Contro di loro Matteo Renzi ha istituto uno stato di eccezione. Dopo averli definiti, in senso dispregiativo, «comitatini», il suo governo è passato alle vie di fatto. Nello «Sblocca Italia» ha conferito poteri straordinari a commissari ad hoc – ad esempio l’Ad di Ferrovie Italiane Elia – per asfaltare ogni forma di resistenza. E con questo s’intende anche i pareri contrari dei sindaci o delle regioni. Per tutto il resto ci penserà la forza pubblica o, perché no, l’esercito. A quello che sarà sfuggito dalle maglie di questa rete ci penserà la magistratura. Il modello viene sperimentato in Val Di Susa. Nei prossimi due anni potrebbe essere applicato ai quattro angoli del paese. Sarà questo il costo, civile e umano, per rilanciare il Prodotto interno lordo (Pil)?
Con il decreto Sblocca Italia il governo spingerà al massimo la turbina della finanziarizzazione, devasterà territori e farà gli interessi di fondi immobiliari e costruttori, alcuni dei quali ben rappresentati dai partiti di maggioranza. Sul tavolo c’è l’alleanza con la finanza di rapina e l’auspicio di una democrazia autoritaria e l’uso predatorio del patrimonio pubblico e dei territori.
I comitati hanno deciso di reagire. Hanno convocato tutto il mondo dell’ambientalismo italiano, dell’altra economia, dei beni comuni e dei movimenti civili ad un presidio a piazza Montecitorio per mercoledì 15 e giovedì 16 ottobre. Le sigle sono centinaia, e si possono consultare sul sito www.acquabenecomune.org. Ci sono i movimenti No Triv, No Tav e No Tap, il Wwf e i Cobas e tantissime associazioni impegnate nella battaglia «Blocca lo sblocca Italia». Chiedono al parlamento di «far decadere le norme di questo decreto, chiarendo che le vere risorse strategiche del nostro paese sono il nostro sistema agro-ambientale, con forme di economia diffusa, dal turismo consapevole all’agricoltura, dalle rinnovabili diffuse alle filiere del riciclo e del riutilizzo». È un modello economico opposto a quello che sta a cuore a Renzi, basato sul ciclo “finanza-prodotto-finanza” ad alto tasso di cementificazione, privatizzazione e compensazioni immobiliari. La quasi contemporanea pubblicazione dell’ebook «Rottama Italia» (Altreconomia edizioni, ne ha parlato ieri su Il Manifesto Paolo Berdini) ci permette di abbozzare lo scenario denunciato dai movimenti.
Nel film immaginato da Renzi e dal ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi (Nuovo Centro Destra) spunteranno trivelle per estrarre gas nell’Adriatico, piattaforme nel golfo di Napoli e in quello di Salerno, tra Ischia Capri e la costiera Amalfitana. Ci sarà una pioggia di autostrade, a cominciare dalla faraonica Orte-Mestre che devasterà la Riviera del Brenta e il primo tratto del corso del fiume Tevere, le valli di Comacchio e quelle del Mezzano, nel ferrarese, lambendo il Parco nazionale delle foreste casentinesi.
L’idea di costruire questo mostro da circa 10 miliardi di euro non è dell’Anas. Per l’economista Luca Martinelli è della Management Engineering Consulting, una società controllata da Vito Bonsignore, oggi dell’Ncd, lo stesso partito di Lupi. Lo stesso «comma Orte-Mestre» riguarda chi gestisce l’autostrada Brescia-Padova e ha concessioni in scadenza o già scadute, come la A4 Holding, società controllata da Intesa Sanpaolo, oppure la Brebemi (A35), primo azionista ancora Intesa Sanpaolo. Lo Sblocca Italia impedisce il rinnovo delle concessioni mediante una gara. Il «mercato» delle autostrade resterà così in mano ai monopolisti.
L’articolo 26 dello Sblocca Italia permette inoltre la svendita degli immobili non utilizzati del demanio statale. Gli 8.057 comuni potranno presentare un progetto per cambiarne la destinazione d’uso. Le caserme potranno essere trasformate in centri commerciali, le biblioteche in negozi anche chic, un palazzo d’epoca in un condominio di lusso. In compenso i comuni otterranno un compenso, come accade agli intermediari. O ai sensali. Ogni obiezione delle Soprintendenze, nel caso di beni storici o di interventi sul paesaggio, verrà aggirata imponendo loro di sottostare alle decisioni ultimative dei commissari con i super-poteri. Lo stesso modello dovrebbe essere adottato a Bagnoli dove la bonifica e la rigenerazione urbana dell’area viene intestata direttamente a Renzi in persona (e del governatore della Campania, il berlusconiano Caldoro) che deciderà su demolizioni e ricostruzioni, oltre che sull’adozione di «modelli privatistici consensuali». Il comune di Napoli è stato esautorato, pur disponendo dal 1994 di un progetto di riqualificazione. Vezio De Lucia e Salvatore Settis parlano di una vera «eversione» dell’ordinamento costituzionale, oltre che delle norme secondarie.
Lo Sblocca-Italia vuole anche cambiare i connotati delle nostre città privilegiando il ruolo dei costruttori e delle politiche urbanistiche speculative e dall’alto. Il modello è incentrato sul nuovo ruolo della Cassa Depositi e Prestiti (Cdp) e la sua controllata Investimenti Sgr. L’esempio, sostiene Berdini, è quello della «valorizzazione» delle caserme nel quartiere Flaminio a Roma e dilagherà in Italia. L’articolo 17 del decreto permette inoltre di realizzare stralci funzionali invece di urbanizzare i nuovi quartieri. Sarà la festa della speculazione, mentre per gli enti locali proseguirà la dieta dell’austerità. Nel lessico di Renzi «sburocratizzare» significa speculare e privatizzare. Sinonimi taciuti quando va all’estero alla caccia di investitori per mostrare la bellezza di un paese basato sulla diversità dei territori, sostiene il fondatore di Slow Food Carlin Petrini. Quando torna in patria, il presidente del Consiglio cambia vestito e approva lo Sblocca Italia, il più grande progetto di devastazione del territorio pensato dal governo Berlusconi ad oggi.