Sono attivisti italiani, francesi, belgi e svizzeri che, dopo essere entrati di nascosto nei locali, si sono incatenati lungo il corridoio in cui gli Animali vengono spinti prima di essere uccisi, aderendo all’iniziativa dell’associazione francese “269 Libération Animale”.
«Abbiamo cominciato a organizzarci – racconta Fabiana, 49 anni, alle spalle un percorso di animalista che adesso è sfociato nell’antispecismo e non è ancora finito – dopo l’incatenamento al mattatoio Bell in Svizzera del novembre scorso.
Liberazione animali Torino
Quando sono venuta a conoscenza dell’iniziativa ho aderito con immediatezza, non è necessario essere iscritti a questa associazione, non ci sono tesseramenti, chiunque condivida la necessità di fermare l’uccisione degli Animali ma anche di dare un segno alle altre persone affinché riflettano, può partecipare a queste iniziative.
Siamo partiti in un piccolo gruppo nel pomeriggio del 27 gennaio in auto, molti sono invece arrivati a Torino in treno. Siamo poi giunti nella zona del mattatoio di notte, non c’erano Animali perché la domenica rimane chiuso ma sapevamo dagli organizzatori che nel primissimo mattino sarebbero arrivati i camion con i loro carichi. In questo mattatoio si uccidono 100 vitelli al giorno. Prima di incatenarmi nel corridoio ho potuto guardare la “ruota”: quel meccanismo che solleva l’animale, lo mette a testa in giù e lo sgozza. Poi ci siamo coricati a terra e ci siamo legati e chiusi con i lucchetti e abbiamo atteso. Ogni tanto passava qualcuno degli organizzatori a chiederci se avevamo bisogno di qualcosa, dal fare la pipì a mangiare un po’ di zucchero e di cioccolato. Faceva freddo, erano le 2 di notte.
I camion con gli animali hanno cominciato ad arrivare che c’era già luce, non saprei dire l’ora precisa perché ero bloccata a terra, ma era dopo l’alba; vedevo solo la lamina che divide le persone dagli Animali.
Quando i poliziotti sono arrivati (Digos in borghese dentro e agenti in assetto antisommossa all’esterno, n.d.r.), non li abbiamo visti subito ma solo sentiti. Quando sono entrati, a ognuno di noi hanno ingiunto di alzarci, ma io, come gli altri, ho risposto che dovevano trascinarci a forza fuori da lì, come se fossimo corpi morti, esattamente come accade agli Animali, ogni notte.
La resistenza passiva prevede anche che, quando gli agenti ti portano fuori a braccia, tutti gli altri che sono ancora a terra con te cerchino di trattenerti e ostacolare il passaggio per allungare i tempi dell’occupazione e dello sgombero e bloccare le attività il più possibile, perché ogni minuto fatto “sprecare” a chi gestisce il mattatoio gli causa anche un danno economico; ci hanno detto che Bell in Svizzera per il giorno di lavoro andato in fumo grazie alla nostra occupazione ha perso somme ingenti (Bell ha un fatturato stimato intorno al miliardo di franchi, n.d.r.).
Dai locali dove ci hanno portato per il controllo dei documenti e per la denuncia di rito (violazione di domicilio privato, resistenza a pubblico ufficiale, vandalismo perché gli attivisti hanno dovuto spezzare una barra di ferro per entrare), si vedeva l’intero spazio del mattatoio con le sue case dai mattoni rossi, sembrava proprio Auschwitz.
Poi ci hanno rilasciati. La grande pena di tutti è stata il pensiero che gli Animali nei camion che sono tornati indietro saranno stati macellati altrove.
La macchina di morte ancora non si ferma. Ma posso dire ciò che si prova mentre sei lì a terra insieme agli altri, al Loro posto: senti di fare la cosa giusta, e provi un’emozione che ti cambia la vita. Migliori anche tu come persona».
Si chiude così la testimonianza di Fabiana che, tra l’altro, ci ha detto di aver saputo che nel mattatoio di via Traves a Torino (posto oltre tutto vicino a campus universitari) lavorano 26 persone, tutte straniere.
Una notizia che dedichiamo a quella stampa, cattolica ma anche di destra e di sinistra, che parla di “superiorità della razza umana”, per cui si sarebbe giustificati nell’uccidere per cibarsi. E quegli uomini disgraziati, costretti a un lavoro che di umano non ha niente? Chi sono? Perché lo fanno? È un caso che siano tutti stranieri?
