Perchè ci sia un giudice a Berlino

di Francesco Baicchi - 17/10/2014

Il presidente della nostra Repubblica, Giorgio Napolitano, negli ultimi tempi ha espresso più volte il proprio rammarico per la mancata elezione dei due giudici costituzionali di competenza parlamentare.  Rammarico certo giustificato, visto che siamo arrivati al ventesimo scrutinio senza che le Camere in seduta congiunta siano riuscite a raggiungere su nemmeno un nominativo la maggioranza dei 3/5 richiesta dall’articolo 135 Cost..

In verità c’è chi ha interpretato questi ‘moniti’ come un sostegno nemmeno tanto indiretto alla unica candidatura che ormai da oltre dieci scrutini viene ostinatamente riproposta dal PD: Luciano Violante, noto forse, più che per i suoi contributi dottrinari, per la sua proposta di equiparare i caduti fascisti della repubblica di Salò ai Partigiani e per la confessione pubblica di aver garantito a Berlusconi trattamenti di favore per le sue aziende.

 Non c’è dubbio però che spetti proprio al Presidente della Repubblica richiamare i parlamentari al rispetto della Costituzione, che nel caso specifico impone di individuare le persone più adatte a comporre il massimo organo di garanzia della nostra democrazia, quello cui è assegnato il compito di garantire i cittadini dagli eventuali abusi di potere dello stesso Parlamento, di dirimere le controversie fra i poteri dello Stato e di valutare eventuali accuse rivolte proprio al Capo dello Stato.

 Proprio per l’importanza di tali funzioni la Costituzione fornisce una serie di indicazioni che puntano tutte a ottenere, per quanto umanamente possibile, un collegio assolutamente indipendente e super partes : i giudici sono designati in parti uguali da tre diverse fonti (Presidente della Repubblica, alti gradi della Magistratura e Parlamento), devono possedere specifici requisiti che ne garantiscano la competenza, rimangono in carica per nove anni (dunque assai più a lungo di tutte le altre cariche dello Stato).  La legge ordinaria richiede poi che l’elezione da parte del Parlamento (in seduta congiunta) avvenga con una maggioranza almeno dei 2/3 per i primi tre scrutini e comunque di almeno i 3/5.

A questi requisiti la coerenza vorrebbe che se ne aggiungessero due non ‘formali’, ma non meno importanti: l’autonomia dagli stessi partiti, che sono inevitabilmente o sostenitori o oppositori delle norme che possono essere sottoposte a giudizio, e la dimostrata fedeltà a quella Costituzione che ne deve essere la pietra di paragone.

 Precauzioni più che giustificate, dato che alla Corte spetta di valutare se una norma, pur avendo ottenuto la maggioranza nelle Camere, debba essere cancellata perché in contrasto con i Principi e il dettato della Carta su cui si fonda la Repubblica. Ipotesi questa resa ancora più possibile da un sistema elettorale maggioritario che, deformando la volontà popolare, assegna a una sola forza politica la maggioranza assoluta della Camera.

Non a caso proprio alla Corte Costituzionale dobbiamo la mancata entrata in vigore di alcune ripugnanti leggi ad-personam  volute dai governi Berlusconi, e, recentemente, la dichiarazione di illegittimità di ampie parti della legge elettorale ‘porcellum’, cui dobbiamo la pessima qualità della composizione degli ultimi parlamenti.

 Dunque la massima preoccupazione di chi ha il compito istituzionale di garantire la legalità repubblicana dovrebbe essere che la Corte giudichi con competenza, serenità e assoluta indipendenza, e a tale obiettivo dovrebbero tendere eventuali ‘moniti’.

Ma i venti inutili scrutini hanno dimostrato senza possibilità di dubbio che il voto di gran parte dei parlamentari è in realtà ‘pilotato’ da interessi di parte e che le candidature che si tenta di imporre (in alcuni casi addirittura di parlamentari) non sono motivate da competenza o autonomia, ma al contrario dalla fedeltà al partito di appartenenza. Questo sarebbe sufficiente per renderle inaccettabili. E gli eventuali precedenti non possono cancellare il problema.

 Giusto dunque richiamare i parlamentari al loro dovere di fare presto, ma soprattutto di fare bene; magari ricordando che l’articolo 67 Cost. esclude il ‘vincolo di mandato’ e che dunque ognuno dovrebbe fare i conti solo con la propria coscienza, se ce l’ha. Come pensiamo facciano quei deputati e senatori che negli ultimi scrutini si sono espressi in favore di costituzionalisti rispettati e indipendenti (ad esempio i professori Carlassare e Pace, proposti dai cittadini della Rete per la Costituzione), nei quali potremmo riporre serenamente la nostra fiducia.

 A breve anche il Presidente Napolitano dovrà esprimere due giudici in sostituzione di quelli in scadenza di sua competenza, e ha già annunciato che sarà rapidissimo. Proprio in omaggio ai criteri di terzietà già descritti, siamo certi che la sua scelta non potrà cadere su nominativi che proprio in questa vicenda, hanno dimostrato una eccessiva dipendenza dalle segreterie di partito.

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