Al
di là del fatto che hanno comunque deliberatamente mangiato
le carni di esseri senzienti e che fosse bovino, equino o
canide filosoficamente fa poca differenza, i consumatori
erano davvero tutti ignari? E poi, qual è il vero
problema? La frode in commercio o piuttosto la salute
pubblica di milioni di cittadini europei?
Nella sola Italia abbiamo un numero di cavalli che, a
seconda delle stime, varia da 300’000 a 800’000 circa. Ognuno
di questi cavalli ha una vita potenziale che può andare
oltre i 30 anni. La vita sportiva media di ognuno di
essi è però molto più bassa. A seconda dello sport che viene
loro imposto e dei risultati che ottengono può essere anche
di due o tre anni. L’eutanasia di soggetti sani non è
ammessa all’interno della UE, quindi nemmeno in Italia. Ogni
pochi anni l’intero numero di animali è rinnovato. Forse
solo cinque anni. Dove vanno questi cavalli quando non
corrono/saltano/tirano più con esiti sportivi
soddisfacenti? Da qualche parte dovrebbero esserci
centinaia di migliaia di cavalli anziani; forse almeno 3
volte il numero di cavalli in attività. Che non ci sono.
L’Italia non è uno dei paesi con il maggior numero di
cavalli, né uno dei paesi con la vita media più bassa.
In tutta Europa ci sono milioni di cavalli che devono essere
“tolti di mezzo” ogni anno perché l’industria dello sport
con equini deve rinnovare il “parco macchine”. La sola Gran
Bretagna ospita oltre un milione di cavalli, stessi numeri
si hanno per Francia e Germania. Anche la Spagna arriva
quasi ad un milione. L’Italia è uno dei paesi dove si
macellano legalmente il maggior numero di cavalli in
Europa ma non è uno di quelli con il maggior numero di
cavalli “da eliminare”. Riguardo alle macellazioni
illegali che i numeri ci dicono essere possibili in ogni
angolo di Europa si sa poco nulla.
La macellazione di un equino comporta dei rischi per la
salute pubblica diversi da quella di un bovino. Infatti
mentre un bovino è in ogni caso allevato per la produzione
alimentare, un cavallo è nella stragrande maggioranza dei
casi allevato per farlo competere o comunque praticare
sport. Da qui tutta una serie di norme che dovrebbero
evitare che un equino a cui siano somministrati alcuni
farmaci possa mai essere macellato e quindi mettere a
rischio la salute del consumatore. In alcuni sport la
stragrande maggioranza dei cavalli non sono macellabili, per
esempio nel salto ostacoli. Chiunque sia un minimo
addentro al salto ostacoli sa bene che in teoria in ogni
centro ippico ci dovrebbero essere molti cavalli anziani,
almeno lo stesso numero di quelli in attività. Questi
cavalli però non li ha mai visti nessuno o almeno non in
questi numeri. Nell’ippica il numero di cavalli esclusi
dalla filiera alimentare è minore ma anche molto maggiore è
il turn-over (cioè è minore la vita media di un equide), per
cui negli allevamenti di cavalli da trotto e da galoppo
dovremmo avere un numero impressionante di cavalli anziani. Che
non ci sono.
Ci sono studi universitari, indagini promosse da
associazioni animaliste, documenti della Commissione
Europea, note del Ministero della Salute Italiano e dei vari
Ministeri competenti degli altri paesi europei, note delle
Regioni, che evidenziano che il sistema non funziona e ci
fanno capire che i cavalli macellati sono possibilmente
di più di quelli macellabili con conseguenze per la sanità
pubblica gravissime. Ma perché?
L’industria del cavallo funziona pressappoco così: gli equidi vengono allevati e poi utilizzati per sport per un periodo che può essere da un decimo alla metà della loro vita naturale. Dopodiché vengono macellati. E se non sono macellabili? Come può un allevatore di cavalli da galoppo (è solo per fare un esempio, in tutti gli sport la situazione è la stessa, solo i tempi sono a volte diversi) mantenere per 30 anni un cavallo che a 2 anni ha già dimostrato di non essere redditizio? Secondo uno studio del 2008 circa il 40% degli equidi non è adatto allo sport per il quale è stato allevato. E del 60% che rimane quanti soddisfano le aspettative dell’allevatore? Anche ammettendo che il 60% vadano davvero bene, un allevatore che “produce” 5 cavalli l’anno dovrebbe avere ogni anno 2 cavalli che brucano felicemente l’erbetta per i restanti 30 anni. Cioè dopo venti anni di attività dovrebbe avere 40 cavalli in pensione perché scartati, più altri 45 a fine carriera (considerando 5 anni di attività) e 15 cavalli in attività. Risulta credibile a qualcuno?
Può un’attività economica reggersi pagando fieno, mangime e veterinari per 100 cavalli avendone solo 15 che producono reddito?Chiaramente gli 85 cavalli “a riposo” dell’esempio in questione sono stati già macellati da tempo o sono morti in incidenti. E se non erano macellabili? Questa associazione ritiene che sia plausibile che vengano macellati anche gli individui non macellabili, magari con un po’ di “discrezione”.
Pensiamo davvero che i consumi di carne di cavallo di Italia, Francia, Belgio, Germania e Svezia siano in grado di far girare questo macchinario di allevamento, uso e macellazione di milioni e milioni di cavalli? O forse la quantità di carne di cavallo è più di quanto si dice e, soprattutto, è in parte illegale e a rischio per la salute? Ma chi si prende la briga di bloccare l’industria Europea (ma anche extraeuropea) del cavallo risolvendo in modo definitivo le innumerevoli falle che questa e altre associazioni e perfino istituzioni hanno segnalato in tutte le sedi possibili e immaginabili? E che fine fa questa carne di provenienza illegale? Mescolarla alla carne di bovino potrebbe essere una soluzione efficiente, anche se illegale.
Chi vende un prodotto spacciandolo per un altro commette un reato. Chi macella un animale non macellabile commette un reato.