Soldati di s/ventura. L’ internazionale nera

di Corrado Fois - liberacittadinanza.it - 15/05/2023
Quando i ricchi si fanno la guerra tra loro, sono i poveri a morire – Jean Paul Sartre -- Al vincitore nessuno chiede mai conto di ciò che ha fatto- Adolf Hitler

Posto la terza ed ultima parte delle mie riflessioni sul fenomeno delle formazioni militari professionali visto, almeno dalle fonti che hanno mosso le mie riflessioni, nel quadro della nuova articolazione della destra nazionalista in corso in Europa. In questo pezzullo a puntate ho voluto ragionare su un rischio, a mio avviso, molto preciso: si sta sottovalutando – ipnotizzati dalla guerra più mediatica della storia- la struttura ideologica che alimenta il conflitto e, in questo quadro, le milizie speciali, sia russe che ucraine. Una struttura forte e pervasiva che attraversa, come detto, prima di tutto la politica europea e che a tendere potrebbe unire in un unico intento l’arcipelago di sigle e capi che, al momento e nelle attuali circostanze, confliggono. Ne ragioniamo tra qualche istante. Intanto provo a mettere una cornice al tutto, per come credo di averla capita.

Uno sguardo di insieme

In questo primo ventennio del secolo è cresciuto di intensità lo scontro interno al sistema capitalista tra potere finanziario e potere industriale, che si è incanalato, come naturale, sia nel confronto politico che nel conflitto aperto, nei vari punti dello scacchiere geopolitico.

Il primo, il capitalismo finanziario, opera trasnazionalmente e cavalca la globalizzazione dei mercati spostando dove conviene masse di denaro, in termini speculativi. Nel 3° millennio la finanza è diventata – grazie ad alcune leggi scellerate volute dai dem americani, storicamente il partito della finanza - una struttura di potere indipendente. Un potere che si è reso autonomo in tempi relativamente recenti, assunto che fino al secolo scorso la finanza era parte terminale del sistema economico guidato dai processi industriali.

Questo nuovo potere è gestito da nuovi attori – i fondi, le banche d’affari, le tecnologie e la comunicazione- che intendono cambiare a proprio vantaggio i punti cardine dell’economia – energia, produzione, commercializzazione.

Negli ultimi tre lustri la finanza ha occupato, in termini di possesso azionario diretto delle imprese, tutti gli spazi non presidiati dal capitalismo industriale, per sua stessa natura conservatore. Così è stato ad esempio per il farmaceutico. Un mercato enormemente dilatato e reso remunerativo grazie alla comunicazione di massa che ha usato la pandemia trasformandola in un armageddon evitabile solo con la vaccinazione collettiva. Così come è il caso del ricambio energetico dal petrolio (storico asset del capitalismo industriale) al rinnovabile (dove ha investito la finanza ) con la conseguente utilizzazione di nuovi minerali per l’accumulo energetico. Minerali e materiali fino a ieri assolutamente secondari che hanno goduto di una moltiplicazione di valore. Le imprese che li comprano, li trasformano e li mettono sul mercato come prodotto finito sono in larga parte in mano ai fondi finanziari, vedi Blackrock, etc. Un ricambio energetico sostenuto da massicce campagne di sensibilizzazione collettiva volute dalle imprese di tecnologia e di comunicazione.

Per contro il capitalismo industriale prosegue la sua strategia ormai centennale basata su petrolio e gas fonti consolidate che alimentano i principali di processi e le capacità produttive costruite a perimetro nazionale, o nella sfera di influenza diretta. Di questa struttura macro economica le espressioni politiche sono la brexit, il put America first di Trump, l’egemonia tedesca in Europa e la politica grande russa di Putin. Della Cina ragionerò altrove … come sempre i cinesi giocano su più tavoli una partita che è, a mio modo di vedere, la più intelligente in circolazione.

Il conflitto tra le due forme dello stesso sistema capitalista si esprime anche in questo: la globalità contro la nazione. Con le conseguenze in politica: i liberali contro i conservatori.

