La legge elettorale, che regola le procedure per individuare i membri del Parlamento, non è un regolamento tecnico asettico: costituisce al contrario il miglior metro di valutazione della democraticità di un sistema istituzionale.
Anche se non esiste un sistema elettorale 'perfetto' e sistemi diversi possono ottenere risultati analoghi sul piano della democrazia, ogni modello risponde a priorità politiche specifiche.
La nostra Costituzione, nata dal dialogo e dalla convergenza di culture diverse, ha assegnato a un Parlamento rappresentativo delle opinioni (plurime) e delle culture presenti nella nostra società il potere di fare le leggi e scegliere i governi ricercando il massimo consenso.
Anche quando la distanza fra i rappresentanti di ideologie contrapposte era incolmabile nessuno ha mai pensato di impedire ad altre forze politiche che ottenessero una quota di consenso popolare l'accesso al Parlamento. E' stata perfino accettata, discutibilmente, la presenza di soggetti che, più o meno esplicitamente, si rifacevano al fascismo, pur dichiarato fuori legge.
Quei Parlamenti hanno permesso, pur con tutte le difficoltà che la storia ci ricorda, la rinascita del Paese sul piano economico e sociale, la sua evoluzione in senso civile e solidale, la sconfitta del terrorismo.
E' oggettivamente falso affermare che i problemi che hanno portato alla implosione della 'prima Repubblica' siano addebitabili ai meccanismi elettorali. Così come è evidente che il maggioritario e, poi, addirittura il porcellum non hanno evitato il ripetersi delle stesse storture, sia sul piano della corruzione dilagante che della fragilità degli esecutivi.
Invece, con l'avvento del berlusconismo e di una concezione 'proprietaria' dello Stato completamente estranea all'impostazione della nostra Costituzione, ha finito col prevalere la ricerca di una forma di 'dittatura della maggioranza' che vorrebbe cancellare di fatto il dialogo con le minoranze e consegnare a chi ottiene un voto più degli altri (anche se comunque assai meno del 50%) poteri assoluti, come a suo tempo voluto da Mussolini con la legge Acerbo.
A questa finalità è stato coerente l'ossessivo attacco alla Magistratura e agli organismi di controllo e garanzia, che non a caso hanno impedito l'entrata in vigore di inaccettabili leggi 'ad personam' e hanno smascherato numerosissimi episodi di malcostume della 'casta'.
Anche la nuova proposta Berlusconi-Renzi si pone esplicitamente l'obiettivo, falsamente spacciato come positivo e richiesto dai cittadini, di attribuire comunque poteri assoluti a un leader, e non di garantire la rappresentanza delle opinioni degli elettori.
Al di là dei falsi proclami, quello che Sartori ha definito pastrocchium ripropone, e in parte peggiora, gli elementi di incostituzionalità del porcellum, interpretando in modo strumentalmente riduttivo la sentenza della Consulta. Alla richiesta di limitare al minimo gli effetti distorsivi del 'premio' risponde stabilendo una soglia del 35% al primo turno, che consente comunque a chi ha ottenuto un terzo dei voti (e quindi è stato rifiutato da 2/3 degli elettori) di avere la maggioranza dei seggi.
L'inganno più plateale, e il meccanismo più assurdo e fantasioso è però il 'doppio turno', che scatta se nessuna lista ottiene il 'premio' e impone di scegliere fra i due simboli più votati a livello nazionale per arrivare comunque, con o senza premio, a una maggioranza assoluta. Dato che a questo ballottaggio si accede senza 'soglia minima', il risultato finale sarebbe comunque di assegnare la maggioranza assoluta a una lista che potrebbe avere ottenuto al primo turno anche solo il 10% dei consensi.
Rimangono inoltre, più o meno lunghe, le liste bloccate decise dalle segreterie dei partiti, che impediscono agli elettori di scegliere da chi farsi rappresentare. Anche in questo caso porre un limite al numero dei candidati per collegio nasconde il fatto che, dato che il numero dei seggi viene calcolato sui consensi a livello nazionale, in realtà si finisce solo per votare un simbolo e non le persone. Non è dato ancora sapere, non essendo pubblicamente disponibile un testo finale, come si intende individuare i 'vincitori' dei seggi.
Questa legge Frankenstein, ottenuta cucendo insieme pezzi incoerenti, punta in realtà a imporre per legge il bipartitismo, cancellando la possibilità che la crescente area del dissenso ottenga una rappresentanza, e a delegittimare il Parlamento, composto da persone nominate e non elette, in una prospettiva di fatto presidenzialista.
Il meccanismo su cui è stato raggiunto l'accordo contraddice molti aspetti del testo costituzionale: la parità fra i votanti, la libertà di elettorato passivo, i poteri del Presidente della Repubblica, l'assenza del vincolo di mandato, ecc...
Pensare di ridurre un argomento così importante ai suoi soli aspetti ingegneristici, magari da affidare a presunti 'tecnici', nasconde in realtà la volontà convergente di cancellare gli equilibri e i diritti democratici su cui la Costituente ha fondato in modo lungimirante la nostra Repubblica. Magari contando sui tempi tecnici necessari alla Corte Costituzionale per un nuovo pronunciamento, per eleggere nel frattempo un nuovo Parlamento, viziato dalla stessa carenza di legittimità dell'attuale.
A questa ennesima truffa è indispensabile reagire con un grande impegno di informazione e con una mobilitazione della opinione pubblica in difesa dei principi di uguaglianza e pluralismo della Costituzione, respingendo la mitizzazione del decisionismo e la difesa corporativa dei professionisti della politica.