Riflessioni sulla legge elettorale

di Francesco Baicchi - 05/01/2017

Bene fa Besostri a ribadire la centralità della legge elettorale quale pilastro fondamentale su cui poggia l’intera struttura democratica e strumento attraverso il quale si realizza la sovranità popolare in un sistema parlamentare.

Se crediamo, come chiunque sia in buona fede, che il principio della rappresentanza non possa essere sacrificato a quello della stabilità (e al massimo sia necessario cercare un equilibrio fra i due), è difficile negare che una legge elettorale accettabile non possa che ispirarsi al criterio proporzionale, eventualmente con limitate correzioni, ma mai tali da trasformare una minoranza in maggioranza.

L’orientamento proporzionale non esaurisce però l’argomento e non garantisce di per sé una reale rappresentatività della opinione pubblica, se non accompagnato da un potere effettivo degli elettori di scegliere i propri rappresentanti fra più candidati.

Comunque si affronti l’argomento, riemerge il tema della funzione dei partiti e della loro degenerazione, da strumento di partecipazione democratica dei cittadini (art. 49 Cost) a comitati elettorali controllati o condizionati da ‘cordate’ o centri di potere economico interessati a occupare i centri decisionali dello Stato.

Diviene quindi essenziale assicurare una ragionevole equivalenza delle risorse comunicative fra le varie liste, in particolare sui mezzi di informazione pubblici (ma non solo) e, particolare in questa fase di rinnovamento del quadro politico, garantire eque condizioni di accesso alla competizione per nuove formazioni, che non dispongono delle risorse derivanti dal finanziamento pubblico a disposizione dei partiti storici, né di quelle investite da interessati sponsor ‘privati’.

Rimane il problema della ‘qualità’ etica o anche sono ‘tecnica’ degli eletti. Su questo versante non possiamo che rimetterci alla intelligenza e al senso di responsabilità civica degli elettori, nella speranza che, se posti in condizione di scegliere fra candidati/e diversi, scelgano quella/o più degna/o, indipendentemente dalle indicazioni dei partiti.

 

In effetti fra i problemi che sfuggono alla legislazione elettorale sono il criterio di selezione delle candidature, che non si risolve solo col divieto di candidare pregiudicati e/o inquisiti, e il trasformismo, che in troppi casi fa del seggio parlamentare un bene patrimoniale da mettere all’asta. In questo ultimo caso, pur tutelando l’assenza del vincolo di mandato, prevista all’art 67 Cost, i regolamenti delle Camere potrebbero intervenire, impedendo ad esempio di aderire ad altri gruppi, escluso quello Misto.

Insomma, se è indispensabile opporsi a ingegnerie elettorali che tradiscano la volontà degli elettori, non possiamo nemmeno pensare che una ‘buona’ legge elettorale risolva da sola il problema della rappresentanza di quella ampia fascia di opinione pubblica responsabile e civile che, a mio avviso, è stata determinante per bloccare la ‘deforma’ renziana, ma è da tempo lontana da un dibattito politico asfittico e auto-referenziale ..

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