Il nazionalismo, il sovranismo o come diamine si voglia chiamare è da sempre l’espressione politica del capitalismo industriale. La destra nazionalista è la chiave per arrivare alla gestione della cosa pubblica e ridurre o rallentare l’impatto complessivo di trasformazione su cui hanno fortemente investito fondi, banche d’affare e i nuovi capitalisti della Silicon Valley.

Se i gruppi dell’industria pesante, armi incluse, e del petrolio o gas mettono la destra in grado di essere governo essa varerà leggi volte ad amministrare attività e comportamenti in coerenza con gli obiettivi ricevuti. Una espressione politica – la nuova destra - che abbiamo visto chiaramente finanziata dall’industria pesante e sostenuta, per la creazione di una narrazione e di un’immagine pubblica, da editori ad essa vicini come Murdok editore di Fox e Vincent Bolloré, magnate dichiaratamente ultra nazionalista, di Vivendi. Notoriamente azionista della nostra Telecom.

E da tempo che il capitalismo industriale tenta di giuntare le destre internazionali. Nella metà dello scorso decennio giravano sui social immagini provenienti dalle diverse campagne elettorali in corso per le presidenziali, che evidenziano intenti unificanti. Ne posto una che rende chiarissimamente ciò che scrivo. Marine Le Pen nel suo ufficio elettorale inserita in un trittico con Putin e Trump. La destra anti globalizzazione, espressione del capitalismo rigido di tipo industriale, si propone come pacificatrice, riunificante, coesa.

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Non ha funzionato granché. Le Pen non ha vinto. Trump è andato a puttane, letteralmente. Putin si è infilato in un tunnel bello stretto.

Ma questo risultato non ha modificato il corso degli eventi. La destra nazionalista, che ha cambiato iconografia non i mandanti, cresce in tutta Europa. Va al governo in molti paesi e, si badi bene, ovunque essa governa subito imposta cambiamenti di struttura e di sistema. Vedi Israele, vedi il nord Europa e l’est UE. Vedi l’Italia con le sue ipotesi di riforma della Repubblica.

La destra impone il suo taglio conservatore superando – in coerenza coi tempi ed il costume - i propri vecchi paradigmi ormai ossidati, come il maschilismo ed il razzismo. In Italia come in Francia o nei paesi scandinavi sono donne al comando, del governo o dell’opposizione. In UK è premier un immigrato indiano che però sta più a destra ed è più sciovinista del bianchissimo ed inglesissimo Arcivescovo, di suo non propriamente un innovatore. Una estrema destra che va al governo in modo democratico e che da democratica si comporta. Finché sarà utile a chi ne muove le fila. Poi si vedrà.

Intanto, nei campi di battaglia di Ucraina si delinea, forse appena abbozzata e di certo molto contraddittoria, una nuova potenziale forma di potere. Il potere esecutivo militare. Gli eserciti tradizionali diventano parte meno rilevante nello scacchiere geopolitico mondiale. Ovviamente non l’esercito cinese e la succursale nord coreana e, per alcune componenti, quello americano. Di contro emergono sempre più significative e sempre più consapevoli le milizie speciali.

Come dicevamo, finora esse o si ignorano in giro per il mondo, o si scannano come in Ucraina od in Africa ed in Siria. Ma non è detto che duri. Se le si guarda si colgono immediatamente più simmetrie che divergenze. Sono unite da un ruolo condiviso, essere forza d’urto. Sono alimentate da una ideologia di fondo, l’estrema destra o l’ipernazionalismo. Le persone che vi militano vengono cresciute con identica mitologia, l’uomo il coraggio il sacrificio, e forgiate con la medesima liturgia, la fatica la disciplina l’addestramento. Esse, queste milizie, sono più simili di quanto si immagini.

