Condivido con chi mi legge qualche appunto, personale e di certo non corretto, in un insieme frammentario. Cose appuntate mentre scorrevano i giorni di questo triste scorcio d’estate. Giorni in cui è emersa con definitiva evidenza la piega mesta e turpe che ha preso la società occidentale nel suo insieme e l’Italia in particolare. Non da ora, ma in decenni di continuo scivolamento. Per quanto riguarda il nostro paese, sarei ben felice di poter addossare le colpe di tutto lo schifo che sento a questo governo od al defunto ex-Ex, come abitualmente si fa, ma non è così. L’uno è l’altro non sono causa dello sfascio del paese, ma evidente conseguenza. Nessuno, da nessuna parte, ha voluto o saputo mettere argine al collasso morale e politico con rigore e determinazione. Il risultato che abbiamo davanti agli occhi è quest’appiccicoso miscuglio di mediocrità, malvagità ed ipocrisia, trasversale alla società nel suo insieme.
La mediocrità
Secondo Kenneth Blanchard, uno dei più attenti osservatori del comportamento professionale, Può sembrare che persone per bene arrivino ultime al successo, ma in realtà di solito partecipano a un'altra gara. In Italia è da sempre così. Le persone a posto raramente diventano amministratori pubblici, deputati, ministri, premier. Partecipano alla loro vita, personale e professionale, cercando di fare il proprio meglio con continuità. Non le conosciamo se non per presa diretta. Un ristoratore in gamba ed onesto, un medico competente, un poliziotto coraggioso. Un bancario in passeggiata che prende al volo una bambina caduta da un balcone. Le persone perbene sono moltissime, credo la maggioranza. Non fanno notizia e dunque passano raramente nell’informazione di massa. Non chiamano pubblicità. E purtroppo non producono emulazione.
Questa seconda, o terza o quel che è, repubblica italiana è in mano a mediocri con inclinazioni al malaffare. E’ stata – quella dei mediocri - una conquista lunga, ma costante, di tutti i centri di potere pubblico. La prima Repubblica – schiantata malamente od artatamente - aveva in sé il grande difetto dell’instabilità, dovuta ad una utopica visione delle modalità di governo in forma parlamentare. E tuttavia non aveva persone modeste e mediocri nei centri di amministrazione. Ricordo la Napoli di Valenzi, la Bologna di Zangheri e la Milano di Iso Aniasi. Deputati combattivi come Pietro Ingrao e Riccardo Pajetta, coraggiosi amministratori come PierSanti Mattarella. C’erano ministri ladri, che hanno perseguito interessi personali o di partito, ma anche essi, rivisti alla luce di ciò che poi che è stato, rivelano un aspetto meno sinistro. Come ebbe a dire Borrelli, rileggendo con triste realismo mani pulite. Persino il giudizio su personalità complessivamente negative come Andreotti- alla luce del suo ruolo nei servizi di sicurezza internazionale nel quadro della guerra fredda- ha una sua evoluzione. La composita sinistra aveva persone di altissimo profilo umano e politico. Enrico Berlinguer e Riccardo Lombardi spiccavano, e poi Lucio Magri, Luigi Pintor, Adriano Sofri. Il grande sindacato di Luciano Lama, un uomo retto che evitò col suo coraggio lo scontro fisico tra operai e studenti rivoluzionari, un giorno di tanti anni fa.
Cos’è rimasto, oggi? Il terzo millennio ha visto il continuo scivolare in basso della democrazia. Segreterie incerte e confuse. Maneggioni come Berlusconi, confuse alleanze senza identità che non fosse l’ambigua definizione di progressiste. Ed infine, nel crescere della visione populista, la ormai sedicente sinistra ha vissuto un’inarrestabile discesa verso il vacuo. I resti della DC hanno ammorbato il PDS. Il PD nato dalla scellerata svolta veltroniana e stato amministrato da seconde linee del pensiero democristiano. Modeste come Letta, cialtronesche come Renzi. Le scuole quadri chiuse. Le sezioni nei quartieri semi scomparse. Il dibattito azzerato in una crescente guerra per bande, con capimanipolo già di loro modesti seguiti da codazzi di arrampicatori.
