Per il 2015

di Francesco Baicchi - 27/12/2014
La difesa dei principi costituzionali è un passaggio ineludibile per il nostro Paese

Il quotidiano Le Monde, proprio nella sua edizione del 25 e 26 dicembre, ha significativamente deciso di dedicare la propria prima pagina a un articolo dal titolo ‘Grecia, Spagna: la rincorsa della sinistra radicale spaventa l’Europa’. Il fondo spiega che i possibili e previsti successi di Syrisa in Grecia e Podemos in Spagna alle prossime politiche preoccupano i vertici europei nonostante che i due nuovi protagonisti politici siano tutt’altro che rivoluzionari. Anzi è forse proprio la ragionevolezza delle loro posizioni a creare panico in ambienti impegnati a proclamare il ‘pensiero unico’ neoliberista.

L’autrice, Claire Gatinois, contrappone poi il successo di quella che definisce ‘sinistra radicale’ a quello, altrettanto attuale, dell’estrema destra, localizzando il primo nel sud e il secondo nel settentrione dell’Europa. Entrambe costituirebbero una reazione estremistica ai disagi della crisi, in opposizione a governi, si suppone, ‘di centro’. Da questo punto di vista prevede anche una vita effimera dei movimenti della sinistra, che sono interpretati solo come una reazione alle politiche di austerità incarnate dalla cancelliera Merkel, e che quindi rischierebbero di perdere attrattiva e spengersi in caso di miglioramento del quadro socio-occupazionale. Lo scontro sarebbe insomma fra le società ricche che difendono i loro privilegi e quelle povere che rifiutano di pagarne le spese e si aggrappano allo scudo dell’intervento pubblico. Visione a mio avviso limitata perché totalmente economicista, anche a fronte dell’analisi più complessa del fenomeno Podemos, presentata qualche pagina dopo nello stesso giornale.

Particolarmente condivisibile, nell’articolo della Gatinois, è invece la sottolineatura della maggiore presa degli slogan della estrema destra rispetto ai messaggi della nuova sinistra. ‘Le nostre battaglie sono più complicate rispetto ai loro messaggi semplicistici’ è la citazione di una esponente del GUE, il gruppo dei parlamentari europei della nuova sinistra.

Del movimento spagnolo, che pur respingendo nettamente l’immagine dei partiti ‘vecchi’ si sta strutturando e sembra rinunciare allo spontaneismo assoluto delle sue origini, si sottolinea poi l’alternatività alle oligarchie di entrambe i partiti che incarnano da sempre in Spagna la sinistra e la destra anche sul piano istituzionale.

Non manca infine una esplicita critica alle dichiarazioni del presidente della CE Juncker, che ha pubblicamente espresso la sua preoccupazione, accompagnandola con un suo appoggio ai partiti attualmente al potere, con irrituale ingerenza negli equilibri politici degli stati membri della UE.

Non stupisce naturalmente la totale assenza nell’articolo di riferimenti al caso italiano, che in condizioni simili a quelle degli altri due Paesi (crisi occupazionale, esplosione del debito pubblico, susseguirsi di scandali e corruzione), se ha individuato nella nuova Lega di Salvini la rappresentanza di una destra motivata dalla paura, non ha ancora trovato una risposta convincente da parte della sinistra. In Italia l’area, vasta, di una opinione pubblica responsabile e civicamente impegnata è ancora polverizzata e troppo condizionata dalla prevalenza organizzativa di micropartiti in grado di beneficiare, anche se in misura sempre più limitata, di privilegi economici e, soprattutto, di una spesso ingiustificata visibilità mediatica.

In realtà nel nostro Paese, più esplicitamente che negli altri, sono evidenti le manovre governative sul piano istituzionale, che rendono non più rinviabili una riflessione sulla involuzione dei sistemi democratici europei, che dal secondo dopoguerra hanno subito una degenerazione di tipo oligarchico legata alla trasformazione dei partiti politici da strumenti della volontà popolare in comitati elettorali e centri di potere che si auto-legittimano.

Il caso italiano è da questo punto di vista emblematico, anche se non molto diverso da quello francese: la riduzione del numero dei votanti e quella degli iscritti ai partiti politici sono fenomeni paralleli, che mettono in discussione la legittimità della intera classe politica e la sua rappresentatività. Non sembrano però far riflettere i dirigenti delle forze politiche che pretendono di essere eredi della tradizione di sinistra, ma finiscono per essere sempre più lontani dalle aspirazioni di una società che non riesce ancora a esprimere una classe dirigente alternativa, mentre sta prendendo coscienza della insostenibilità di un modello di sviluppo che continua ad ampliare le disuguaglianze e i privilegi. Alla sfiducia nei vecchi simboli della politica rischia così di subentrare definitivamente quella nelle stesse istituzioni democratiche, che porta alla caduta dell’impegno civile e, in troppi casi, alla ricerca di una difesa individuale da quella che viene interpretata come una non-riformabilità del sistema, quando non alla delega acritica all’ ‘uomo della provvidenza’ del momento.

E’ forse questa l’unica spiegazione della ancora insufficiente risposta popolare all’incredibile attacco alla Costituzione e al sistema democratico rappresentativo da parte di un governo che, pur formalmente legittimo, non corrisponde assolutamente alla volontà espressa dal corpo elettorale nel 2013 e viene assecondato da un Parlamento la cui composizione falsa quella stessa volontà grazie a una legge elettorale dichiarata incostituzionale.

Nonostante dunque la vera posta in gioco nell’intera Europa (cioè la democrazia) sia più chiara e inscindibile dalle politiche economiche neo-liberiste, o forse proprio per questo, in Italia manca ancora un soggetto politico credibile in grado di contrapporsi al populismo, alla demagogia, alla rinascita dei fantasmi autoritari della peggiore destra e di rappresentare potenzialmente nelle istituzioni democratiche, in tutte le sue diverse sfumature, l’area vastissima del dissenso verso gruppi dirigenti la cui incapacità (oltre che immoralità) appare ogni giorno più evidente.

Ma se non riusciremo a fermare l’attacco al nostro sistema rappresentativo, che si concretizza anche nella cancellazione dei diritti dei lavoratori dipendenti, nell’indebolimento del sistema giudiziario, nella negazione dei principi di solidarietà che sono alla base della Costituzione, e a restituire fiducia nei meccanismi della democrazia, non sarà possibile nemmeno fare fronte al disagio sociale, alla crescente precarietà e alla concentrazione progressiva della ricchezza provocati dalle attuali politiche economiche.

La difesa dei principi costituzionali è dunque un passaggio ineludibile per il nostro Paese, che non può e non deve essere assente dalla nuova spinta politica che, come dichiarato da Syriza e Podemos, si propone di superare scelte comunitarie sbagliate e restituire a un’Europa irreversibilmente unita i suoi ideali originari di progresso, giustizia e pace, che ne hanno fatto il fenomeno politico storicamente più significativo della seconda metà del secolo scorso.

Quale proposito migliore per il 2015?

le monde foto

3 dicembre 2018

DANNI DISCONOSCIUTI DELLA LEGGE FORNERO

Maurizio Sbrana - Liberacittadinanza
26 ottobre 2018
16 ottobre 2018

Un pericoloso atto di autolesionismo

Giuristi Democratici, Articolo 21, vedi altri in fondo all'articolo
22 settembre 2018