Prescrizione e carcere agli evasori, le riforme piacciono ai cittadini e non ai soliti noti. Sembra tornare il ventennio di B.

di Daniela Gaudenzi - Il Fatto Quotidiano - 09/12/2019
Prescrizione, Pd e M5s dialogano. Di Maio: “Ogni buona proposta che punti a far pagare chi deve pagare è ben accetta”

Chi si fosse illuso che sulla giustizia finalmente si potesse voltare pagina – anch’io per un breve momento ho voluto ingenuamente crederci – e che una rigorosa legislazione anti-evasione e una riforma civile della prescrizione – in sintonia con tutte le democrazie occidentali – fossero quasi a portata di mano, si sta rendendo amaramente conto che non è così.

Il muro eretto in queste ultime ore da Matteo Renzi e da Nicola Zingaretti, in perfetta sintonia con B. e con Matteo Salvini, contro l’entrata in vigore dal primo gennaio di una legge dello Stato, che prevede lo stop alla prescrizione a decorrere dalla sentenza di primo grado, ci fa ripiombare pienamente nel ventennio che pensavamo di esserci lasciati alle spalle.

La lotta all’evasione, incluso il carcere per i grandi evasori – già fortemente ridimensionato – e lo stop alla prescrizione dopo il primo grado, annunciati in campagna elettorale dal M5s – e tra i punti ineludibili dell’accordo con il Pd, come aveva ribadito Alfonso Bonafede lo scorso 22 ottobre – non sono solo oggetto (da troppo tempo) di “trattative” estenuanti tra il M5s, tacciato a prescindere di oltranzismo, e il “nuovo” Pd di Zingaretti, che parla con i toni ultimativi e sprezzanti del zinga-renziano Andrea Marcucci. Ma stanno anche diventando riforme ogni giorno più a rischio con l’avvicinarsi delle date fatidiche: rispettivamente l’approvazione della legge di bilancio e il primo gennaio 2020.

Per quanto riguarda l’accordo su quello che non dovrebbe essere definito “più carcere per chi evade le tasse”, come fanno taluni “grandi giornali” per il semplice motivo che in carcere per evasione non finisce quasi mai nessuno (lo 0,4% della popolazione carceraria italiana contro una media europea del 4,1%) – grazie anche ai ritocchini di Renzi nel 2015 sulla “modica evasione” per l’amico Silvio – , è alla fine arrivato in commissione Finanze.

Dopo giorni di trattativa per eliminare quelli che in casa Pd erano ritenuti troppo “giustizialisti”, si sarebbe trovata l’agognata intesa di maggioranza con due emendamenti al decreto fiscale, collegato alla manovra, e che attenuano l’aumento delle pene per i delitti di dichiarazione infedele e di omessa dichiarazione, al fine di “non colpire con rigore eccessivo l’occasionale colpevole di delitti non caratterizzati da condotte fraudolente”.

E in modo analogo è stato ridotto l’ambito di applicazione della “confisca allargata”, e cioè tutti quei beni di cui il condannato non è in grado di giustificare la provenienza, limitata a importi superiori ai 100mila o 200mila euro a seconda del tipo di reato. E c’è pure la clausola di salvaguardia, e cioè la possibilità di estinguere il reato pagando quanto dovuto al fisco.

Ma naturalmente non basta al lungo elenco degli indignati, inorriditi per “la criminalizzazione delle imprese” e “il trionfo delle manette”. Sullo stesso fronte Confindustria: “Il modo corretto per combattere l’evasione è far crescere l’economia del paese”; Forza Italia: “sempre più tasse, sempre più manette dal governo giallorosso”.

Matteo Salvini: “L’evasione non si sconfigge con le manette ma abbassando le tasse”, a cui fa eco l’Italia Viva dell’altro Matteo, impegnato più che mai a picconare il governo dall’interno e la magistratura che “esce dal recinto” quando si occupa dei suoi famigliari, dei suoi uomini e della ragnatela affaristica in cui è avvolta la sua Open. Il partito di Renzi ha già votato No in commissione e si ripromette di “bloccare questa cosa”.

Dunque, nonostante tutte le concessioni ai sedicenti “garantisti“, rimane ancora una riforma a rischio e non si possono prevedere gli esiti ultimi del braccio di ferro tuttora in corso, se si tiene presente, come ci ha ricordato sempre Scarpinato dalle pagine de Il Fatto Quotidiano del 5 dicembre – in un resoconto imperdibile per chi voglia veramente comprendere di quale partita si stia trattando – che “si è arrivati al punto di proporre in sede di conversione del decreto l’abrogazione sic et simpliciter dell’ intero art. 39 del decreto che contiene tutte le modifiche al codice penale”.

Sul fronte prescrizione nelle ultime ore i Dem hanno sentito l’irrefrenabile urgenza di manifestare la loro avversità all’entrata in vigore della riforma anche in piazza accanto alla folta “delegazione” dei forzisti e dei renziani, rappresentati da Maria Elena Boschi e da Roberto Giachetti, in sostegno della maratona per “la verità” sulla prescrizione, indetta dagli avvocati penalisti talmente “amici della verità” da sostenere senza vergogna alcuna che la loro è una battaglia anche per difendere il diritto delle parti offese a non rimanere nell’incertezza troppo a lungo.

E se non fosse troppo crudele per lui bisognerebbe metterli a confronto con la dignità e la compostezza del padre di Martina Rossi, che ha visto in poche ore evaporare per sempre in appello la condanna di primo grado comminata per tentativo di violenza di gruppo e morte in conseguenza di altro reato.

Con i tempi attuali della prescrizione, ridotti in generale dalla ex-Cirielli nel 2005 e mai abrogata, per le vittime di reato all’incertezza per la lunghezza del processo, dovuta anche all’effetto disincentivante della “prescrizione facile” – ai fini della scelta di riti alternativi oltre alle diffuse pratiche dilatorie – , si cumula il senso di assoluto sconforto per un’ ingiustizia, quella sì senza fine.

I cittadini sembra che l’abbiano capito perfettamente e infatti come risulta da tutti i sondaggi, incluso quello realizzato dall’istituto Noto per Il Fatto Quotidiano, sono trasversalmente favorevoli allo stop per la prescrizione: il 57% del totale, inclusi gli elettori di Iv il 51% e di Fi il 41%. Così come analogamente sono trasversalmente d’accordo con l’aumento delle pene e la riduzione delle soglie di non punibilità per l’evasione fiscale, il 58%.

Un segnale che dovrebbe essere chiaro per il Pd in trincea, pronto a votare con B. e con i due Mattei per garantire i tanti aspiranti prescritti vicini e lontani. Ma più ancora per il M5s, perché dopo le molteplici aperture per mantenere responsabilmente “il dialogo” non defletta e all’occorrenza stacchi la spina. Perché su prescrizione-evasione ne vale la pena.

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