Come era ampiamente previsto, il cosiddetto ‘rosatellum’ ha adempiuto al proprio compito di formare un parlamento più rappresentativo delle segreterie dei partiti che degli elettori.
Il meccanismo delle pluricandidature in collegi lontani e ‘blindati’ è riuscito a ‘ripescare’ personaggi che nei confronti diretti (nelle aree dove magari sono ben conosciuti) erano stati clamorosamente scartati, e gli elettori siciliani del M5S forse scopriranno addirittura di aver eletto candidati in altre regioni.
E non mi appassiona l’interrogativo su chi ha vinto: dato che il rosatellum considera ‘coalizioni’ accordi fra partiti con programmi (e ‘capi’) diversi col solo scopo di ottenere più seggi nei collegi uninominali, credo che dovrebbe essere scontato che il 33% del M5S valga più del 18% della Lega; sarà difficile compito del Presidente Mattarella trarne le conseguenze.
Nonostante queste distorsioni, che è augurabile portino rapidamente alla dichiarazione di incostituzionalità di questa pessima legge elettorale voluta dal PD di Renzi, gli Italiani hanno espresso la loro volontà, e sarebbe colpevole non cercare di interpretare, nei limiti del possibile, le indicazioni che ne scaturiscono.
A partire dalla partecipazione al voto, sostanzialmente simile (circa 2 punti percentuali in meno) a quella del 2013, ma, a quanto sembra, non statica. Nel senso che una parte degli astenuti del 2013 è tornata a votare, mentre parte dei votanti di allora ha deciso di disertare i seggi.
Ad esempio (sempre con grande approssimazione) circa il 15% dell’elettorato 2013 delle due forze più ampiamente ‘perdenti’, PD e FI, ha scelto stavolta l’astensione.
Se il recupero degli astenuti era sicuramente una delle condizioni per la nascita di quella nuova forza di sinistra laica, che in Italia manca da anni, dobbiamo prendere atto che quel progetto è fallito: secondo SWG, e in cifre molto approssimative, LeU ha sottratto al PD circa l’1% dei suffragi, mentre ha recuperato non più dello 0,4% (12% di 3,4%) sul 25% che si astenne nel 2013, assai meno, per esempio del 6% (30% del 18%) che per tornare a votare ha scelto Lega.
E PalP, tenendo conto dell’elettorato di PRC, non dovrebbe aver fatto molto meglio.
Per essere ancora più dolorosamente espliciti, il travaso da SEL (poi Sinistra Italiana) verso il M5S sembra essere stato assai superiore.
Se questi numeri sono, nella loro approssimazione, reali, è evidente che il tentativo di ricostruire la sinistra utilizzando quel che resta della vecchia nomenclatura ‘rossa’ è risultato perdente, ed è servito quasi solo a prolungare la carriera parlamentare di alcuni dirigenti ‘storici’.
La vasta area del dissenso di sinistra antiliberista rimane ancora desolatamente priva di rappresentanza, mentre assistiamo al ritorno, tumultuoso e pericoloso, della tentazione di una destra autoritaria e sovranista.