I conflitti sono circostanze della storia mentre l’unità di intenti e la comunità di valori sono fattori durevoli. Soprattutto è durevole l’interesse comune. Ed oggi, mi sa, queste milizie stanno scoprendo di avere più ragioni per fare fronte comune di quante ne abbiano per scannarsi. Contratti e denaro a parte. Ma i contratti cambiano, e la fonte può cambiare strategia.

L’internazionale nera

Cosa unisce un miliziano bulgaro, uno svedese dell’NMB, un far right ultras inglese, un militante suprematista americano, un fascista russo ed un nazista ucraino? Tutto. Niente.

Ci ragioniamo guardando all’internazionale nazionalista. Un bell’ossimoro, non c’è che dire. Tuttavia rendere a connessione internazionale il singolarismo nazionalista appare possibile, perché da qualche parte così si è incominciato a volere. Un pochino lo abbiamo visto nella foto della Le Pen che mostravo prima: uniti a guardare dalla stesso lato ( il destro ) i tre leader divisivi fiondati a palla sul primato della loro nazione. Questo nuovo atteggiamento sovra nazionale della destra spiega perché dicevo che il tutto ed il niente uniscono i vari citati movimenti. Perché niente unisce più gli esseri umani che il tutto formato da un interesse comune. Il denaro, il potere. Naturalmente.

Quindi: tenta, forse, di unirli il mandante, la grande lobby del capitalismo industriale. Così come di certo li avvicina quel sostrato nazionalista che fornisce la struttura ideologica e che sfocia talvolta nel suprematismo bianco e nella mitologia nazista. Sono ideologie forti, le uniche sopravvissute al grande azzeramento voluto alla fine del secolo scorso. L’attrattività ideologica è molto importante per reclutare tutte le risorse umane necessarie per costruire ed espandere le milizie politiche.

Ogni uomo, anche un militante di piazza od il soldato di ventura, per rischiare la vita deve trovare il suo mondo ideale di riferimento. Deve avere quella motivazione interiore che ti fa superare l’umana paura della morte, della mutilazione, della sofferenza. Le truppe naziste sfoggiavano Gott mit uns, Dio è con noi. Il motto della Legion Etranger è latino, Legio Patria nostra. Quello del Tercio la storica milizia spagnola, con la SS forse i più sanguinari combattenti del secolo scorso, los novios de la muerte.

La sinistra europea all’alba del terzo millennio ha dichiarato che le ideologie del ‘900 non sono più necessarie. Ha dismesso strutture di partito, connotati politici identitari, visioni ideali. Si è detta: sono necessari pragmatismo, realismo e quant’altro per fare della politica, come diceva Prodi tempo fa? ..una cosa sexy. Una politica sexy. Una politica armocromatica.

Ma cari Cittadini, per questi valori nessuno rischia calci in bocca in piazza e pallottole in giro per il mondo. Viene sempre un momento in cui il confronto diventa scontro. Ed è allora che ti serve una forza motivazionale, una passione morale che supera il soggettivismo. La socialdemocrazia ha azzerato la sua spinta ideale, ideologica se vogliamo.

L’internazionale nera non l’ha fatto. Non ha rinunciato nemmeno per un secondo ai nibelunghi, all’eroe, alla disciplina, al combattimento. Miti mantenuti nella naftalina quando contavano zero. E piano piano sono cresciuti. Nelle periferie delle città, Parigi, Londra, Dresda, Roma. Sono entrati nei quartieri musulmani di Malmo, dove una impaurita minoranza di svedesi subiva il crescere della pressione dei nuovi modelli comportamentali, come, purtroppo, le angherie della mafia pakistana ed algerina. E’ andata così, fattualmente. Oppure pensiamo, da razzisti, che il colore della pelle faccia la differenza? Beh, spiacente, non la fa. Né in male, né in bene.

