Il punto di caduta

di Corrado Fois - liberacittadinanza.it - 07/12/2022
il Punto di caduta in un negoziato è il minimo di utilità che le parti devono o vogliono ricavare dall’accordo proprio perché questo possa realizzarsi- Manuale di Negoziazione

Un aneddoto riportato da Le Figaro, tempo fa e per altre ragioni, racconta un momento topico dei negoziati tra la Francia ed il Vietnam (Ginevra 1954). Sembra che al termine di un’accesa giornata di discussioni il capo delegazione francese George Bidault rivolgendosi direttamente a Pham Van Dong, capo dei Vietnamiti, chiese “ ma infine che diamine volete da questo negoziato”. Vi fu un momento di imbarazzato silenzio per quella formulazione così irrituale, poi il leader vietnamita rispose “ c’èst très simple repondre, Monsieur, nous voulons notre pays”. Chiaro.Il punto di caduta per i VietMin era semplicemente questo, porre fine al dominio coloniale e riprendersi il proprio destino. Ci vollero ancora mesi di negoziati per una breve pace e poi altri 20 anni di guerra, altri milioni di morti, altri negoziati. Infine nel 1975 tutto finì. Oggi il Vietnam è un paese indipendente, ordinato e ospitale, produttivo e profittevole, ricco di alberghi, di città moderne, di turismo e di materie prime. Si gode la sua scelta capitalista. Lo Zio Ho sorride nelle piazze centrali delle belle città, Saigon od hanoi, ed i dollari e gli euro riempiono le banche. Forse il vero punto di caduta era questo: cambiare le mani sul portafoglio. Ma vabbè, sono ricchezze loro. E giusto così. Ed anche se non lo fosse, sai quanto gliene frega ai nuovi padroni nazionali.

Qual è il punto di caduta ipotizzabile per porre fine alla guerra d’Ucraina? Difficile a dirsi perché gli scopi di quella guerra non sono trasparenti, per nessuno dei due contendenti. In VietNam era tutto chiaro, tutto evidente. Nel quadro del solito scontro tra imperialisti, russo americani, un popolo caparbio e coraggioso trovò la strada per l’indipendenza. E lo fece tanto bene, con tanta ragionevole fermezza e con tale prospettica ricchezza, da trovarsi , solo qualche anno dopo la fine del conflitto con gli Usa, sotto attacco congiunto della Cina e della Cambogia. Entrambe stoppate e portate a negoziare, perché i Min sono piccoli e tosti come castagne. L’invasione cinese in VietNam è una delle tante guerre dimenticate (1979).

La guerra russo ucraina, che oggi turba, è appunto l’ennesima tra le tante combattute senza alcuna speranza di vittoria. Le guerre non si vincono o perdono più. Ogni conflitto, da decenni ormai, è diventato quello strumento sanguinoso quanto inutile di cui parlava Gino Strada. Pensiamo alle guerre israeliane, all’Iraq, all’Afghanistan, al Congo e dintorni, ai Balcani. Milioni di morti, montagne di orrore. Per cosa? Ci si ammazza tra contendenti sapendo, in aggravante, che non esiste una reale possibilità di successo od una fine che dia senso alla sofferenza, come fu invece per la guerra al nazismo. In questi conflitti senza senso si ammazzano sempre i più deboli come i civili od i soldati impreparati. Ma ai signori della guerra non interessa, è tutto parte del quadro generale. Della partita a scacchi tra imperi. E’ la meccanica compresa nel complessivo modo di raggiungere la vera posta in palio: garantirsi il potere e/o tanto denaro.

Lo dico senza retorica e senza stupore, ad occhi aperti ed asciutti. Da quando ho memoria ho visto solo questo in giro per il mondo. Non è cambiato nulla, è diversa solo la narrazione e la conta dei morti. Questo conflitto non è nemmeno più vicino a casa di quanto lo fosse l’invasione Serba in Slovenia. Bisognerebbe solo domandarsi perché ha occupato cosi tanto spazio nella quotidianità della comunicazione. Ogni bomba, ogni drone, ogni cecchino, ogni cadavere riesumato viene filmato e mandato sui social ad ogni ora di ogni giorno, da un anno. Occupazione delle menti e della coscienza collettiva come abbiamo visto solo durante la pandemia.

Eppure… la guerra d’ Ucraina non è una guerra di liberazione, non è una crociata per fede, non è una rivoluzione. E’ solo, in triste evidenza, una parte ed un orrendo prolungamento dell’eterno confronto tra imperialismi. L’America che gioca a fottere la Russia, la Russia che invade un paese vicino, come fu in Ungheria nel 56, in Cecoslovacchia nel ’68 accaparrandosi sempre la parte del cattivo. Dal canto loro gli USA hanno foraggiato golpe, dalla Grecia al Cile, alla Libia. E sono responsabili diretti di varie invasioni: VietNam, con Laos e Cambogia, Panama, Iraq, Afghanistan.

A questo punto della discussione, di solito, chi si è schierato con l’Ucraina obietta : dovremmo forse far finta di nulla e lasciare spazio a Putin? La mia risposta è sempre la stessa.. non discuto quello che si fa ora, sono scelte politiche.. discuto quello che non si è fatto prima.

Dov’era questa giusta indignazione mentre gli americani radevano al suolo Belgrado con il consenso di D’Alema? Quanto ci si è lamentati dell’arroganza di Bush mentre faceva a pezzi Bagdad? Vedo molti idignati oggi, pochi ne ho visti allora. Perché siamo ancora nella logica dei blocchi e della cortina di ferro, o sei in Occidente o sei in Oriente.

