Indipendentemente dalla decisione che il popolo greco assumerà il 5 luglio, il referendum indetto da Tsipras ha senza dubbio reso esplicita l’anomalia di scelte politiche che vengono assunte da organismi ‘tecnici’ privi di qualunque legittimazione democratica e imposte col ricatto della speculazione finanziaria a governi che sembrano aver abdicato al loro ruolo. E’ ormai innegabile che, senza entrare nel merito delle responsabilità che hanno portato al ricorso all’indebitamento pubblico, la sua insostenibilità è essenzialmente dovuta ai tassi di interesse usurari che ne costituiscono un incontrollato moltiplicatore.
L’alternativa fra il SI e il NO, vista anche l’incertezza sulle conseguenze che ne deriveranno, non può essere banalizzata come scontro fra schieramenti; lo dimostra anche la non omogeneità dei sostenitori delle due posizioni a livello internazionale.
E’ invece doveroso pretendere, in Italia e in Europa, un ritorno agli ideali che promossero l’unità europea ai suoi inizi, e rifiutare il tentativo di ignorare i principi su cui sono fondate le Costituzioni degli Stati membri per imporre una sorta di ‘pensiero unico’, in cui alla solidarietà e al progresso civile si sostituirebbero il diritto del più forte e il mito dell’arricchimento senza limiti di ristrette élites a scapito della maggioranza degli uomini e delle donne.
In questo senso la decisione del governo greco di restituire ai propri cittadini la sovranità della scelta in un momento così delicato è un atto coraggioso, da cui ci auguriamo nasca e trovi forza un grande movimento internazionale di rifiuto dello strapotere finanziario e di difesa delle istituzioni democratiche.