Se il sistema capitalista prende a calci in bocca l’immigrato questi costruirà la sua legge e la sua identità per sopravvivere all’emarginazione, e forse per crescere. Lo abbiamo fatto noi italiani e gli irlandesi in America. Lo fanno i nigeriani in Campania. Lo fanno gli algerini in Francia. Non essere razzista ti chiede una sola casa, di credere che esista solamente la razza Umana. E se siamo tutti della stessa natura la pelle conta zero. Conta ciò che fai, per necessità o vocazione. Ciò che sei per cultura e studi. Non è un caso che la Merkel a suo tempo abbia ufficialmente pianto per i migranti, ma sostanzialmente li abbia scelti. Si è presa i Siriani, perché Assad è sicuramente un tiranno, ma l’istruzione, in Siria, è una delle migliori. La Germania gli unici problemi sociali di integrazione li ha avuti dai nord africani, egiziani e tunisini, analfabeti e sottoproletari. Non dai turchi, disciplinatissimi, non dai siriani istruiti.

La destra nazionalista nel tempo dell’immigrazione di massa ha cambiato un altro paradigma ideologico. Non parla più di razze inferiori come quel coglione di Gobineau e quel mefistofele di Goebbels, ma di comunità ed etnie differenti. Il movimento neo nazista svedese NMB non dice al ragazzo di Malmo, cosi come RNP non dice al francese incazzato di Saint Denis guarda quella feccia musulmana. Dice: attento amico, quelli sono forti e sono uniti, quelli si prendono casa tua perché sei solo e debole. Unisciti a noi. Solo noi sappiamo difendere i tuoi interessi. Così come i differenti affermano i loro.

La nuova destra crea il nemico e poi lo ingigantisce agli occhi della pubblica opinione, lo rende un pericolo tangibile. Ogni nuovo sbarco porta a casa nuovi potenziali nemici. Guardate, dice la destra nazionalisti, sono sempre di più, sono sempre più forti. Ogni notizia di cronaca nera che contempli un ruolo negativo dei diversi si ingigantisce nei social. L’estrema destra da tempo forma milizie di difesa sociale nelle periferie d’Europa, abbandonate dalla sinistra. Come fa il BNP a Birmingham o Vox in Andalusia. O Casa Pound, Forza Nuova a Roma, Milano, Napoli etc.

Questo messaggio sul nuovo nemico, la globalizzazione la finanza il diverso, unifica il miliziano bulgaro ed il suprematista del Wyoming. L’ultras inglese od olandese e quelli della Lazio, del Verona. Sono messaggi destinati in forma di reclutamento a quei ragazzi di vent’anni che vivono ai margini della società, che non hanno più ideali e sogni. Sono loro che i nazionalisti cercano e trovano.

I valori della comunità identitaria vengono riportati in vita e sbandierati. Diventano orgoglio, diventano scopo che riempie il vuoto. E sono valori ben presenti nella storia del continente, sono quelli che mossero il bonapartismo come il nazismo. Patria e identità, disciplina ed onore. Combattimento. Quelli che un tempo si contrastavano con altri valori semplici e forti: socialismo, rivoluzione, giustizia. Eguaglianza. Non con le politiche sexy che fanno comodo ai salotti chic. Da quei salotti non è mai uscito un combattente. E non è con i colori ben combinati che si ferma l’internazionale nera.

Il capitalismo industriale a base nazionale, con il suo portato di vetero colonialismo e di intensificazione dell’industria pesante, vedi quella delle armi ma non solo, è il mandante. Il vuoto ideologico della sinistra il complice, spero, involontario. I partiti della destra estrema lo strumento. Le milizie combattenti – i soldati di ventura- ma anche le squadre di difesa nazionale sono l’epifenomeno. L’internazionale nera è la base di partenza nei quartieri, ed è il punto d’arrivo nei governi.

Guardare alla guerra in Ucraina, ipnotizzati dalla smania imperiale di Putin, senza vedere il serpeggiare della Nato, senza cogliere la protervia di Zelenskj e domandarsi da dove arriva e chi la autorizza, vuol dire trascurare l’insieme. Io non so se quello che vedo, cioè la guerra come il grande laboratorio dell’internazionale nera, sia vero. Ma mi pare plausibile la tesi che ho qui e lì intercettato e che riporto nel pezzullo a puntate. Può essere e se lo fosse possiamo sintetizzare l’intera vicenda, come oggi di gran moda, anche romanamente .. ssò cazzi!