La mediocrità va spesso a braccetto con la malvagità. Come suggeriva Camus, il male è prodotto quasi sempre dall’ignoranza. Un esempio oggi clamoroso è la gestione dei migranti. Frutto criminale dei vari governi negli ultimi dieci anni. La destra su questo dramma ha costruito il successo, per contro il PD al governo ha balbettato, impaurito da ogni possibile elezione. Niente jus soli, nessuna strategia di accoglienza, nessuna pressione internazionale per gestire in maniera condivisa un fenomeno che riguarda tutta Europa e che contiene – al contempo – minacce ed opportunità. E soprattutto richiede senso di umanità, tolleranza, inclusione. Roba irrintracciabile in tutta la compagine partitica. Trasversalmente. Migliaia di morti sono la conseguenza.
Lo spettacolo che offrono i centri per migranti, dal sud Italia all’Inghilterra, è sconfortante. Il coraggio e la dedizione di medici, guardia costiera, polizia, cittadini è vanificato da questi governanti improvvisati – cognati e lacchè - buoni solo per fare passeggiate tra la miseria snocciolando frasi da libro cuore vuote ed untuose. Provo vergogna a guardare l’odierno spettacolo e se guardo indietro e penso alla montagna di occasioni perdute provo rabbia. Il tempo che costoro hanno buttato in discussioni idiote, senza mai fare nulla oggi pesa come un macigno. Ed è imbarazzante vedere l’innocua Schlein con la faccia di circostanza criticare questo modesto governo dimentica di avere in eredità un partito che non ha fatto assolutamente niente per gestire la drammaticità della nuova migrazione.
Ecco, a guardare come è gestito il paese, dalla difesa del territorio ai basilari servizi sociali, vien in mente quella efficace definizione di Hanna Arendt: la banalità del male. A cui oggi si può aggiungere la mediocrità fa il male.
La malvagità
In uno spettacolo teatrale, molti anni fa, Luttazzi improvvisava col pubblico. Ricordo che ridendo commentò qualcosa di cronaca più o meno così la società italiana è come una torta di pasta frolla con la merda in cima. Il problema è che la pasta frolla assorbe.
La società nel suo insieme si è ammalata di malgoverno e di esempi negativi. Immagini disgustose sgocciolate sulla coscienza italica, fatta di pasta frolla. Le sguaiate feste organizzate da una faccia di culo di politico tal Batman, credo. L’imprenditore cocainomane stupratore. Il malaffare del ministro. Il prete pedofilo. Il magistrato corrotto. Il marcio, amplificato nei talk show dai commenti dei soliti opinionisti, che diventa via via abitudine. E non ultima mestizia la presenza di certe vittime ben in mostra davanti alle telecamere. Essere vittime è un’orrenda circostanza, ma non rende migliori, si resta quello che si è: il prodotto di questo ciarpame che chiamano costume per cui esisti solo se sei in mostra, senza pudore. Esaltati dalla tibbù o dai social certe vittime concorrono al degrado apparendo in ogni diamine di programma, impupati come per un matrimonio napoletano, a parlare, tra gli spot pubblicitari, di morti e di stupri.
Le orribili vicende di Palermo e di Parco Verde sono solo l’epifenomeno dello sfascio morale che corrode il paese. Non è cronaca nera, è lo specchio di questa società senza più valori e senza presenza e controllo sociale diffuso. Com’era invece un tempo.
Anche in queste cose si vede chiaro il ruolo che aveva la sinistra di classe. Quando c’erano le sezioni del Partito o le sedi dei movimenti il controllo nei quartieri era forte. Non solo si preveniva costruendo coscienza di classe, dunque sociale e personale, ma si reprimeva con la forza dei servizi d’ordine. Perché la gestione non è pedagogia, non serve il metodo Montessori, ma la giustizia. L’esempio dato con uno impediva che l’emulazione moltiplicasse altri. Se non siamo ipocriti lo sappiamo tutti molto bene.
