governo vissuto come sistema azienda.

La politica che abdica la suo ruolo di intermediario diventa in tal modo elemento terminale del processo decisorio. Assume un ruolo appunto quasi di marketing, redigendo l’offerta ed incanalandola. Essa così rinuncia al suo ruolo, essenziale in democrazia, di vettore indirizzante. Viene smarrita la politica alta che interpreta la realtà ed elabora una strategia , dal modello di Stato alla prassi operativa, per confrontarla poi con altre nell’arena elettorale, lasciando al Cittadino il compito di scegliere il suo futuro. Si arriva alla politica bassa che funge solo da cinghia di trasmissione tra le decisioni assunte in alto e da pochi e la loro digestione sociale. Ecco l’oligarchia mascherata di cui parlava Mair.

Un altro aspetto legato alla crisi della elaborazione politica e dei suoi devastanti effetti sulla democrazia è nell’emergere del populismo ed in quel suo passare da movimento antagonista, parte attiva del metabolismo politico, a forza di governo, senza avere elaborato la necessaria dottrina interna. Senza avere un modello guida, se vogliamo chiamarla ideologia, che orienti le azioni da assumere in risposta al bisogno sociale.

Traggo spunto da Marco Revelli che ha trattato significativamente la crisi dei partiti ( Finale di Partito, ed. Einaudi ) e che nel suo libro Dentro e Contro ci aiuta a comprendere come la crisi del Partito elaboratore ( che viene da lontano, ne parlava già 50anni fa Calamandrei, così come Pannella ne ha fatto bandiera per tutta la sua vita ) sia l’alimentatore del populismo. Esso si nutre infatti della lentezza esecutiva del sistema democratico , della farraginosità del dibattito politico, della corruzione e dello spreco nella gestione della cosa pubblica. I fenomeni, ovviamente verissimi, vengono letti non come degenerazione comportamentale di singoli, riveniente dalla riduzione della dialettica etica/pratica e dall’allentamento del controllo interno dei partiti stessi, ma come rivelatori di una malattia sistemica. Il concetto di rappresentanza e di intermediazione della politica vengono additati come responsabili dello sfascio collettivo, rappresentato efficacemente da Stella e Rizzo redattori del libro la Casta, vera bibbia populista.

I populisti, e tra questi i più confusionari come il M5S, emergono nell’equilibrio partitico grazie a slogan facili ripetuti con insistenza. Convogliato il consenso verso ipotesi programmatiche quanto meno idiote ( apriremo il parlamento come una scatola di sardine ) ricevono mandato per diventare maggioranza. Approdano al governo senza alcuna visione compiuta ( interpreto la realtà, elaboro una strategia complessiva ) senza dottrina e scelte di campo ( non siamo di parte, siamo per il fare..sic.. ) . Meglio dire .. ai governi.. visto che prima stanno con la destra e poi con la sinistra. Da lì , dal governo, scegliendo cose contraddittorie quanto le alleanze assunte, discendono verso il Cittadino incuneando le loro decisioni nel corpo sociale tramite prassi tribali ed esoteriche.

Con questi populismi al governo non esiste più la dialettica- pur intermediata - tra Cittadini e Istituzione, tra analisi della realtà e risposta sistemica , ma una decisione centralmente assunta e poi venduta al Popolo con una sorta di imbarazzante rituale messianico autorizzativo .. per la serie ..io farei così tu che ne pensi?. Dove il tu non è l’elettore di riferimento, ma l’iscritto ad un sito. Con questa prassi i populisti, che dichiarano di volere la democrazia diretta, incarnano la peggiore prassi verticistica che si sia mai potuta vedere in tutta la storia repubblicana.

