Il No greco ci dà una speranza?

di Francesco Baicchi - 08/07/2015

Il referendum greco ha reso clamorosa, se ancora ce ne fosse stato bisogno, l’anomalia di scelte prettamente politiche che vengono assunte da organismi ‘tecnici’ privi di qualunque legittimazione democratica e imposte col ricatto della speculazione finanziaria a governi che sembrano aver abdicato al loro ruolo, e in questo senso non può non avere conseguenze che superano i confini del singolo stato e dell’argomento circoscritto su cui è stato indetto .

 Nel Preambolo della Carta dei Diritti Fondamentali della Unione Europea (Carta di Nizza) si legge che: “Consapevole del suo patrimonio spirituale e morale, l’Unione si fonda sui valori indivisibili e universali di dignità umana, di libertà, di uguaglianza e di solidarietà; l’Unione si basa sui principi di democrazia e dello stato di diritto. Essa pone la persona al centro della sua azione istituendo la cittadinanza dell’Unione e creando uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia.”

Principi analoghi sono a fondamento del Trattato di Lisbona: “L'Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell'uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze. Questi valori sono comuni agli Stati membri in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e uomini.”

 Non possiamo non chiederci se con questi ideali sono state coerenti scelte politiche (mascherate da ‘tecniche’) che hanno puntato esclusivamente a difendere i guadagni scandalosi di banche e speculatori, trasferendo i rischi che essi si erano liberamente assunti acquistando titoli greci ai contribuenti europei e portando gran parte del popolo greco a livelli di povertà insostenibili. 

 E’ ormai innegabile che, senza giustificare i governi greci che hanno scelto di ricorrere in modo irragionevole all’indebitamento pubblico, la sua insostenibilità è essenzialmente dovuta ai tassi di interesse usurari che ne hanno costituito un incontrollato moltiplicatore. Anche l’Italia, con il suo debito astronomico, ha commesso lo stesso errore, ed è ancora costretta ad emettere titoli di stato per pagare gli interessi su quelli emessi in precedenza.

 L’alternativa fra il SI e il NO al referendum greco , vista anche l’incertezza sulle conseguenze che ne deriveranno, non può essere banalizzata come semplice scontro fra schieramenti; lo dimostra anche la non omogeneità dei sostenitori delle due posizioni a livello internazionale.

La vittoria del NO dovrebbe invece essere considerato il primo passo del percorso che deve portare al superamento della assoluta mancanza di regole per i mercati finanziari.

Non ci possiamo più permettere, a livello globale, che movimenti esclusivamente speculativi provochino disastri sociali al solo scopo di far arricchire qualche banchiere o qualche gestore di fondi pensione statunitensi. Non possiamo far dipendere le nostre economie e i nostri sistemi di sicurezza sociale, che per decenni sono stati il simbolo della civiltà raggiunta dal nostro continente, dal comunicato di qualche banca d’affari che, con procedure quanto meno opache, determina l’andamento dei listini di borsa.

E’ indispensabile pretendere una tassazione sugli utili speculativi che li disincentivi, armonizzare i regimi fiscali impedendo la ‘migrazione’ delle multinazionali alla ricerca delle condizioni più favorevoli, definire e regolare i ‘beni comuni’ proteggendoli dall’accaparramento privato.

 La nostra Costituzione (quella che Renzi e i suoi mandanti tentano di stravolgere con un parlamento illegittimo) all’articolo 3 assegna alla Repubblica il compito di operare attivamente per “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e la uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana…” e all’articolo 11 accetta le limitazioni di sovranità  “necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni …”.

 Non è nazionalismo pretendere che la nostra presenza nell’Unione non entri in contraddizione con questi principi.

E’ invece doveroso battersi, in ogni singolo stato e tutti insieme, per un ritorno agli ideali che promossero l’unità europea ai suoi inizi e per impedire che prevalga una sorta di ‘pensiero unico’, in cui alla solidarietà e al progresso civile si sostituiscano il diritto del più forte e il mito dell’arricchimento senza limiti di ristrette élites a scapito della maggioranza degli uomini e delle donne.

 In questo senso la decisione del governo greco di restituire ai propri cittadini la sovranità della scelta in un momento così delicato è un atto coraggioso, che ha dimostrato come la volontà popolare, se vuole, sia ancora in grado di imporsi a ceti politici che sempre più spesso, come attualmente in Italia, appaiono inadeguati alle loro responsabilità.

 Dobbiamo augurarci che dall’esempio greco nasca e trovi forza anche in Italia un grande movimento che sia in grado a breve di affrontare una difficile stagione referendaria per cancellare i frutti avvelenati del renzismo, e sul piano internazionale segua l’esempio dei movimenti che stanno facendo emergere gruppi dirigenti totalmente nuovi e non compromessi con gli errori degli ultimi decenni.

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