Questo è il tempo del cambiamento. Così come siamo non funzioniamo più. Dunque si tratta di vivere non una stagione di minime riforme, ma un’era di massimi cambiamenti a livello locale quanto globale. E’ tempo di svolte e di nuove azioni. E’ tempo di decisioni.
Tuttavia non si vedono all’orizzonte né decisioni ponderate ne governi atti a prenderle strategicamente ed a portarle a terra, concretizzandole. Sfortunatamente abitiamo in società a potere verticale, sia esso diciamo democratico che oligarchico, dunque non possiamo sperare che la collettività venga chiamata a partecipare esprimendo una qualità decisoria distillata dalla quantità. Come si vuole da sempre, lor signori decidono e senza più nemmeno fingere di consultarci.
I fatti crudi sono dunque questi: o i governi che abbiamo sono capaci di decidere consapevolmente ed agire concretamente o siamo – per dirla con levità -parzialmente o totalmente fottuti. Guardando ai fatti correnti direi che siamo messi maluccio.
La ragione del mio pessimismo è relativamente semplice. Quando si dibatte in forma astratta od in malafede, comunque senza competenza rifuggendo la responsabilità diretta, il processo decisorio diventa impossibile. Lo status quo resta quindi immutato, i problemi critici marciscono e l’insieme si deteriora. In questo quadro nascono scelte affrettate ed opache che celano, oltretutto male, evidenti interessi.
Terre rare…
Al capitalismo finanziario il petrolio ormai interessa poco. Non ci si guadagna più di tanto, la concorrenza è aspra, la dotazione non è infinita. E’ un mercato maturo insomma. Così dopo decenni in cui i petrolieri anglo americani hanno destabilizzato governi, fatto guerre sanguinarie e colpi di Stato, dopo che ci hanno ucciso Mattei l’epoca d’oro del fossile è tramontata. I geni della finanza - City e Wall Street - hanno deciso che era molto più profittevole cavalcare un nuovo mercato, quello delle energie rinnovabili. Questo spiega la continua campagna che per anni abbiamo visto ovunque, dalle tibbù ai social dal cinema alla musica, e che richiede massicci investimenti.
Qualcuno crede che i vari trust abbiano investito in queste campagne commossi per il destino del Pianeta e per i bambini del Sahel? Nel caso ai qualcuno suggerisco una rapida visita neurologica.
Appare ovvio che in un nuovo mercato a dinamica di crescita rapida si possano fare, come già si sono fatte, ottime prese di interesse sia in borsa che nella formazione di nuove società. Così eccoli tutti, fondi finanziari e imprenditori d’assalto, sciamare come cavallette verso pannelli solari, pale eoliche, accumulatori accompagnati dal solito codazzo di saprofiti e politici da cortile.
Dice il benpensante: comunque bene perché ora finalmente non avremo più un pianeta macchiato dal petrolio e intombato di scorie chimiche e nucleari difficili da smaltire. Ottimo. Tuttavia: Il benpensante sa come si smaltiranno accumulatori, pannelli e motori elettrici e se sia più facile o più difficile che smaltire nucleare&petrolio? No. Perché in realtà non lo sa ancora nessuno.
Questi nuovi generatori ed accumulatori utilizzano materiali poco sperimentati ed ancora non hanno chiare politiche di smaltimento. Le batterie, come i grandi generatori solari, sono contenitori di un mix di minerali che in natura non interagiscono. Singolarmente presi ne conosciamo benissimo le caratteristiche, mescolati e post-prodotti no. Un po' come i mercatini cinesi: metti vicini polli, maiali e pesce morto e poi ti viene fuori un batterio od un virus che prima non esisteva e di cui non sappiamo una cippa. Nelle batterie che portiamo all’orecchio col telefonino si mescolano cobalto, litio, cerio, europio. Leghe di nikel e rame. Oro. Di tutto un po'. Minerali, materiali e semilavorati che in natura non si fondono mai ora convivono nei pannelli solari, nelle auto. Un mercatino cinese.
La natura singola di questi minerali – e soprattutto il risultato del mix tra gli stessi - è stata da sempre ignorata. Non servivano ai processi industriali se non per complemento. Da quando si è passati dal tempo dell’uso indefinito dell’energia al tempo dell’energia accumulata e stoccata – sia nel grande, il Paese, che nel piccolo, le batterie – questi minerali sono emersi in modo crescente.
Essi hanno, infatti, capacità di sintesi e di memorizzazione che nessun altro materiale possiede. Opportunamente lavorati diventano elemento cruciale per lo stoccaggio d’energia che possono poi rilasciare con tempistiche ed intensità regolabili, in funzione del modo di impiego e della struttura del programma che alimentano. Le terre rare sono il petrolio del 2000. In loro nome si mantengono guerre tribali in Africa, si invadono Paesi, si uccidono oppositori.