Ragioniamoci perché – se così è, anche solo in parte -credo siamo prossimi al crescere di nuovi sviluppi in Europa. Molto dipenderà da quanto dura la guerra, ma credo che la mattanza proseguirà ancora per un bel po'. Almeno per ciò che si è visto a Roma da Francesco.

Zelenskj impersona bene, da attore consumato, la parte dell’eroe ultra nazionalista con tutti i valori connessi. Eroismo, guerra, onore, patria. Vittoria finale. Aggrega di sicuro una parte di consenso in alcune fazioni della destra europea. Ma stia attento. Gli attori caratteristi servono finché hanno la stessa commedia in cartellone.

Quando il tempo elettorale in Europa finirà, a seconda di dove andranno Spagna e Francia, sapremo cosa succederà in Ucraina.

Se in quei paesi vincerà la destra avremo un’Europa unita in un’unica area politica che va dall’Ungheria fino a Cadice. E se si intenderà coordinare davvero a livello sovranazionale i vari differenti nazionalismi, formando così un nuovo ordine politico con un sostrato economico ben preciso, allora quella guerra non servirà più.

Se quanto ho riportato è anche solo in quota parte vero. Se le fonti che hanno ispirato le mie ben più semplicistiche considerazioni non hanno visto solo fantasmi, allora va detto che il quadro è molto complesso e preoccupante. Da tutti i punti di vista.

Ovviamente nulla è perduto neanche di fronte ad una strategia economico politica così forte e così pervasiva. Così intimamente connessa al tramonto della democrazia per come la conosciamo. Perché alla fine la gente, il Popolo, sa sempre cos’è la cosa più conveniente e sa prendersela se non gli viene data. Sfruttamento e diseguaglianza non sono sanabili dalla prassi reazionaria, nemmeno della destra sociale. I governi di destra, con le politiche che già vediamo, presto deluderanno e renderanno ostile la classe che oggi, abbandonata dalla socialdemocrazia, ha cercato strade diverse.

Per contrastare un disegno già così ben avanzato e di successo bisognerà essere presenti nelle periferie, riconquistare giorno dopo giorno la classe. Si dovrà fare politica ed ideologia, offrire valori semplici, identitari e coibenti. Andare in piazza, come i ragazzi di Francia e di Israele, come le donne d’Iran e d’Afghanistan. Si dovrà essere realisti e concreti, però anche buttare quel pragmatismo di risulta che ci ha fatto perdere la faccia.

Per questo grande confronto non servono parole astratte e foulard intonati. Ma bandiere chiare e frasi forti. Se non ne saremo capaci, io credo si possa dare per persa l’Europa in un orizzonte temporale non definibile. Con conseguenze, al contrario, ben definite.

Ma tutto questo stravolgimento, aldilà di ogni interpretazione anche quella che mi convince, dice anche un’altra cosa: solo la Cina, ed in subordine l’India Africa e SudAmerica, possono essere contrappeso, se non argine, al nuovo ridisegno mondiale frutto dello scontro interno al capitalismo. La Russia è ormai parcheggiata nel fango della sua stupida offensiva, e si rimessa il cappellino dell’asino e del cattivo, come Franti ..e quell’infame sorrise. Forse, va detto, un insegnante di sostegno avrebbe aiutato il ragazzaccio a ripensarsi. Ma l’insegnate in questione, cioè l’Europa, sta già ben immersa nella sua contraddizione nazionalpopulista.

Verso la Cina, gigante imperscrutabile sia nelle grandi strategie che nelle piccole quotidianità (qualcuno ha mai visto in Italia il funerale di un cinese? ) sto rivolgendo ora la mia curiosità.

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