Queste tipologie di movimenti civici , destrutturati non elaborativi , sono tenuti insieme da singole priorità e piccole prassi confuse e contrastanti. In esse affogano e per esse si autodistruggono. Spezzandosi, litigando, contraddicendosi perché nessuna ideologia, nessuna dottrina, nessuna strategia li tiene coesi. Questo accade in tutta Europa, con una forte crisi di identità che porta i movimenti stessi a ripensarsi in forma di partito elaboratore , vedi Ciutadanos o Podemos in Spagna, AFD in Germania ed il similare austriaco. Chi non lo fa, come il movimento di Farange in UK, si sfalda e viene riassorbito. In Italia solo il congelamento del parlamento tiene in vita i 5S, che dopo una tornata elettorale, diverrebbero oggi marginali.

Dunque : si può fare politica senza un sistema di valori comuni – l’etica- , si può interpretare il bisogno sociale senza dottrina e senza competenza , si può intermediare il bisogno sociale – la pratica – senza strategia ? Evidentemente no.

L’assenza di questo combinato complessivo, un tempo riassunto nei partiti, determina da un lato la sudditanza del Cittadino alla forma di governo e dall’altro si esprime attraverso una gestione sgangherata. Un sistema di intervento a coriandoli gettati per aria, un pulviscolo di piccole risoluzioni per altro mal funzionanti perché realizzate senza la necessaria capacità manageriale ed operativa. In Italia questo accade da trent’anni!

Ed ecco, nel pieno della crisi istituzionale che la pandemia ha solo accentuato, riemergere la dicotomia di cui si accennava all’inizio tra assunto religioso, il valore assoluto guida la pratica, ed il valore laico , l’etica e la pratica si incrociano dialetticamente nella ricerca della risposta più adeguata.

In assenza di un elaboratore politico laico, che non lavorando alla costituzione di una forma Stato alternativa si occupa solo di modesti aggiustamenti pratici, le chiese incarnano la visione ampia e futura ed attraggono con un valore ammodernato ma antico.

L’Uomo può essere guidato solo dal Supremo da cui si prende il dettato comportamentale ed a cui si rimanda la soluzione della crisi, sia sociale che politica. Nell’Europa cattolica chi è abilitato a parlare in nome del Supremo Valore? il Papa. Ed ecco che Francesco, da Gesuita, riassume le due cose , guida etica ed indirizzo pratico, in un dettato morale. Intervenendo direttamente sulla crisi corrente funge da supporto per Mario Draghi, peraltro fervente cattolico. Dice : “La classe dirigenziale ha il diritto di avere punti di vista diversi e anche di avere la lotta politica. È un diritto: il diritto di imporre la propria politica. Ma in questo tempo si deve giocare per l'unità, sempre". E rimarca: "In questo tempo non c'è il diritto di allontanarsi dall'unità ..Per esempio, la lotta politica è una cosa nobile, i partiti sono gli strumenti. Quello che vale è l'intenzione di fare crescere il Paese. Ma se i politici sottolineano più l'interesse personale all'interesse comune, rovinano le cose".

Mi si consenta la presunzione, ma non è esattamente così.

Intanto vi è un assunto morale da valutare, cioè che i partiti ed i politici che essi esprimono, agiscano per fini personali. Se questo accade è una degenerazione situazionale non una condizione intrinseca. Non è quest’ultima la visione del Papa, Egli ragiona sulla base dell’etica pura. Semmai si dovrebbe dire che essi, i partiti, nella loro forma sana agiscono sulla base di un ideale, laico ma altrettanto forte, di giustizia sociale. Dovrebbero contrapporsi – in termini di lotta politica -tramite modelli alternativi di gestione della cosa pubblica e rivaleggiare sulla base di queste visioni. Ma nell’approccio religioso questo confronto è secondario, poiché primo è il valore ecumenico della comunità di intenti, ed ahimé, di comportamenti. Che appunto la Chiesa indirizza.

