I ‘numeri’

di Francesco Baicchi - 08/08/2015

C’è naturalmente uno stretto legame fra l’arroganza renziana, che contro il dissenso interno del PD proclama di avere in Parlamento i ‘numeri’ per far passare tutto, e l’invadenza di Napolitano che intende ancora imporre la sua volontà al Paese impedendo il confronto democratico sulla ‘riforma’ della Costituzione.

Entrambe i compari sono perfettamente coscienti dell’inganno di fondo che hanno contribuito a costruire, e scelgono la strategia di vantarsene invece di negarlo, confermando il motto ‘La miglior difesa è l’attacco’.

Perché i ‘numeri’ di cui si vanta il ‘giovane’ di Rignano sono solo il frutto di una legge elettorale incostituzionale (il porcellum) che ha stravolto la volontà popolare raddoppiando il numero dei seggi spettanti al PD grazie all’accordo con SEL, che nel frattempo sembra passata all’opposizione (almeno in parte). A questi ‘deputati per caso’ vanno aggiunti quelli che stanno abbandonando Berlusconi (forse perché non si parla più di bunga bunga).

In entrambe i casi questi ‘numeri’ (perché giustamente di questo in molti casi si tratta: pedine mercenarie senza dignità e autonomia) vengono utilizzati in violazione del mandato ricevuto dagli elettori. Anche se i transfughi della destra almeno possono vantarsi di realizzare l’attacco al sistema democratico e ai diritti dei cittadini che i loro governi non erano riusciti a concludere.

Dal suo punto di vista l’ex-presidente della Repubblica, che sin dai tempi del suo contrasto con Berlinguer ha avuto una interpretazione riduttiva dei Principi su cui si fonda la nostra Costituzione (tanto da firmare senza batter ciglio leggi scandalosamente incostituzionali), mal sopporta il ruolo di ‘saggio’ che spetterebbe a un semplice senatore a vita e pretende ancora di far prevalere l’interesse della ‘casta’ sulla volontà popolare. Fu così anche quando, bloccando l’attacco di Fini a Berlusconi, concesse a quest’ultimo il tempo necessario per comprarsi i parlamentari che lo salvarono, e così è stato con l’imposizione a un parlamento imbelle di presidenti del consiglio privi del consenso degli elettori.   

Questa traballante costruzione non può reggere se il processo di stravolgimento del nostro sistema costituzionale non viene completato, concentrando il potere nelle mani del capo dell’esecutivo, da cui dipenderà la maggioranza della unica Camera, formata da deputati nominati (non eletti) grazie a un assurdo ‘premio’ indipendente dall’effettivo consenso dell’elettorato. La trasformazione del Senato in dopolavoro per consiglieri regionali in cerca di immunità è un corollario. Ben più grave è il potere conferito al Governo di dettare alla Camera l’agenda dei provvedimenti da affrontare con ‘tempi certi’ e addirittura, in alcuni casi, senza possibilità di emendarli.

Proprio per la coerenza dell’insieme delle ‘riforme’, che rischiano di riportarci indietro di un secolo alle fasi iniziali del fascismo, chi intende respingere questa deriva autoritaria non dovrebbe cadere nel tranello di contrattare piccoli aggiustamenti che, anche se migliorativi, lasciano intatta l’impalcatura complessiva che poi non potrà che essere approvata.

Il disegno su cui convergono, oltre a Renzi e Napolitano, personaggi come Verdini, Alfano e i loro seguaci più o meno inquisiti, ma anche e soprattutto i ‘poteri forti’ della speculazione finanziaria nazionale e internazionale, deve essere respinto nel suo complesso da una grande stagione di legalità (sottoponendo alla Consulta le norme più scandalose) e di democrazia diretta (mediante i referendum). Forse la ‘normalizzazione’ della RAI con nomine che hanno ampiamente privilegiato la destra è solo un altro passo verso una campagna di propaganda e di disinformazione cui è indispensabile opporsi senza compromessi.

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