Una riflessione in più per dire ancora una volta che il destino degli uomini e quello degli Animali è unico: o ci salviamo tutti o non si salverà mai nessuno.
Ilaria Beretta
31 gennaio 2019
Presentazione dell’associazione ,269 LIBERATION ANIMALE”
"269 LIBERATION ANIMALE" è un'associazione ANTISPECISTA francese creata nel 2016 con sede a Lyon ,Francia. Questa associazione lotta per la liberazione degli animali attraverso un attivismo che si basa su azioni dirette e sulla disobbedienza civile.
La QUESTIONE ANIMALE data 25 secoli di dibattito filosofico. Abbiamo dovuto attendere questi ultimi 40 anni per vedere emergere l’ANTISPECISMO, il pensiero filosofico che rifiuta la pretesa della superiorità umana sulle altre specie animali , che giustifica il disprezzo dei loro interessi.
Per questa ragione, l’uso che l’uomo fa degli animali non è che il perpetuare di una supremazia che produce oggi sofferenze senza precedenti:
Allevamenti, pesca, ricerca sugli animali, lista non esaustiva di pratiche, è la conseguenza di UNA APPROPRIAZIONE SISTEMATICA DEGLI ANIMALI DA MILLENNI E CHE ORMAI E’ EVIDENTE AGLI OCCHI DI TUTTI COME LA BASE DEI PIU’ ALTI PROFITTI .
Ma gli animali non sono di nostra proprietà e la base delle nostre lotte è di mettere fine al loro godimento come merce,ma considerarli individui liberi all’interno di una società più giusta .Non mangiamo la carne, non divoriamo il corpo di un essere innocente assassinato che voleva vivere.
Un tale cambiamento della società ci appare indissociabile da un profondo cambiamento della politica. Le nostre istituzioni, cautelano, difendono e propagandano questa ingiustizia contro cui noi lottiamo.Solo un vero cambiamento di abitudini a livello di massa e di comportamenti potrà produrre questo cambiamento.
Se la via vegana che consiste nel non comprare e consumare nessun prodotto dovuto allo sfruttamento di animali, sempre in crescita nostro paese , sembra essere il segno di una prima vittoria; il punto debole è invece la mobilitazione di tutti coloro che sono più sensibili alla causa per far emergere la causa animale come una LOTTA DI GIUSTIZIA SOCIALE URGENTE.
Non si tratta dunque solo di fare questa scelta legata ad un regime alimentare o ad una modalità di consumo ; noi consideriamo l’uso del veganismo individualista e apolitico mentre Il movimento necessita di una svolta radicale.
Non stiamo a supplicare la società di degnarsi di ascoltare le nostre rivendicazionie, nè ci affidiamo all’approccio garantista dello sfruttamento animale per difenderlo e permettere il proseguimento del loro criminale commercio.
Noi NON CHIEDIAMO UNA MORTE PIU’ DOLCE, O DELLE GABBIE PIU’ GRANDI, O PRODOTTI VEGETALI SUPPLEMENTARI, MA LA L’ABOLIZIONE DELL’ASSERVIMENTO DEGLI ANIMALI DA PARTE DELL'UOMO
COSTRUIRE LA RESISTENZA
Il nostro attivismo attuale vuole affrancarsi da un carattere puramente simbolico per tendere ad azioni sempre più concrete fondamentali per la liberazione animale.
Vediamo il terreno politico come uno spazio dinamico in costante tensione, non come processo di transizione dolce, ma come un vero e proprio mezzo utile alla mobilitazione.
LA STRADA NON E’ PIU’ SUFFICENTE. DOBBIAMO ESSERE NEI LUOGHI DOVE HANNO LUOGO E SI DECIDONO QUESTI MASSACRI SE VOGLIAMO PARLARE DI METTERVI FINE, DI ARGINARLI.
UNIRSI SUL CAMPO
Di fronte all’urgenza , la nostra prima priorità è di ingrandire le fila al fine di esercitare una pressione crescente sull’economia dello sfruttamento degli animali e sullo Stato.
Se pensate che è maturo il tempo di passare all’azione offensiva, riflettete, ed agite al nostro fianco.
Link di alcune immagini dell’attività dell’associazione.
https://www.gettyimages.co.uk/photos/269-life-liberation-animale?sort=mostpopular&mediatype=photography&phrase=269%20life%20liberation%20an--
Torino. Nella notte tra il 27 e il 28 gennaio un centinaio di persone hanno occupato il mattatoio comunale di via Traves