Se non fosse per l’età, per qualche acciacco da vecchie batoste, e per il fatto che non credo più alla redenzione andrei a Montecitorio a distribuire un incalcolabile mitragliata di sberle. A casaccio.
Sono certo che i poliziotti, giunti in piazza per arrestarmi in quanto manesco sovversivo, mi offrirebbero un bel bicchiere di fresco Frascati alla bottiglieria vicina al Pantheon. Un poliziotto italiano, che rischia la pelle ogni santo giorno, guadagna mediamente tra i 1500 ed i 2000 euro al mese. Un parlamentare medio italico, uno come Barlozzo..Turozzo…Pozzollo ( non mi ricordo come diamine si chiami) lo sparatore della pro loco, ne prende tra i 15000 e i 20000. Più o meno 10 volte di più. La prossima volta che vedete in strada un gruppo di deficienti che sta massacrando un malcapitato per passare il tempo, chiamate un deputato. Vediamo se merita lo stipendio che gli paghiamo. Vitalizio incluso.
Demagogia ed irritazione a parte, ragiono su alcune fattualità che dimostrano la caduta del saggio medio di morale che affligge la partitica italiana e di come essa si inabissi nel guano in un vortice di imbarazzanti e micidiali minchiate. Una caduta verticale prodotta principalmente da due cose distinte e consequenziali: la protervia arrogante di chi ormai se ne fotte della decenza, ed a seguire la raggiunta inutilità dei parlamentari così come sono concepiti.
In Grecia nel 1967 l’esercito mandò i carri armati ad occupare Atene, la culla della democrazia. Nel ’73 l’aviazione cilena massacrò i difensori de La Moneda, Allende tra i primi. Ma allora c’erano grandi valori morali in campo, donne ed uomini con la schiena dritta, onore e dignità politica. Ideologie forti. Ora non c’è bisogno di sprecare benzina e sparacchiare bombe che scassano tutto. Per far cadere una democrazia basta lasciarla in mano alla gente che vediamo razzolare in quel che resta delle istituzioni repubblicane.
Protervia ed arroganza.
Se chi rappresenta la comunità ed il valore delle istituzioni agisce con assoluta autoreferenzialità, protervia ed arroganza, procura grave danno all’immagine della Repubblica ed alla sua credibilità, mettendone a rischio il futuro. Il comportamento istituzionale ha delle regole non scritte ma precise. Non dare scandalo e non agire in modo personalistico, subordinando sempre l’interesse personale al valore di esempio connaturato al ruolo istituzionale ricoperto. Guardando allo spettacolo offerto dai politici in questi ultimi trent’anni sorge dal cuore una domanda tanto semplice quanto icastica: ma chi cazzo lo fa??
Prendiamo un onorevole a caso. Il sior Franceschini, ed il caso della sua consorte candidata e poi eletta come deputato alle scorse elezioni, quelle vinte dai sovranisti. Per essere esplicito sul caso in oggetto vorrei utilizzare le parole di Robespierre, uno che di morale repubblicana si intendeva così tanto che l’hanno voluto ammazzare. Tutto ciò che è immorale, tutto ciò che può corrompere è controrivoluzionario. Vizi, debolezze e pregiudizi sono la strada per la monarchia.
Il fatto in sé, che il PD ed i giornalisti accodati han cercato di derubricare dalle figure di merda, si sostanzia in questa dinamica: Franceschini, ex Margherita ex diccì, ha fatto sì che fosse candidata sua moglie Di Biase. Poi l’hanno votata gli elettori, per carità, ma insomma non è che questo significhi granché. Gli elettori hanno messo X pure sul pistolero della proloco ed hanno votato pure Lollobrigida – il cognato nazionale - che ogni volta che parla fa cascare le orecchie. Et caetera.
Non è reato candidare un/a parente, ovviamente. E’ solo l’ennesimo cattivo esempio. Dicevo tempo fa, vedendo così tanti affannarsi a cambiare la Costituzione, che si potrebbe renderla più realista tanto per cominciare. Meno poetica, meno sognante. Meno morale. Cambino l’articolo 1 prendendo atto della realtà, l’Italia è una Repubblica fondata sui parenti. Metterebbe d’accordo tutti, governo ed opposizione di turno e l’intero nostro Paese che pratica il familismo amorale in ogni comparto, dal cinema ai consigli regionali della Campania. Una grande riconciliazione.
Vero fu il Berlusconi a tracciare la via. Candidava igieniste dentali, ex bellocce delabré, avvocati di famiglia e famigli. Faceva così anche il Bossi, che impose alla Regione il figlio Trota. Giustamente tutti – progressisti, anime belle, sinceri democratici– si indignavano e facevano grande schiamazzo. Gli stessi che hanno fatto finta di niente davanti alle medesime cose praticate dalla non destra.
Non ce l’ho col Franceschini per la consorte, scelte sue, la faccia è la loro. Piuttosto ce l’ho perché hanno messo a rischio pernacchia chiunque nel piddì e limitrofi si indigni per teleMeloni o per il nepotismo di Fratelli d’Italia ( nomen omen ). Quando il pulpito si sgretola chi predica ruzzola.
Ricordo Togliatti e la Jotti che resero clandestino quel grande amore, solo per non offrire argomenti distrattivi all’Italia bigotta e protofascista. Lo ricordo e penso che aveva ragiona Emil Cioran quando diceva la morale è la prima vittima della Storia. La storia di questi anni la conosciamo bene. La vera eredità lasciata alla Repubblica dal due volte premier Silvio Berlusconi è in sintesi questa: la morale è un accessorio. Come il cappello di paglia, il fermacravatte, il cavatappi e le manette. Eredità ripartita bipartisan.
