Incomprensibile, tartufesca, inaccettabile “ motivazione” della sentenza di appello “ trattativa stato-mafia “

di Rosario Patanè - Liberacittadinanza.it - 07/08/2022
Da anni ormai continua uno sconcertante carosello di ribaltamenti delle sentenze. Continua un’ormai stanca e improducente giustizia di gradi di giudizio così come oggi ancora disciplinati.

Ritengo la “ motivazione “ della sentenza che ha assolto gli imputati nel giudizio “ trattativa Stato-mafia” molto più scandalosa della stessa sentenza.

Chi,come me, viveva attivamente gli anni del 1968 - 1970 ricorda bene come la Magistratura in quanto Potere costituzionale autonomo manifestava questa sua prerogativa quasi del tutto emettendo sentenze e disposizioni tutte di fatto asservite all’altro “potere” che se con troppa dignità possiamo definire legislativo in realtà era la manifestazione plateale dell’occupazione dello Stato da parte del potere politico e in particolare rivolto a sfavore del Movimento sindacale e dei lavoratori che ,mille volte invano,chiedevano Giustizia.

Noi,giovani e meno giovani di Sinistra ,pur lottando acerrimamente in ambienti conformisti e clericali fino alla bocca ,continuavamo a ripetere ,come ancor oggi, che le sentenze si rispettano e che la Magisrtura costituzionale non si tocca.

La nostra storia si svolse così fino a quando tre giovani Magistrati,allora Pretori, Almerigi, Sansa e Brusco, in un’Italia tartufesca, in bianco e nero pensarono di cambiarla, impugnando il “grimaldello della Costituzione”. «Non siamo disposti a dare ai pretori il governo del Paese!», tuonò Flaminio Piccoli alla Camera, annunciando la fiducia al quinto (quinto!) governo Rumor. Era il 23 marzo 1974, infuriava l’inchiesta sulle «tangenti petrolifere» ..

Le «nuove realtà sociali» erano il vento del ‘68, lo Statuto dei lavoratori appena in vigore, un’idea di magistratura vissuta non più come casta guardiana dei potenti ma come potere diffuso, tra la gente e per la gente. La tentazione di raddrizzare ipso facto le storture del mondo fu fortissima. E così venne il tempo in cui i Procuratori generali “avocavano” per soffocare ab himis ogni loro provvedimento.

Ma con coraggio e determinazione andarono avanti, fin dove poterono. Anticipando, interpretando. Romano Canosa con almeno mille lavoratori reintegrati in vent’anni a Milano. Francesco Dettori, con la sua battaglia infinita ai palazzi di Ligresti. Giuseppe Casalbore provando a oscurare le tv del Biscione sino ai decreti di Bettino Craxi. E cento altri come loro, in quell’Italia che stava cambiando ma non troppo. Come sempre, per non cambiare davvero.

Ho fatto questa premessa - con l’aiuto della preziosa analisi di Goffredo Buccini sul Corriere della Sera del Gennaio 2015 – perché vorrei una volta per tutte gridare a gran voce che la Magistratura e le sue sentenze si rispettano sempre, ma i loro atti procedurali e le le loro motivazioni si possono e si devono attaccare con forza, quando la forza è richiesta dall’effetto dirompente di una visione drammaticamente miope, quando non asservita, al Potere costituito.

E’ il caso di questa incomprensibile, tartufesca,inaccettabile “ motivazione” della sentenza stato-mafia.

Da semplice cittadino ,provo a riflettere :

  • Il “ fatto “ sussiste, ma non costituisce reato.

  • Non costituisce reato anche l’illegittima e “ improvvida”( sic “ ) autonoma ( ?? ) “iniziativa” dei ROS (comandati dal principale imputato) perché,si ricava dalle parole pronunciate, “ essa fu intesa solo ( sic ! ) a “scongiurare “ altri attentati e stragi.

Dunque :

  1. Il “ fatto” che l’apice operativo segreto dell’Arma si rivolga ad uno dei capi storici della mafia,Ciancimino,perché combini un incontro segreto con Riina ( ! ) per negoziare la tregua dell’offensiva stragista non costituisce ,per quel Tribunale “reato” perché,interpreto,non è scritto nel codice penale il gravissimo atto di legittimare al massimo livello il capo di quella mafia che storicamente insanguina e soffoca il Paese ; non solo,la sentenza omette quale sarebbe la irrilevanza della negoziazione delle “ “contropartite” ( et pur cause ..) ,a meno che non si siano incontrati per un the alle cinque !

  2. Se ne ricava l’assai grave e colpevole interpretazione legulèia burocratica cancellazione e piena ( sic ! ) assoluzione di organismi apicali dello Stato,che non dichiarano nessuna azione ordinativa politica e quindi di fatto coprono il potere politico anch’esso segreto, annullando e vanificando di fatto decine di miglia di pagine di prove e testimonianze – già ampiamente riconosciute in primo grado – e umiliando ,con una motivazione di così basso livello giuridico – il pesantissimo sacrifico di Inquirenti che hanno posto in gioco ogni secondo la loro vita. Oltraggiando di fatto una infinità di assassinii e la Superiorità giuridica e soprattutto morale della Legge dello Stato.

Ma non fu per il supremo valore dello Stato e delle sue Leggi che, rifiutando ogni “legittimazione” e “riconoscimento” fu sacrificata la vita di Aldo Moro ? Si scelse fino all’estremo la cosiddetta “ intransigenza” invece che adottare la via della “ trattativa” perché con la sua morte si sarebbero potuti occultare per sempre inimmaginabili segreti del potere e le sue collusioni innominabili ? Senza citare gli enormi – anche qui ! – depistaggi.

Infine, per parte mia, oltre l’incontenibile indignazione, ne traggo ancora una volta l’estrema necessità di completare e rivedere il procedimento penale in tutte le sue forme e tempistiche, sia in fase di istruzione che di giudizio, in parte già effettuato ma che abbisogna di decreti attuativi puntuali, non “ideologici” perché questo “ ideologismo” si è infinite volte dimostrato stantio inefficace e controproducente. Da anni ormai continua uno sconcertante carosello di ribaltamenti delle sentenze. Continua un’ormai stanca e improducente giustizia di gradi di giudizio così come oggi ancora disciplinati.

So qual è l’obiezione “ indignata” della Sinistra cui appartengo da quegli anni citati. Ad essa rispondo con serenità che la quintessenza dei valori della Sinistra liberale, democratica, socialista è la trasformazione, il rinnovamento adeguato alle mutate condizioni sociali, alle rilevate non funzionalità democratiche di un Potere costituzionale, quel “progresso” innestato saldamente nei Valori della Costituzione, senza il quale si ricostituisce il potere formalmente “rispettabile”, ma sostanzialmente e profondamente funzionale all’autoreferenzialità di una “ Casta” che – ahimè -drammaticamente si è manifestata in questi anni nel Consiglio Superiore della Magistratura e nella ineludibile e coraggiosa ormai rara dote della necessaria “ interpretazione” non meramente e formalisticamente codicistica che fu invece lo strumento poderoso con il quale intervenne il fondamentale cambiamento dei giovani Pretori.

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