Il vero compito

di Francesco Baicchi - 06/01/2015

Dunque, se ho capito bene, la ‘riforma’ fiscale di questo governo, rivendicata dal suo condottiero Renzi, prevede la depenalizzazione delle evasioni che non superano una certa percentuale dell’imponibile complessivo (3%) dell'evasore. E’ un po’ come dire che uno scippo o un furto con scasso sono reati solo se il valore della refurtiva non supera una certa percentuale della dichiarazione dei redditi del ladro. Quindi sono punibili solo i ladri poveri, e non quelli ricchi.

Per puro caso questa clausola, grazie alla norma sul ‘favor rei’, cancellerebbe i reati penali per i quali è stato condannato Berlusconi, e le conseguenti condanne che lo hanno espulso dal Senato e lo rendono indegno di essere rieletto a cariche pubbliche per qualche anno.

A questo punto dobbiamo ringraziare proprio la spudoratezza di chi ha tentato così platealmente di aiutare il pregiudicato di Arcore, perché è lecito chiedersi se l’assurdità di una norma così scandalosa sarebbe emersa così vistosamente senza questa ‘coincidenza’.

Al di là della vicenda Berlusconi, l’evasione fiscale è uno dei reati più odiosi, con implicazioni etiche che non è possibile ignorare, perché chi evade si sottrae all’obbligo costituzionale di solidarietà (art. 53: ‘Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva….’), e impone di fatto ai contribuenti onesti il costo del suo illecito arricchimento.

Le conseguenze economiche del fenomeno, come leggiamo ogni giorno sulla stampa, sono gravissime e dovrebbero farne uno degli impegni prioritari di un governo che per far fronte ai propri impegni cerca invece quotidianamente di recuperare fondi cancellando servizi pubblici e svendendo il patrimonio statale.

Il codicillo, che non possiamo seriamente pensare frutto di ingenua improvvisazione, legando la rilevanza penale di un comportamento a una valutazione esclusivamente percentuale e non in valore assoluto (e senza, ad esempio, tenere conto di situazioni soggettive di difficoltà, o di attenuanti verificabili) genera una diversità di trattamento in aperta contraddizione dell’art. 3 Cost. (Tutti i cittadini … sono uguali davanti alla legge ….) innegabile e priva di qualunque giustificazione.

Alla denuncia di questa ennesima violazione della equità, oltre che del buon senso, il dinamico capo del nostro improbabile governo si è limitato a rinviare di qualche settimana l’esame del decreto da parte della Camera, senza peraltro impegnarsi a rimuovere l’obbrobrio e senza scusarsi.

L’incidente dovrebbe però almeno cancellare ogni dubbio sulla volontà di questo esecutivo di stravolgere con le sue ‘riforme’ istituzionali proprio i principi fondamentali su cui si fonda la nostra Repubblica democratica.

E’ appena il caso di ricordare infatti che l’art. 3 assegna alla Repubblica il ‘compito di rimuovere’ gli ostacoli che impediscono l’eguaglianza dei cittadini. Un governo che opera in senso opposto si pone dunque fuori e contro il dettato costituzionale, come il Parlamento che avallasse questa ennesima forzatura. Ma d’altronde l’attuale Parlamento è già delegittimato per come si è formato grazie a una legge elettorale dichiarata incostituzionale ….

Siamo dunque di fronte a un esecutivo, che si è appropriato anche delle funzioni legislative, le cui decisioni devono essere sempre esaminate con l’attenzione da riservare alle clausole scritte con i caratteri più piccoli in certi contratti che vengono proposti da ‘venditori’ scarsamente attendibili. Insomma un governo che avrà anche ottenuto la fiducia di questo strano parlamento, ma non merita sicuramente quella dei cittadini onesti.   

Chissà se, impegnato a fare le valigie, il Presidente della Repubblica troverà il tempo, oltre che la voglia, di ‘monitare’ qualcosa a riguardo.

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