L’inutilità
Corrado Alvaro è uno scrittore calabrese, morto a metà degli anni cinquanta. Tanto rimosso che se digitate su Wikipedia solo il cognome compare, ben prima di lui, Alvaro Vitali. Scrisse un libro molto bello e toccante che lessi molti anni fa: Quasi una vita ( Bompiani, ed). Alvaro disse, in quegli anni ancora turgidi di ideologie forti e morale di classe, la disperazione più grave che possa impadronirsi d'una società è il dubbio che vivere rettamente sia inutile. Ma di come i politicanti abbiano reso inutile la morale abbiam già detto. Parliamo dell’inutilità del ruolo.
La Costituzione italiana, stabilisce che la sovranità appartiene al popolo, cioè a tutti i cittadini, che la esercitano nelle forme e nei limiti che la Costituzione stessa indica. Una delle più importanti forme di espressione della sovranità popolare è l'elezione del Parlamento.
Prendo il periodo pari pari dai documenti istituzionali che propongono anche l’accluso schema di funzionamento.
Come si vede in questo chiarissimo, quanto teorico, esempio è il Popolo che forma con la sua scelta il parlamento, ed a seguire come esso elabori, tramite appositi percorsi decisori, tutta la vita repubblicana.
Sappiamo bene che qualsiasi costruzione si regge sulle fondamenta. Ed il fondamentale è proprio nel come il Popolo elegge i deputati. Se questo fondamentale viene indebolito o peggio reso vano il processo a seguire risulta compromesso. Almeno dal punto di vista dei valori fondamentali della Repubblica Parlamentare, quali la rappresentanza, la partecipazione, la discussione.
Come è stato vanificato, dunque reso inutile, il fondamentale? Con le regole che si sono dati tutti i partiti. Vediamone una che spiega tutto. La scelta delle candidature.
Mentre i politicanti ci infelicitavano l’esistenza con pallosissimi ed estenuanti dibattiti sulle forme tecniche della legge elettorale – proporzionale, maggioritario, misto, mattarellum porcellum rosatellum e via così – nascondevano il vero problema: la verticalità nelle scelte dei candidati.
Il segretario ed il suo cerchio magico decidono chi va candidato. Agli Elettori viene somministrata una lista di nomi che, sfruttando le magagne di alcuni dettati operativi della Costituzione, è sintetizzata in laboratorio.
Il deputato può essere proposto a collegi nei quali non solo non è mai nato, ma nemmeno ci vive o ci transita spintovi dal caso o dal desiderio di esplorare. E’ messo lì a cazzo, oppure dove è più opportuno, o dove maggiore è la fedeltà al partito. Come Di Pietro, el desaparecido, candidato dal PDS al Mugello essendo egli palesemente molisano.
Quindi il candidato non rappresenta la comunità locale che lo voterà come proprio deputato. Non la conosce. Non ne ha chiare le caratteristiche e le necessità. Spesso non ci va nemmeno dopo eletto. Perché i suoi datori di lavoro non sono gli elettori, ma la segreteria del partito. Chi ne valuta comportamenti ed operato non è il Cittadino ma la corrente che lo ha imposto. Ecco perché i vertici dei partiti hanno cercato di arginare le correnti, perché esse frazionano il potere esecutivo del segretario stesso.
Che diamine di leggi proporrà il parlamentare eletto, partendo da quale lettura delle esigenze di vita della comunità locale, perché concretamente che diamine può rappresentare un perfetto sconosciuto? Ed in aggiunta al triste quadro della verticalità, si sono levate le preferenze nelle schede. Il risultato è che ad esempio io, spinto da mal intese necessità di fare argine al sovranismo, ho votato PD le scorse elezioni e di fatto ho mandato in parlamento un sarchiapone che non so nemmeno chi sia.
La scusa dell’eliminazione, parlo delle preferenze, che privilegia ulteriormente le segreterie, è stata il voto di scambio e le infiltrazioni mafiose. Le preferenze sono state tolte negli anni novanta ed in questi trent’anni sono centinaia i deputati indagati o condannati a vario titolo, includendo rapporti con la criminalità organizzata. Era una bufala, come i fatti dimostrano. Era solo la comoda via per togliere scelte e verticalizzare ulteriormente il potere dei partiti sul Parlamento.
Da tutto ciò l’inutilità del Parlamento stesso. Non è soltanto svuotato del dibattito, si governa a botte di fiducia da decenni, ma anche quando fosse davvero coinvolto coinvolgerebbe gente impreparata, unta dai signori di turno, grata al partito per l’improvvisa ricchezza e tuttavia pronta a tradire seguendo la migliore offerta. L’abbiamo visto con centinaia di cambi di casacca a destra ed a sinistra, usando con questi termini la geografia parlamentare.
Ora ci incazziamo sull’autonomia differenziata (ma non era la raccolta, differenziata? Vabbè sempre di spazzatura si tratta) e sulla proposta di cancellierato ad elezione diretta. Tutto bene, tutto fa brodo. Facciamo opposizione. Aggiungo solo: non sarebbe il caso di allargare il focus ad una revisione seria nella formazione delle liste? Semplice: puoi essere eletto solo dove risiedi e quindi solo in un collegio. E già che ci siamo dimezziamo lo stipendio, portandolo a livelli europei, assunto che purtroppo non si possono eliminare i rimborsi elettorali saccheggiati da molti di costoro, per molto tempo.
Non c’è altro da aggiungere, né chiose da trovare. Il principio di fattualità ci insegna che l’evidenza è auto esplicativa. Che a votare vada ormai più o meno uno su due ha ragioni evidenti.
Il pericolo per la democrazia non viene da una parte precisa, ma dai comportamenti diffusi nei partiti di ogni collocazione e tra i parlamentari di ogni livello, dal comune al senato. Diffusi ed ingiustificabili.