Sicuramente hanno già perso quanti, in buona fede, intendevano aggiornare la nostra Costituzione per rendere più efficienti le strutture dello Stato. Hanno già perso perché, come insegnò LaPira in Costituente, non si può pensare a una Costituzione nata dalla spaccatura in due metà più o meno equivalenti del Paese. E, comunque vada, una vittoria di stretta misura è il massimo obiettivo che possono porsi i sostenitori del si, nonostante la alluvionale presenza su tutti i grandi media e le mirabolanti promesse che offendono la nostra intelligenza.
Specularmente ha già vinto il NO, che nonostante l’abissale squilibrio delle forze (economiche e mediatiche) in campo, ha dimostrato alla parte più razionale e attenta della opinione pubblica le falsità, le incongruenze e gli errori delle ‘riforme’ istituzionali renziane, anticipandone le possibili disastrose conseguenze sul piano della democrazia. Cancellando così la speranza di alcuni che un largo plebiscito in favore di Renzi cancellasse il peso della pesante sconfitta alle recenti ammnistrative.
Ma fra quanti sono in buona fede non possiamo certo annoverare Matteo Renzi, che invece può ancora vincere e far vincere i poteri opachi dei suoi amici finanzieri e industriali, ai quali ha dedicato in questi due anni gran parte delle risorse ottenute tagliando i servizi pubblici e i diritti dei lavoratori.
Sulla inefficacia di tali politiche sul piano della occupazione e della stessa ‘ripresa’ economica non è necessario soffermarsi: gli stessi dati statistici pubblici ne sono la dimostrazione; quello che invece è indispensabile tenere presente è l’assoluta indifferenza del referendum costituzionale rispetto ai temi economici.
I motivi sono fondamentalmente due: qualunque sia l’esito del referendum, esso non comporta il ritorno alle urne, che anzi rende molto meno probabile perché richiederebbe la (auspicata) riscrittura della legge elettorale. Questo significa anche che tutte le promesse sfornate quotidianamente da Renzi (bonus, pensioni, investimenti e ora ponte sullo stretto, ecc…) potrebbero tranquillamente essere realizzate anche con la vittoria del NO. Ammesso che siano possibili e che lo stesso governo ci creda.
Per quanto riguarda gli investimenti esteri, è verosimile che a frenarli sia molto più la lentezza dei nostri procedimenti giudiziari (pensiamo alle procedure fallimentari!!), l’incertezza delle norme fiscali (continuamente aggiornate a caccia di fondi e per favorire l’evasione) e, soprattutto, gli extra-costi della presenza opprimente della malavita organizzata, che falsano le stesse regole della libera concorrenza.
Nessuno dei 47 articoli della Costituzione repubblicana che la maggioranza Verdini-Renzi-Alfano intende cambiare costituisce un ostacolo alla risoluzione di questi annosi problemi, come non hanno in altri tempi impedito l’approvazione di riforme vere che hanno costituito passi avanti sul piano della civiltà: lo Statuto dei Lavoratori, il Servizio Sanitario nazionale, parti importanti del diritto di famiglia, ecc… .La vittoria del si rafforzerebbe al contrario proprio le forze che sinora hanno impedito nuovi passi in avanti sul piano della legalità.
Sgombriamo dunque il campo dai fuochi d’artificio propagandistici e riportiamo il confronto sui reali temi su cui siamo chiamati a esprimere la nostra sovranità di cittadine/i responsabili.
Con il No vincono tutti gli italiani, compresi quanti ritengono opportuno e utile aggiornare, seriamente e con un largo consenso, alcune norme costituzionali che possono risentire dal tempo trascorso e della evoluzione delle nostre società. Perché sarà possibile ricucire quel sentimento di appartenenza a una società che si confronta e decide, anche se a maggioranza, ma con metodo democratico e trasparente. E potremo chiudere la stagione dei ‘canguri’, delle ‘ghigliottine’, della compravendita dei parlamentari, di tutte le piccole e grandi violazioni dello spirito e della lettera della Costituzione del 1948, che abbiamo per troppo tempo tollerato.