Il virus del cancro morale che abbiamo sotto gli occhi è nel modello comportamentale delle società disumanizzate e capitaliste, ed ha corroso le coscienze più fragili. Il terreno di coltura è nella scuola che non forma strutture etiche e sapere, nelle famiglie sgangherate dove spesso la droga penetra ed inquina. E’ nei social che da opportunità di libertà sono diventati cloache dove scorre di tutto. Il contesto di questi crimini sono quartieri in cui – come dicevo - non c’è più la presenza del Partito e delle sue sezioni. Realtà ghetto dove i ragazzi non hanno altro riferimento culturale che quattro rapper minchioni. Spazi orrendi inventati per speculare come Parco Verde, lo Zen di Palermo, la periferia di Roma o Milano. Case ghetto uguali a qualsiasi periferia occidentale.
Il crimine è interclassista, la malvagità che lo accompagna pure ed è il lassismo che permette la sua estensione. Essere emarginati socialmente non giustifica e non spiega niente. Migliaia di persone abitano quei quartieri periferici. Cercano di vivere nel degrado che le circonda, con dignità e senza nessuna assistenza. E magari sono i genitori o i parenti degli stupratori di Palermo.
Parliamo di questi figuri, perché sono la rappresentazione dei tempi che viviamo che mescola vecchi retaggi maschilisti, di chi ha paura della donna, e nuove tecnologie in una matassa appiccicosa. Se uno li guarda questi figuri, senza sapere che han fatto, appaiono come un gruppo di nullità. Le foto pubblicate sui giornali, con nomi e cognomi, mostrano dei nessuno con espressioni idiote e tronfie. Uguali a migliaia di nessuno che affollano strade e pub. Non sono degli emarginati, cioè una categoria sociale, sono ormai diventati escrescenze manifeste del cancro morale. Non hanno alibi, scusanti. Sono forme di vita irrecuperabili perché quello che hanno compiuto è nella loro stessa natura. Da l’essere nessuno sono assurti a simboli del degrado. E magari ne sono contenti perché non avendo nulla dentro essere qualcosa fuori, qualunque cosa, è già un certificato di vita.
Alla fine conta relativamente sapere che la responsabilità del vuoto mentale degli stupratori di Palermo sia della forma capitalista dello stato e nel nullismo dei sindaci e degli amministratori che stanno alla larga dai quartieri. Davanti alle azioni conta solo la responsabilità diretta. Inutile discutere di come si è formato il cancro. E’ chiarissimo. Bisogna solo decidere come estirparlo. In sette contro una sapevano cosa facevano ad un altro essere umano. Quindi ora devono solo pagare. Punto.
I sette sorci hanno sguazzato per mesi nella cloaca che ormai sono i social di massa, mostrandosi con atteggiamenti un po' ridicoli ed un po' squallidi tipici di quel codice di comunicazione fondato sull’estremizzazione del niente. Irridono, piagnucolano, sentenziano. Hanno vent’anni è sono solo escrescenza cancerosa. Come quei mostri anonimi che pagherebbero per il video dello stupro, che i sette volevano mettere all’asta, lo ventilava il Giornale di Sicilia. E magari questi sciacalli sono padri, sono gente che va in parrocchia. Gente che vota i partiti d’ordine per proteggersi dai migranti. I moralisti da bar.
Ecco guardando a queste storie, guardando quelle facce penso – ancora una volta - che davvero manca la giustizia di classe in quei quartieri, prima ancora dello Stato che a Palermo è rappresentato da sindaci evanescenti quando non corrotti.
Penso che in un paese che ha giustizia lenta e leggi lasche, progettate per parare il culo dell’ex-Ex e dei suoi sodali questi sorci se la caveranno. Magari con qualche tempo in un carcere, forse, ed intanto continueranno a vantarsi nei cosiddetti profili social, inguazzati di altri sorci, complici morali. Guardo a quel che è accaduto ora e ricordo, nel passato ormai remoto, altri modi ed altre forme.