E non si parli di unità per urgenza perché il governatore Draghi non si limiterà a gestire tecnicamente alcuni passaggi nodali ( recovery.. vaccinazioni…) ma sta lavorando alle riforme di sistema ed ha , come dicevo altrove, già proposto la commissione di esperti con la quale si accinge a cambiare la forma repubblicana. E’ inevitabile visto che parliamo di un uomo di grande competenza che ha ben chiaro come, senza un modello complessivo e rivisto di gestione dello Stato, ogni intervento lasci il tempo che trova. E’ qui per cambiare. Lo farà. Il come , i modi e le implicazioni di questo sistema rivisto saranno evidenti nel primo dichiarato quanto nella prassi conseguente alla decisione. Mi auguro che chi parteciperà a tale commissione in nome e per conto della sinistra capisca almeno la posta in gioco.

Cosa contrapporre a quella visione ecumenica, siamo tutti insieme e fratelli nello scopo, che di fatto sterilizza il dibattito politico e lo avoca al bene supremo .. ed a questa manageriale, io sono il governo si fa così, voi fidatevi ed adeguatevi .. che si traduce in una verticalità governo/Cittadini ?

Il contrappeso è solo in un’altra visione complessiva. Un altro valore ampio. Un’altra concezione dei rapporti tra Cittadino e Istituzione. Un’altra ideologia. Perché , aldilà si quanto blaterato in proposito, senza ideologia la politica è cosa povera.

Bhaskar Sunkara è il direttore della rivista Jacobin. Formatosi nella cultura socialista , ammiratore di Lucio Magri lettore di Trotzkj estimatore di Ralph Milibrand, Sunkara ha fondato una rivista schiettamente politica, dichiaratamente di area che ha avuto inatteso successo in un paese, come gli USA, dove si vede il socialismo ancora con gli occhi del FBI e di McCarthy. Ha scritto un libro interessante  Manifesto socialista per il XXI secolo ( ed. Laterza) che esprime con chiarezza come, in tempi cosi complessi ricchi di trasformazioni e di ansia, sia evidente la necessità di orizzonti più alti , ideologici quanto pratici. Scrive : socialismo significa credere che più democrazia, e non meno, ci aiuterà a risolvere i problemi sociali, e credere che le persone comuni possano determinare i sistemi che determinano le loro vite. L’obiettivo finale del socialismo è estendere radicalmente la democrazia nelle nostre comunità e luoghi di lavoro, mettendo fine allo sfruttamento degli esseri umani da parte di altri esseri umani.

E santa pazienza, che ce vò !? E’ diventato così difficile parlare di socialismo in Italia come in Europa? Dobbiamo aspettare di ricevere lezioni d’oltreoceano? Mi sa di si.

Perché si è perso il principio politico e così andiamo incontro alla fine della politica, per come l’abbiamo conosciuta.

Un futuro di tecnocrati che rimpastano l’essenza repubblicana, complessa e delicata, grazie una lettura causa/effetto fa temere il peggio. Se la logica imperante è quella dell’efficienza, fare più cose con le stesse risorse, si può perdere la via maestra dell’efficacia, fare le cose giuste.

Ci ritroveremo in un Paese con un Cancelliere alla tedesca od un Presidente alla francese senza aver creato un sistema parlamentare costruito sulla base del contrappeso dei poteri. Con dei partiti svuotati della necessaria elaborazione, senza guide etiche e visioni alte. Consegneremo la storia di una Repubblica costruita su valori precisi, il lavoro la cultura il ripudio della guerra, per avere in cambio cosa?

Una macchina gestionale oleata e funzionale, si, ma a servizio di chi, in vantaggio di quale classe, a discapito di cosa, per quale fine internazionale. Questo non è sufficientemente chiaro?

Sulle spalle dei dirigenti della sinistra, italiana ed europea, il peso di questa fase di complessivo cambiamento. Auguriamoci che ne abbiano contezza e ripartano da dove si sono interrotti . Dall’elaborazione politica. Dalla visione etica e pratica della gestione repubblicana. Dal socialismo.

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