Dalle bianche, alte mura del Campidoglio con un plastico volo ad angelo la sedicente più grande democrazia del mondo si è tuffata nella merda.
Devo dire che ne sono dispiaciuto? Mentirei. Ne sono preoccupato , assolutamente si … ma di certo non stupito e niente affatto addolorato. Le ragioni di questa mia reazione le ho dette in altri pezzulli. Come tutti gli ostinati ho la tendenza a ripetermi. Vorrei evitarlo , se mi riesce, almeno ora davanti al drammatico crollo di questo gigantesco castello di carte. Un crollo che rischia di seppellire, nell’immaginario collettivo, la reputazione della democrazia. Se ancora ne ha una.
Tre immagini mi restano impresse , ben stampate in mente, dopo questa tragica serata passata da una televisione all’altra. Un idiota vestito da indiano che gigioneggia davanti alla polizia ( non era un negro, quindi non gli hanno sparato ) la faccia fragile ed il tono dimesso di Biden , la grottesca smorfia di Trump. In queste tre figure i simboli della crisi americana.
Ne parlerei ridendo, se non ci fossero quattro vite stroncate. Quattro storie umane perse per sempre insieme a cataste di illusioni che, in ogni parte del mondo, sono scoppiate come bolle di sapone. Ne parlerei con cinismo se non vedessi in trasparenza, dietro quelle tristi e grottesche immagini , le risate di Putin , i sorrisetti cinesi, il gongolare degli ayatollah.
Perché vedo tante facce costernate ? Perché molti commentatori, a parte Friedman, si mostrano sconvolti e stupefatti ? Cosa fosse Trump era evidente a tutti. Evitiamo ipocrisie, almeno ora.
Basta guardarlo con quella sua boccuccia a cuore, il panzone, il parrucchino cotonato. Eppure questo Gongolo con disturbi della personalità ha preso più di sessanta milioni di voti. Com’è possibile ? Nella vita ha sempre fatto il peggio che si possa immaginare . Un imprenditore di seconda scelta, costantemente sull’orlo del fallimento, che si barcamenava tra i debiti prodotti da una evidente incapacità servendo da vassallo i veri potentati economici. Quando è servita una marionetta proprio costoro, per tutelare i loro interessi, lo hanno pescato e messo sullo scranno grazie alla potente macchina di manipolazione rappresentata dai network social/televisivi. Così hanno imbrogliato una nazione sempre pronta a farsi imbrogliare, ma nello stesso momento si sono cacciati nei guai. Hanno messo in mano ad uno così, la macchina gestionale e militare più potente del mondo. Miopia tipica di questo nuovo capitalismo che non ha più lo spessore dei vecchi burattinai. Di quelle famiglie storiche che hanno costruito e diffuso nel mondo intero la narrazione americana.
Trump rappresenta, come a suo tempo i Bush, la macchina industriale e la parte connessa dei poteri finanziari, così come i suoi predecessori e rivali dem tutelano gli interessi della potente macchina di Wall Street. Il fattore distintivo tra le due lobby è che la fazione industriale è naturalmente agganciata alla working class dell’immensa periferia americana ed ai red necks delle campagne. La gente che abbiamo visto nei cortei, nella loro più pacifica espressione. Una base che i dem, spintisi nel terreno del liberismo, non hanno più . In America come in Europa. Lezione da cogliere rapidamente.
Messo sullo scranno presidenziale da quelle lobby Trump, che è evidentemente una personalità disturbata da un narcisismo patologico, ha creduto di essere qualcuno, davvero. E’ diventato scomodo ed ingestibile. Nemmeno ricattabile perché ha fatto dei suoi vizi, al contrario di Clinton, una pubblica virtù contando sul maschilismo tipico della provincia americana. Da subito ha messo in campo i suoi modi grotteschi ed ha snocciolato slogan figli di quel suo sovranismo senza basi culturali o politiche. Perché Trump non è Orban. Della struttura ideologica smaccatamente nazionalista, della mitologia della destra europea non ha nemmeno un grammo. Semplicemente perché non ha alcuna struttura. Trump è dentro esattamente quello che sembra visto da fuori.
Così le lobby che lo hanno sostenuto si sono pian piano sfilate. Fino a ieri dove la sua stupidità lo ha portato, dove nessuno voleva arrivasse, spintonando l’America nel ridicolo, nella merda. E purtroppo nel sangue, che, presumo, non è finito. Ieri lo hanno definitivamente scaricato tutti e dappertutto.
Restano però i suoi seguaci.
Un groviglio indistinguibile in cui sguazza gente che crede ad una lobby satanica ..cose da pazzi! .. incarnata in terra e semplici delinquenti che nel caos vedono una occasione per fare soldi facili. Non mi stupirei se in quel guazzabuglio si infilasse anche il servizio segreto russo, sempre molto vigile ( Putin era uno dei capi del KGB ) o gli israeliani o gli scagnozzi dell’estremismo islamico.
Trump crede di sapere tutto.
Con superficialità, senza valutare le possibili conseguenze, ha smosso la bestia. Ha dato impronta presidenziale all’insurrezionalismo. Quella banda di bianchi in sovrappeso che lo sostiene non rappresenta che un piccolo dettaglio nella deriva insurrezionale. Decine di milioni di afro americani, di minoranze ( qua e la maggioranze ) sudamericane, di disperati ed emarginati , diventati bersaglio umano della mano militare di Trump potrebbero decidere che l’ora è scoccata. Questo ometto irresponsabile ha aperto le porte ad una forza che non è assolutamente in grado di controllare. Non si rende nemmeno conto che proprio lui potrebbe finire appeso ai cancelli della sua villa. Nel 1864 , in piena guerra civile, New York venne semidistrutta da una insurrezione. Nel 1968 Detroit andò a fuoco. Il popolo americano è molto infantile, non regge il confronto duro. Il rischio di trovare la prima potenza industriale del mondo impantanata in una guerra civile, ad intensità imprevedibile, è evidente. Proprio in mezzo alla pandemia ed in piena ristrutturazione dei poteri mondiali.
Possiamo pure fare finta che sia impossibile. Che sia una visione catastrofista. Facciamo pure gli struzzi..ma anche vedere un bischero con in testa una pelliccia aggirarsi nelle stanze del potere sembrava impensabile. E ieri lo abbiamo visto.
In queste ore si gioca l’equilibrio americano e l’immagine stessa della democrazia. Dopo averci convinto, grazie ad Ollivud , che la loro fosse il massimo vertice della qualità democratica, gli americani hanno oggi l’obbligo di mostrare in cosa , davvero, consista questa tanto sognata forma di governo. Saranno all’altezza? Sarà capace Biden ed il suo centro di interessi di invertire la rotta? Una domanda senza risposta, adesso. Vedremo. Dubito.
Resta un dato preciso su cui si deve riflettere seriamente. Non si può mettere chiunque a gestire un Paese. Spero sia una lezione anche per noi che in questi giorni siamo afflitti dalla più grottesca crisi politica della storia repubblicana.
Non abbiamo una Merkel a cui aggrapparci per decenni. Non abbiamo una burocrazia efficace come quella francese. Non abbiamo nulla, tranne il nostro buon senso popolare. Non è poca cosa, ma non è più sufficiente in questi tempi complessi.
Speriamo bene.