Girava una leggenda metropolitana negli anni ’70. Dopo i primi morti di eroina si cominciò a capire cosa fosse di mostruoso lo spruzzo. Si capì che mostri fossero gli spacciatori che vendevano degrado davanti alle scuole medie coperti da una sospetta immunità. Si narra che qualcuno pensò che era tempo di finirla perché la droga stava inquinando una generazione, come poi vedemmo. Sempre secondo la leggenda si formarono delle squadre, diciamo ronde proletarie, nei quartieri e davanti alle scuole. La storia narra che molti spacciatori fecero i conti con gli ospedali. Si narra di un famoso ed arrogante spacciatore che a Genova girava mostrando una bella pistola cromata. Venne legato alla grossa moto con la quale andava per scuole e buttato a mare. Si salvò per miracolo. Dicono. La favola racconta inoltre che – davanti al crescere dello spaccio - queste squadre si diffusero in altri ambienti, oltre alla sinistra di classe. Si dice, ad esempio, che a Roma e Milano, i neri organizzarono delle squadre simili. Magari di quel lato della leggenda sa qualcosa l’attuale presidente del senato, allora capo del Fronte della Gioventù. Che oggi tocca con mano, in casa, quanto fare proclami moralisti non serva. Quanto certi modi, in fondo, erano bruschi ma efficaci.
La cura- se è vero quello che narra la leggenda metropolitana - fu drastica ed un tantino illegale. Ma di sicuro funzionò. L’arrogante senso di impunità che spiccava nelle facce degli spacciatori di allora, lasciò spazio ad una paura tangibile. Sparirono dalle scuole e si rintanarono nelle piazze di spaccio dove si doveva scegliere di andare. La storia narrata finisce così. Lungi da me tessere l’elogio di tali forme manesche, ne penso che ci si debba fare mai giustizia da soli. E’ meglio in gruppo.
Di certo non credo che per gente simile ai sorci di Palermo siano applicabili modelli pedagogici, recuperi e redenzioni. Andavano fatte prima queste cose, nella costruzione delle coscienze, nelle famiglie nelle scuole nel quartiere. Ora non funzionano. Perché costoro non hanno più coscienza.
I militari italiani, ventenni reduci dagli orrori della Bosnia o della Iraq non dormivano la notte per ciò che avevano visto o fatto. Avevano combattuto, ucciso, visto morire ed il dolore il raccapriccio li divorava. A fatica e grazie ad un senso morale molto forte hanno ripreso le loro strade. Questi sorci non hanno rimorsi. Piagnucolano coi poliziotti per paura di prenderle, ma passato il pericolo eccoli sguazzare nei social come prima, come riportano le cronache delle redazioni di Palermo de La Repubblica e del Corriere.
La malvagità si sradica. Perché nelle menti deboli l’esempio si stampi fortemente. Dunque mi auguro una sentenza rapida ed esemplare senza sconti. E mi auguro che le anime pie non facciano crociate. Li lascino marcire in carcere. E già così a questi sorci va di culo.
..infine
Seppure questo pezzullo stizzito sia dedicato al mio paese, la curiosità internazionale è sempre la prima. Tra i miei appunti c’erano anche due righe sul volo del predestinato. Le incollo qui.
In perfetto stile Il Padrino, Don Vlad ha liquidato il suo capobastone. Facile che il cuoco avesse alzato un po' troppo il prezzo della Wagner, con la pretesa di spartire. Trovato chi può sostituirlo – tra i suoi ex fedelissimi -si è proceduto all’eliminazione. Della faccenda, che ha certamente questa evidenza, resta tuttavia un lato oscuro. Su quel volo c’era tutto l’entourage di Prighozin, quello più stretto. Il suo secondo, dichiaratamente nazista, la sua guardia del corpo, un militare esperto ex KGB, cari amici e sodali. Un po' troppo, direi. C’è una legge di sicurezza per le aziende private: il vertice manageriale non può volare tutti insieme. Per ovvie ragioni. Devo credere che una struttura di professionisti della guerra non applicasse questa regola basica della security? Hm.
Quindi siamo davanti ad una vicenda sbilenca tra l’ovvio apparire e la sostanza segreta. Comunque fa parte di quel tutto che non sapremo mai. Quel tutto che se per caso comprendessimo sarebbe meglio dimenticare, assunto che il plutonio nella marmellata fa decisamente schifo.