Previsioni impossibili

di Francesco Baicchi - 02/02/2015

Credo che dovremmo tutti ammettere una seria difficoltà a fare previsioni sul comportamento futuro del nuovo Presidente della Repubblica.

Pur essendo un politico ‘di lungo corso’, che ha ricoperto incarichi importanti e non ha mai nascosto la sua appartenenza all’area democristiana (mai stata così viva e vegeta), la sua storia presenta aspetti che possono apparire contraddittori e rendono complesso interpretare i primi segnali del suo settennato.

Importante sarebbe conoscere le motivazioni che hanno portato Renzi e i suoi consigliori a una scelta su cui ben pochi alla vigilia avrebbero scommesso, dato anche che finora la limpidezza e la competenza non sono sembrati i criteri più seguiti per altri incarichi, a partire da quelli di governo. Ma temo che, nel migliore stile renziano, non ne saremo mai certi.

Dobbiamo dunque basarci sui primi atti: l’omaggio alle Fosse Ardeatine non è stato un gesto rituale, come invece possono essere interpretati gli omaggi ai suoi predecessori, ed è apparso una chiara dichiarazione di fedeltà alla Repubblica.

Ma come valutare l’invito a partecipare alla cerimonia del giuramento (se ho capito bene) rivolto a un pregiudicato ritenuto indegno di coprire cariche pubbliche?

Il gesto, accostato alla frettolosa riconferma della norma salva-B. del decreto fiscale, potrebbe essere considerato parte di una strategia concordata col capo del governo per ricucire lo ‘strappo’ (se mai c’è stato) con Berlusconi e aiutarne la resurrezione.

Questa interpretazione costituirebbe un preoccupante sintomo della volontà di non limitarsi al ruolo di garante della legalità, per entrare sul campo di gioco della politica contingente. Ma proprio per questo apparirebbe un errore troppo clamoroso per il carattere riflessivo e prudente riconosciuto al nuovo presidente.

Nemmeno l’esame al microscopio di atti, scritti e dichiarazioni attualmente in corso può, a mio avviso, fornire indicazioni sufficienti; non solo perché, come molti hanno ricordato, la poltrona presidenziale può cambiare la visione delle cose, ma anche e soprattutto perché le difficoltà della situazione attuale non sono semplicemente paragonabili a nessuna fase precedente, e le decisioni su cui il Quirinale può essere determinante possono essere irreversibili.

Se è difficile fare previsioni, possiamo formulare auspici: dal Presidente-magistrato e membro della Consulta vorremmo sperare in un richiamo alla sentenza 1/2014 della Corte Costituzionale, che la legge elettorale imposta a tappe forzate al Senato dalla maggioranza PD-Forza Italia certo non rispetta; vorremmo soprattutto aspettarci un maggiore rispetto delle regole parlamentari, platealmente violate dall’ordine del giorno Esposito, trasformato illegittimamente in emendamento-ghigliottina.

Potremmo pensare che un ‘monito’ inviti a rallentare l’iter della ‘riforma’ costituzionale che sta per cancellare l’assetto parlamentare e rappresentativo della nostra Repubblica, per consentire una sua ampia valutazione da parte degli Italiani, e magari rinviarla a un Parlamento diverso dall’attuale, che è stato composto con una legge che ha distorto oltre i limiti dell’accettabile la volontà popolare e impedito ai cittadini di scegliere i propri rappresentanti.

Dal Presidente colpito sul piano personale dalla violenza cieca della criminalità organizzata potremmo sperare in un recupero di quei Diritti e quei Doveri mirabilmente esposti nella Parte Prima della Costituzione del 1948, repubblicana e antifascista, e che negli ultimi decenni sembrano troppo spesso dimenticati: solidarietà, equità, legalità; magari anche di quel valore desueto, l’‘onore’, nella accezione dell’art. 54.

Sinceramente non so se questi saranno i riferimenti su cui il presidente Mattarella costruirà il proprio impegno, o se sceglierà di svolgere il suo altissimo compito con maggiore sensibilità a altri richiami non disinteressati.

Credo che nemmeno il suo discorso di insediamento ci fornirà certezze.

Ma penso che appena la cortesia e la prassi lo renderanno possibile, come cittadine e cittadini dovremmo far arrivare al Presidente della Repubblica, massimo organo di garanzia, il segnale delle nostre speranze e la conferma del nostro impegno a difendere la democrazia, conquistata a caro prezzo dai nostri padri e nonni, impedendo lo stravolgimento delle nostre istituzioni costituzionali.

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