Pancho che girò in tondo loda le sardine

di Gian Antonio Stella - 7 Corriere Della Sera - 29/11/2019
Loro sono molto più giovani e usano un linguaggio più umano che politico e Salvini è rimasto spiazzato

Ma davvero le “sardine” hanno un babbo “sardino” e una mamma “sardina” che diciassette anni fa nuotavano tra i Girotondi e dei nonni “sardini” e nonne “ sardine” a loro volta sguazzanti nelle tumultuose acque sessantottine? Il professor Francesco “ Pancho” Pardi, figlio dell’etologo Leo Pardi, docente di folosofia, ribelle sessantottino poi ribelle <potop>, deluso dalla politica negli anni Ottanta e Novanta e di nuovo ribelle “girotondino” nei primissimi anni del nuovo secolo contro la sinistra in bambola dopo la batosta del 2001, dice che si , qualche traccia comune tra lui , Nanni Moretti(“D’Alema di qualcosa di sinistra”) e i ragazzi scesi in piazza nei giorni scorsi la vede.

L’idea che la politica formale è ormai totalmente separata dalla società e non risponde più, non capisce, non segue...Questa cosa, con noi di allora, è in comune senz’altro. Ma ce n’è un’altra. E un po' mi preoccupa. Cioè che sia i Girotondi che le  “sardine” hanno avuto e hanno, almeno finora, un atteggiamento del tipo “ Noi non vogliamo entrare nella vostra scena. Noi vogliamo stimolarvi. Fare in modo che voi prendiate atto della situazione che c’è… Vogliamo avere un’azione di pungolo...

Allora? Cosa c’è di preoccupante in questo?

 Spero che capiscano velocemente che dalle azioni di pungolo si cava poco. I partiti hanno ben altro bisogno che di un pungolo per essere convinti a cambiare. Noi su questo piano abbiamo ottenuto pochissimo. Abbiamo ottenuto, questo si, una qualche influenza. Abbiamo vinto dei referendum sull’ acqua e nucleare, poi quello sulla riforma costituzionale berlusconiana e poi su quella renziana. Insomma l’onda lunga c’è stata.

Ma come anche la sconfitta di Matteo Renzi andrebbe vista nella scia dei Girotondi?

In parte si. Per il referendum del 2016 io ho fatto 79 incontri pubblici in tutt’Italia. E dovunque andavo ritrovavo gente che aveva partecipato alle manifestazioni del 2002.

Tutto cominciò, allora, il 12 gennaio 2002 quando Francesco Saverio Borelli, nel discorso di inaugurazione dell’Anno Giudiziario,   nel momento forse di massimo scontro tra sIlvio Berlusconi e la Magistratura, , pronunciò quelle parole famose “ resistere, resistere, resistere”. La settimana dopo, davanti al Ministero della Giustizia, a Roma, partiva la prima di una serie di manifestazioni. Culminate il 24 gennaio a Firenze in piazza San Marco, davanti all’università, due giorni dopo a Milano e il 2 febbraio a piazza Navona a Roma

Eravamo caricati a molla. Il governo Berlusconi aveva pestato la gente del G8 di Genova esercitandosi, dirà un poliziotto, in una “macelleria messicana”. La sinistra pareva impotente. Volevamo reagire. Ma non sapevamo di essere cosi tanti.

 “ il problema del centro sinistra è che per vincere bisogna saltare due, tre, quattro generazioni”,  disse quel giorno Moretti mettendo sotto accusa tutta la classe dirigente di sinistra. Poi sparò a zero sulla destra, benedì lui, Pancho Pardi (“ sono contento di avere visto la nascita del nuovo leader dell’Ulivo, il professore di Firenze...”), bastonò Piero Fasssino e Francesco Rutelli (“ che scarso rispetto per le elettrici e gli elettori! Si chiedeva un minimo di autocritica per gli errori di questi ultimo anni e invece...”) fino all’affondo: “ con questi qui non vinceremo mai”.

Eppure riconosce lo stesso Francesco Pardi, che nella scia di quel movimento girotondino e delle battaglie contro le cosiddette “leggi canaglia” sarebbe poi stato eletto al senato nelle file dell’Italia dei Valori, alcune differenze esistono e sono profonde:

 “ Noi partimmo dopo il “ resistere, resistere, resistere” di Borelli come un movimento di professori. Io , per dire, avevo già 57 anni. Avevamo addosso uan certa pesantezza politica. Sedimentata. Questi no. Questi delle “ sardine” sono molto più giovani di quanto lo fossimo noi...”.

Di più, loro nell’inverno-primavera del 2002 erano arrabbiati, le “sardine” no, anzi. Tanto che Giuliano Ferrara sul Foglio, mentre Alessandro Sallusti scriveva sul Giornale di “ fasciocomunistelli” e di “ nati vecchi, tromboni infarciti di retorica dozzinale”, salutava i nuovi arrivati sulle piazze di Bologna e Modena come” un’adunata antiretorica piena di stile, un movimento da preservare” e invitava tutti :” leggete il loro manifesto e poi laciateli in pace”.

Si, “quel loro manifesto è un’altra cosa rispetto ai nostri. E’ scritto con un linguaggio molto più umano e politico”, conferma l’ex senatore fiorentino.

Esempio: impegnarci nel nostro lavoro, nel volontariato, nello sport, nel tempo libero. Mettiamo passione nell’aiutare gli altri, quando e come possiamo. Amiamo le cose divertenti, la bellezza, la non violenza (verbale e fisica), la creatività, l’ascolto”.

E le accuse di velleità censoria per la frase “ grazie ai nostri padri e nonni avete il diritto di parola, ma non avete il diritto di avere qualcuno che vi stia ad ascoltare” ? Il pensionato, contadino, curatore di olivi e di viti “ Pancho” Pardi ride:

Ma che fanno, Salvini e gli altri: si attaccano a parole così? Il punto è che sono stati presi di sorpresa da quello che è ssuccesso e non sanno come cavarsela senza ricorrere, loro si, a vecchi stereotipi.” Il rischio vero, ammette è che qualcuno di loro , dei vecchi, “ cerchi di metterci il cappello sopra. O si metta ad impartire delle lezioncine. Guai, se arrivassero delle lezioncine”.

Non sarebbe addirittura meglio stare alla larga?

Non esageriamo. Io alla manifestazione di Firenze ci voglio andare. Sono incuriosito. Ci vado senza bandiere, senza targhe…

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