Il dito e la luna

di Francesco Baicchi - 31/05/2013
Nella migliore tradizione della nostra politica decotta, in queste settimane sui media ha imperversato lo scontro sulla 'eleggibilità' di Berlusconi. Si continua cioè a guardare il dito e a ignorare la luna

Secondo la legge 361 del 1957, infatti, chi è titolare di concessioni pubbliche (come le frequenze televisive) non può essere eletto al Parlamento, mentre il proprietario di Mediaset ci sta da vent'anni. Anomalia sempre segnalata, ma che ora il M5S propone di far cessare, terrorizzando non solo i dipendenti politici del 'cavaliere', ma anche buona parte del PD, che preferirebbe continuare a ignorare la legge.

Fra chi intende mantenere la situazione immutata, c'è chi si appiglia ai 'precedenti', cioè al fatto che, non essendo stata applicata in passato, la legge non sarebbe più applicabile.

I più fantasiosi aggiungono anche che formalmente Berlusconi non dirige le sue televisioni, ma ne è 'solo' il proprietario, e quindi ineleggibile è solo l'ineffabile Confalonieri.

Ma in tutti sembra prevalere la preoccupazione delle conseguenze che avrebbe una simile decisione sui milioni di elettori che vedono in Berlusconi una specie di messia e sarebbero costretti a prendere atto della ben più meschina realtà.

Ha comunque ragione chi pensa che la cancellazione di un leader politico ricorrendo a una (pur sacrosanta) norma amministrativa possa diventare un clamoroso autogol, anche se raggiunge l'obiettivo, come accadde con Al Capone, che fu arrestato solo per evasione fiscale.

La luna, che apparentemente non si vuol vedere, sta proprio nelle finalità della legge 361 e negli obiettivi che si poneva, che non possono essere dimenticati.

L'ineleggibilità è prevista proprio perché l'eletto non possa trarre profitto economico dal suo ruolo politico, ma anche, nel caso specifico in questione, affinché la gestione di servizi pubblici, conferendo una posizione di privilegio e di potere, non possa costituire un vantaggio sensibile dal punto di vista elettorale.

In effetti il successo di Berlusconi in politica non sarebbe stato nemmeno pensabile senza l'ossessiva azione di disinformazione e di calunnia, la realtà virtuale e le promesse che le sue televisioni (e per lunghi periodi la RAI, anch'essa sotto il suo controllo) hanno veicolato.

Non far valere sin dal primo momento le prescrizioni della 361 è stato un errore, ma non aver risolto il conflitto di interessi che ha falsato tutte le campagne elettorali degli ultimi venti anni è stato ancora più grave.

Gli elettori non possono formare le proprie opinioni che in base alle informazioni di cui dispongono, cioè, nelle nostre attuali società, a ciò che viene presentato dai media come verità. Se qualcuno ha creduto veramente che 'Ruby Rubacuori' abbia tentato di farsi passare per la nipote di Mubarak (e forse lo pensa ancora), e che questa non sia stata invece una invenzione improvvisata, arrogante e offensiva di chi doveva nascondere un reato gravissimo, lo dobbiamo al bombardamento di menzogne che per settimane è stato messo in atto da televisioni e giornali controllati da Berlusconi e soci.

Il controllo delle TV, che orientano oltre il 70% delle persone, garantisce una posizione di privilegio che non può essere impunemente concessa a nessuno.

Nelle proporzioni che ha raggiunto in Italia essa viola addirittura il diritto al pluralismo, dato che per ottenere una minima visibilità nazionale un movimento politico che non disponga, come PdL e alleati, di proprie reti televisive è costretto a investire cifre fuori dalla portata non solo di singoli cittadini, ma anche di molte organizzazioni associative.

La ininterrotta presenza di Berlusconi al centro del dibattito politico degli ultimi venti anni, il dilagare della sua sottocultura becera e incivile, la penetrazione della sua immagine egoistica, violenta e volgare dei rapporti umani, la sua politica di favoreggiamento di corruttori ed evasori, che hanno amplificato i danni sociali della crisi economica, sono conseguenza anche della scelta di rinunciare a una regolazione del rapporto fra politica e informazione, presente in quasi tutti i paesi democratici.

Proclamare dunque, come spesso ascoltiamo (purtroppo non da una sola parte politica), che 'i problemi del Paese sono ben altri' e che 'ineleggibilità' e 'conflitto di interessi' sono temi marginali significa dunque voler nascondere le conseguenze di errori di valutazione i cui danni sono oggi difficilmente annullabili e condizioneranno, in ogni caso, la nostra società ancora per lungo tempo.

Solo chiudendo gli occhi non si riesce a vedere la luna.

(da Losnodo.net)

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