Ma davvero dove sono rintracciabili queste terre rare? Più o meno dappertutto nel Pianeta, essendo intrinseche alla crosta terrestre. Per darci una dimensione, solamente rispetto alle quantità censite oggi, esse sono 200 volte la quantità di oro rinvenuta. E allora perché diamine sono definite rare? Perché raramente si sono cercate. Tutto qui.
Nel recente passato era più semplice approvvigionarsi a basso costo comprando dalla Cina – ad oggi il maggior detentore- dalla Russia, dall’ Africa dove dollari ed euro sono valuta a valore multiplo rispetto a quella locale.
Come sempre il capitalismo è, per dirla con Keynes, cieco sordo e anche stupido. Così per massimizzare il profitto i trust si sono mossi scompostamente ottenendo però in tempi brevi grandi risultati soggettivi finanziari. Hanno agito scompostamente per la totale mancanza di visione di insieme che hanno multinazionali e finanzieri, insomma in generale i capitalisti. Hanno potuto farlo in tempi rapidi grazie alla corrompibilità dei politici da pollaio o da cortile che gli razzolano intorno.
In breve tempo siamo diventati dipendenti dalla Cina, cosi come era stato col gas dalla Russia. E per di più senza regole e negoziati consapevoli, lungimiranti. Sempre mostrando supponenza ed arroganza dando lezioni di democrazia e diritti umani – noi occidentali! Incredibile! - a paesi che ci tengono la giugulare tra i denti. Evabbé!!
Adesso in piena crisi tra Oriente ed Occidente ecco che i capitalisti europei messi alle strette hanno riacquisito vista ed udito. Così, dopo essersela fatta nel ciripà, hanno deciso di reinvestire nella ricerca. Et voilà.. un grandioso giacimento trovato in Svezia, e così ecco che nelle Alpi italiane si va cercando – e trovando – terre rare. Così come in Galizia oppure in Bretagna. Ma benedetti figliuoli, farlo prima no? Ma creature, investire giustamente in Africa per fare dell’estrazione e lavorazione del coltan un affare equo, no? Pagare nel tempo correttamente i paesi estrattori senza trattarli con arroganza facendoseli nemici?
E no! Perché lor signori non sanno decidere, non hanno competenza, non hanno né testa né cuore né coraggio. Hanno solo avidità. Questi erano e sono i capitalisti. Da sempre. Vivono di cartellini prezzo e di lacrimucce ancora più nauseanti della loro ingordigia. Come ad esempio Musk che prima sbaglia strategia poi licenzia 6500 dipendenti su 8000 e dice.. ne sono triste. Ma vaffanculo tu e chi non te lo dice! Le terre davvero rare sono quelle dove dovremmo esiliare questa genia di sciacalli. Ma ahinoi Robespierre suona l’arpa su una nuvola, Trotzkj gli fa compagnia ed il resto manca.
Sempre nel campo terre rare ecco Macron che, toltosi il ciripà a sua volta, è corso in Cina. Grande scandalo al ritorno, perché ha detto Taiwan non è affare nostro. Voilà le monde. Un bel salto della quaglia per un Paese ex colonialista che da quelle parti, in Oriente, ha fatto stragi. Aveva ragione Vespasiano, pecunia non olet.
…Altre terre
In realtà l’ex enfant prodige ha una qualche ragione. Taiwan come l’Ucraina non è ( oppure lo è .. ) affare nostro. Dipende da quale atteggiamento politico decidiamo. Se guardiamo questa crisi come un film e non solo l’ultimo fotogramma quella di Taiwan è una delle tante lasciate marcire, che prima o poi imploderà od esploderà travolgendoci. Una delle molte storie di potere imperialista.
La Cina può pure sventolare vessilli rossi come una giornata di vento forte al mare, ma è uno stato a capitalismo monopolistico ed un paese imperialista. La crisi che la Cina alimenta è nel quadro delle possibili conquiste o delle influenze egemoniche come lo fu il golpe in Cile, i massacri iracheni, le bombe all’uranio dei Balcani. Ed in proposito io la penso così su tutte le altre terre del Pianeta: sono globalmente affari nostri .. oppure non lo è nessuno. Tocca decidere.
Sull’Ucraina vengono riversate a fiumi frasi fatte che coprono un filo-atlantismo stucchevole. Nella migliore delle ipotesi perché ancora si pensa di dovere qualcosa all’America. E cosa, di grazia? Una guerra mondiale che gli è costata duecentomila morti mentre da sole Russia e Germania ne hanno avuti più o meno 28milioni? Lasciamo stare che è meglio.