Eravamo, francamente quattro gatti. E non ci schierammo allora per antipatia verso gli Americani, ma perché ripudiamo la guerra, come oggi.

Quello che ha fatto Putin, un nazionalista oligarca, agli Ucraini è orrendo, evidentemente. Quello che ha fatto l’amministrazione USA, in casa d’altri e con il costante accerchiamento della Russia è altrettanto evidente. Io non colgo asimmetrie che mi fanno scegliere un cattivo da odiare. Vedo la solita minestra di sempre. La consueta incapacità di maturare nuove logiche tipica degli imperialismi. Al contrario io vedo simmetrie, vedo comportamenti speculari. Malafede che produce violenza. Capitalismo nella sua forma più brutale, in entrambe i blocchi.

Di fatto cosa stanno chiedendo i governi europei agli Ucraini? Cosa si aspettano che facciano? Che combattano fino all’ultimo uomo, sembrerebbe. Niente di nuovo sotto il sole. Lo hanno già fatto i tedeschi con e per Hitler. Per essere europeisti e polticamente corretti basta dire : non arrendetevi mai!! Combattete per la libertà!E magari mettere una coccarda od il tailleurino giallo blu come la Von der Leyen. Bello. Ma anche un po' ridicolo.

A quelli che chiedono, alle donne ed agli uomini d’Ucraina, di combattere la guerra ad oltranza offro un suggerimento, non richiesto. Perché non fanno come Karin Franceschi, un comunista internazionalista, un uomo giovane e libero che ha dato corpo alle sue idee di giustizia. Ha preso lo zainetto ed è andato a Kobane a combattere per i Curdi nella guerra civile siriana, contro l’Isis. E’ una scelta di guerra, certo, ma almeno partecipata.

Io la vedo in un altro modo. Non trovo nulla di disdicevole nel chiedere ora e subito un cessate il fuoco. Uno stop a questa assurda guerra. Senza se e senza ma. Basterebbe dire, intanto smettiamo di sparare e poi discutiamo. Se l’Europa esistesse davvero dovrebbe chiedere all’ONU non di aprire tribunali e di condannare prima di ogni inchiesta attendibile, ma di far da garante ai due belligeranti, a tutti e due, e proporre un tavolo a Ginevra. Smettere di spararsi addosso è la prima condizione per qualsiasi possibile negoziato.

E la vedo in un altro modo sulle forniture d’armi. Rifornire di carri, missili e droni Zelenskj ed il suo governo, vuol dire scegliere di sostenere una parte in una guerra tra nazioni e nel quadro dello scacchiere imperialista. Vuol dire smettere di essere arbitro in grado di indicare la via del negoziato, ma diventare parte in causa o peggio mandante di una guerra in conto terzi.

Ed ancora la vedo diversamente sul sostegno agli Ucraini. Nessuno ha titolo per parlare in nome del popolo ucraino, nessuno sa davvero cosa voglia. Se speri solo nella pace a qualsiasi costo o intenda battersi per la propria indipendenza. Non lo sappiamo per una semplice ed evidente ragione: a nessuno frega niente. Gli Ucraini per alcuni devono combattere e morire per dar corpo alla retorica della nazione invasa, per altri arrendersi subito in nome del pacifismo a tutti i costi

Mai nessuno li ha ascoltati, ne prima ne dopo. Ne Zelenskj che parla a nome di tutti, perché si sente l’uomo dell’anno. Ne la comunicazione di massa che ha costruito una montagna di cazzate impedendo di capire davvero cosa stia succendo là sul campo, nelle verità di quella tragedia.

Cito ad esempio un intervista della BBC. Ho visto in azione un giornalista inglese. Con l’elmetto di rito e l’aria afflitta di circostanza, chiedeva ad una donna smarrita in uno sfondo di macerie.. lei odia i russi? Ma che cacchio di domanda è!! Cosa si aspettava che dicesse .. ritengo che la faccenda vada vista in un quadro più ampio. La povera donna ha strillato , maledetti hanno distrutto la mia casa, invaso la mia città. Il giornalista guardando commosso in camera ha chiosato.. ecco la volontà di resistenza del popolo ucraino. Evabbè.

Uscire da questo orrore sarà tanto più difficile quanto si continuerà a dar corpo alla retorica. La narrazione va smontata ed esaminata. I fatti, le ragioni, gli andamenti vanno misurati oggettivamente. La tregua, prima che la pace, va richiesta ed imposta dall’ONU e dai paesi non allineati dell’Africa, del Sud America, dell’est asiatico.

Si deve valutare la situazione oggettivamente. Non c’è dubbio che ci sia un aggressore ed un aggredito. Ovvio. Le ragioni, tuttavia, sono molte e diverse e vanno tutte esplorate razionalmente. Per questo si negozia, perché esistono parti contrapposte. Ragioni divergenti.

Se chiedessimo tutti con forza non la pace, che è un obiettivo molto complesso e difficile, ma la tregua, che è un punto di caduta negoziale ragionevole, forse la otterremmo.

Questo dev’essere a mio avviso l’atteggiamento di un Mondo ragionevole, realizzare il fattibile, salvare vite, ridurre il rischio atomico.

La tregua sarà pure un momento fragile ed incerto, ma è di sicuro meglio della certezza delle bombe.

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