Proviamo ad essere per una volta tutti - e primi tra tutti noi Italiani - internazionalisti. Basta un giorno per prendere il vizio del pensiero largo. Non dico giusto, perché non ho la presunzione di dirlo. Non dico nemmeno pensiero fattuale, perché molto spesso i fatti sono da valutare e pesare ben bene, specie se viaggiano con immagini sui social in un’epoca tecnologica che permette di fare tutto con le post produzioni. Dico solo pensiero largo.
Se ragioniamo fuori dai termini nazione e confine, che sono strutture del pensiero latifondista e dunque capitalista, vedremo che sono tutti affari nostri, dal Vietnam fino all’Ucraina, oppure nessuno lo è davvero. Il punto è se lo leggi per interessi di classe o per visioni nazionaliste.
Infine un’altra terra rara, quella della politica.
Ho guardato con un minimo di preoccupazione la mappa delle cosiddette democrazie. In Italia governa la destra; Polonia Ungheria ed i Balcani sulla porta d’Europa, stanno a destra. Baltici, destra. In Scandinavia, dalla Danimarca alla Finlandia un tempo culle della socialdemocrazia e delle libertà individuali, cresce o governa la destra xenofoba. In Andalusia, patria del socialismo spagnolo, governano Popolari e Vox, ultra destra falangista, che unite si preparano a prendersi tutto il Paese. La Germania traballa tra velleità dei verdi e rigore dei liberali e se si andasse a votare si sposterebbe a destra. In Francia la destra si gonfia giorno per giorno, non a Parigi non a Marsiglia ma nella grande ed importante France rural..
Terre rare sono quei Paesi dove la sinistra ha facce e storie da raccontare, ha presa sui Cittadini, esprime fiducia e forza interiore. Che sa agire con vivacità progettuale contro quel radicamento dell’ansia perseguito con efficace manipolazione dal tempo della info-pandemia. Un’ansia del presente e del futuro che ha generato lo spostamento a destra dell’elettorato conservatore.
Invece la sinistra nel mondo sconta la presenza di figure ambigue od evanescenti ( vedi da noi Renzi e poi Letta ) che hanno determinato la paralisi progettuale e la continua perdita di identità regalando intere fasce sociali al populismo nazionalista.
Così ora facciamo i conti con questo combinato congiunto: un nuovo capitalismo tecnocratico senza visione, con i politici ad esso asserviti, spinge l’economia in direzioni non ponderate, solo perché maggiore è lo spazio per costruire rapide fortune (grazie alla deregolamentazione finanziaria voluta da Clinton- Modernization Act/ dicembre 2000 ). Dall’altro il capitalismo industriale crea tutti i possibili contraccolpi ( dalle minacce migratorie alle fughe di informazioni ) per screditare i governi opposti e tornare a gestire la politica mondiale. Lo scopo è semplice: riportare, come vogliono i vari e citati governi di destra, l’industria al centro del sistema macro economico, ridurre la globalizzazione, ridurre l’impatto della trasformazione energetica.
Diceva Serge Latouche che non esiste giustizia sociale che non includa giustizia ambientale. Troppo vero. Ma non ha detto, né lui né Gael Giraud, che la transizione ecologica si debba fare a cazzo senza ricerca d’impatto ambientale, senza piani di smaltimento delle materie tossiche per l’accumulo energetico, senza piani occupazionali che debbono precedere ogni nuova rivoluzione industriale. Ricordo solo quanto si blaterava sulla nuova occupazione che avrebbe generato l’economia tecnologica. Guardiamo i licenziamenti in Google, Twitter, Meta, Amazon e via così.
Tutta questa fretta millenaristica sui punti di non ritorno del pianeta nasce dalla diffusione di modelli di simulazione fondati solo su scenari avversi oppure su valutazioni soggettive, attendibili o no non spetta a me dirlo. Quello che invece appare oggettivo è l’uso strumentale e manipolatorio messo in atto da una parte del capitalismo.
Le cose vanno cambiate, dicevo all’inizio, così come siamo non funzioniamo più. Per questo la prima vera transizione ecologica sarebbe nell’avere una gestione trasparente, una prassi decisoria ordinata, un coinvolgimento dei Cittadini. Il potere va controllato. Le scelte esiziali vanno condivise. Senza questa vero radicale cambiamento il resto è solo nuova opacità che giustifica ogni dubbio possibile.
Perché, alla fine, da 1 a 10 chi se ne frega del cambio d’energia se il risultato finale di ogni processo è in forme nuove il solito criminale sfruttamento della Natura, costantemente violata, e dell’Essere Umano.